Live Action, associazione pro life statunitense più che mai attiva, guidata dall’indomita Lila Rose, sta cercando di attirare l’attenzione mediatica sull’ennesimo illecito di Planned Parenthood, il colosso degli aborti che negli USA si sostiene con una montagna di denaro di sovvenzioni pubbliche concesse sotto la voce “salute della donna”.
Mercoledì scorso Live Action ha annunciato che divulgherà una nuova serie di video dal titolo “Aiding Abusers”, cioè aiutanti abusatori, che esporrà il sistematico decennale insabbiamento messo in opera da Planned Parenthood delle informazioni sugli abusi sessuali subiti da donne che si sono presentate nelle sue cliniche in modo più o meno spontaneo per abortire a seguito di stupri.
Nel primo video Lila Rose ha esposto un’introduzione al progetto e una panoramica circa cosa attendersi dalle prossime puntate (ne sono state annunciate 7): casi documentati, testimonianze di ex insider dell’industria abortista, indagini sotto copertura, le menzogne presentate da Planned Parenthood in risposta alle accuse e le conseguenze che il personale incriminato ha affrontato.
«Che si tratti di Hollywood, dello sport, della politica o dei grandi media; abbiamo sentito i nomi dei perpetratori e dei loro attivatori, persone che conoscevano l’abuso, ma non hanno fatto nulla per fermarlo», afferma Lila Rose nel video introduttivo. «Ma pochi stanno gridando contro uno dei più grandi complici degli Stati Uniti per gli abusi sessuali, anche se c’è una documentazione diffusa di copertura sistemica di abuso sessuale dietro le sue porte. Il gruppo si chiama Planned Parenthood e è fiscalmente finanziato».
Live Action ha anche pubblicato la seconda parte della serie, “Casi registrati”, in cui descrive dettagliatamente come il rifiuto del gigante dell’aborto di denunciare uomini che hanno portato ragazze di 12 anni per aborti ha permesso ai loro violentatori di continuare a violentarle. I casi sono stati rintracciati da Live Action da documenti statali e civili, blog online e siti Web affidabili che forniscono informazioni dettagliate sui reati rilevati.
Alcuni esempi: il 21 novembre 2014, i rilevatori del Dipartimento della sanità pubblica dell’Alabama hanno visitato Planned Parenthood of Alabama per condurre un sondaggio annuale in loco. Durante la visita, le autorità statali hanno citato Planned Parenthood per diverse carenze. Tra questi c’era la mancata segnalazione di abusi sui minori.
Secondo il documento , nell’aprile 2014, una ragazza di 14 anni (che aveva già due bambini vivi) ha subito un aborto presso la struttura mobile – il secondo in quattro mesi, e il personale non ha sporto alcuna denuncia alle autorità, come previsto dalla legge.
Un’ispezione del 2009 su Planned Parenthood of Alabama a Birmingham ha rivelato la mancata segnalazione di sospetti di abusi sessuali su minori di una tredicenne che ha abortito due volte in quattro mesi: la cartella clinica documentava che la bambina aveva avuto il suo primo rapporto completo a 12 anni e che nell’ultimo anno aveva avuto tre partner sessuali. Ora, a 13 anni, era lì per abortire per la seconda volta.
Nel novembre 1998, il 23enne Michael Shawn Stevens portò la sua sorellastra di 12 anni (di cui stava abusando sessualmente) in una clinica Planned Parenthood dell’Arizona, dopo essere rimasta incinta da lui. Sei mesi dopo, la vittima era di nuovo incinta e Stevens la portò nella stessa clinica. Questa volta fu fatto un rapporto e Stevens fu arrestato. Nel 2002 un giudice civile ha giudicato la Planned Parenthood negligente per non aver segnalato il primo reato, cosa che ha permesso il perpetrarsi della violenza.
Sempre in Arizona, nel 2014, una 15enne si è presentata per abortire, dopo essere rimasta incinta a seguito dello stupro da parte del diciottenne Tyler Kost. Il personale di Planned Parenthood ha suggerito alla ragazza e alla madre di non denunciare, che non valeva la seccatura, e “ha intenzionalmente contraffatto” un rapporto di violenza sessuale in un “incontro consensuale” per evitare di denunciare l’incidente alla polizia, secondo un resoconto dell’ufficio dello sceriffo della contea di Pinal. Lo sceriffo ha potuto arrestare Kost solo mesi dopo, durante i quali il giovane ha assalito altre adolescenti della scuola. 27 capi d’accusa.
E moltissimi altri casi sono stati raccolti da Live Action dagli archivi di tutti gli stati, mostrando un filo conduttore comune alle varie cliniche Planned Parenthood. Le linee guida dell’organizzazione sono: scoraggiare attivamente la segnalazione di abusi e violenze, non chiedere informazioni alle vittime e non dire nulla («se non chiediamo quanti anni ha il suo partner, non dovremo riferirlo»).
Le investigazioni di Live Action passate, rivisitate nella nuova serie, hanno filmato i funzionari di Planned Parenthood in otto strutture disposte ad aiutare a coprire gli abusi sessuali, e funzionari in sette strutture disposte ad assistere presunti trafficanti di sesso per minori.
«Le sintesi sono tragiche e dimostrano che, di tanto in tanto, le ragazze hanno continuato a essere vittime dei loro abusatori dopo aver ricevuto “servizi” di aborto», dice Live Action.
Il Dipartimento di Giustizia di Trump ha aperto un’inchiesta sulla vendita del gigante dell’aborto e sul presunto profitto dal traffico degli organi fetali a dicembre, ma da allora non ha aggiornato il pubblico su ulteriori azioni. Gli sforzi per sospendere gli oltre $ 500 milioni di finanziamenti federali di Planned Parenthood sono stati infruttosi al Congresso, sebbene il presidente Donald Trump abbia recentemente tagliato circa il dieci per cento dei suoi finanziamenti attraverso nuove restrizioni sui fondi per la pianificazione familiare del titolo X.
Planned Parenthood continua a godere di fortissime protezioni in molte sedi istituzionali, la battaglia di Live Action è davvero una lotta stile Davide contro Golia. Speriamo che questa ulteriore manifesta ipocrisia nei comportamenti sistematici di questo abortificio, che sostiene di occuparsi della salute delle donne e dei loro diritti, ma non denuncia violenze e abusi, nemmeno sulle minori, di cui viene a conoscenza, possano sollevare un moto di indignazione nazionale e internazionale sufficiente a scalfire la cappa protettiva che la difende. In quest’epoca di #metoo, difendiamo davvero le donne, soprattutto le bambine, e chiudiamo questi carnai dove le donne sono tagliuzzate, insieme ai loro bambini, nel corpo e nell’anima.
Lucia Scozzoli