Betlemme, alla Grotta del Latte, un gruppo di pellegrini stranieri ha subito le attenzioni sgradevoli di due ragazzi musulmani di Gerusalemme. Ne nasce un caso da social che viene subito ridimensionato. Ma riaccende l’attenzione su Betlemme. Nella città natale di Gesù, i cristiani erano l’86% nel 1950. Oggi solo il 10%. Perché?
Betlemme, alla Grotta del Latte, un gruppo di pellegrini stranieri ha subito le attenzioni sgradevoli di due ragazzi musulmani di Gerusalemme. Le ragazze straniere, in particolare, sono state molestate. Il francescano padre Fadi Shalufa li ha rimproverati e ha chiesto loro di allontanarsi. Ma loro, essendo forestieri e non soggetti alla stessa legge di un territorio (quale è Betlemme) controllato dall’Autorità Palestinese, hanno ignorato i richiami. Il sacerdote ha chiuso il cancello per non farli entrare e uno dei due ha sfoderato un coltello a serramanico. Per fortuna, l’incidente si è concluso senza vittime e padre Shalufa ha riportato una ferita molto leggera. Il video dell’accaduto ha fatto il giro dei social e si è sparsa inizialmente la voce di un caso di persecuzione di cristiani nella città natale di Gesù. Poi l’avvenimento è stato ridimensionato dagli stessi diretti interessati. Ma fa tornare all’attenzione del mondo il triste caso di Betlemme, luogo santo cristiano dove i cristiani non ci sono quasi più.
Nel 1950, all’indomani della prima Guerra Arabo-Israeliana, a Betlemme l’86% della popolazione era cristiana. Nel 2016, l’allora sindaco Vera Baboun dichiarava che la percentuale si fosse ridotta al 12%. Adesso come adesso, le stime più attendibili parlano di un ulteriore calo, in proporzione: i cristiani sarebbero in tutto il 10% della popolazione. In tutto il territorio controllato dall’Autorità Palestinese in Cisgiordania, la minoranza cristiana è pari a circa il 2%. Alla fine degli anni ’40 erano il 40%. A Gaza, prima della presa del potere degli integralisti islamici di Hamas (2007), i cristiani erano circa 5000, adesso sono 1100, quasi cinque volte meno. L’unico luogo in cui il numero dei cristiani cresce è Israele: almeno 5000 in più nell’ultimo ventennio. In tutto, i cristiani rappresentano il 2% della popolazione dello Stato ebraico.
L’emigrazione dei cristiani da Gaza è facilmente spiegabile dall’ascesa al potere di un movimento integralista islamico. I numeri e i tempi sono la dimostrazione lampante di una vera e propria fuga di massa. In Cisgiordania, invece, la situazione è più sfumata. In teoria i cristiani hanno pari diritti dei musulmani. Una volta intervistati, i cristiani locali solitamente sostengono che l’emigrazione abbia cause economiche, riguardi sia i cristiani che i musulmani palestinesi e abbia un’unica grande origine politica: “l’occupazione israeliana”. In pratica, però, i cristiani vanno via in proporzione molto maggiore dei musulmani. Un cristiano di Betlemme, intervistato dal National Catholic Reporter, nel Natale del 2016, diceva che “Ufficialmente le leggi sono uguali per tutti, ma resta ancora un po’ di razzismo”. E riguardava soprattutto pregiudizi sulla proprietà della terra, che veniva venduta solo a correligionari (musulmani) e non alla minoranza.
La Nuova Bussola Quotidiana, che il 9 maggio scorso aveva intervistato il sindaco cristiano di Betlemme, Anton Salman, oggi sente un cittadino cristiano comune. Che chiameremo convenzionalmente “Antonio”, perché vuole conservare l’anonimato. Antonio premette che non vi sia una violenza fisica sistematica contro i cristiani di Betlemme. Che le leggi, ufficialmente, siano uguali per tutti. E che la presenza tradizionale di un sindaco cristiano nella città natale di Gesù, sia una garanzia. “Per questo siamo il 10% della popolazione, nel resto dei territori siamo quasi del tutto scomparsi”. Ribadisce che episodi come quello della Grotta del Latte siano “un caso più unico che raro”. Però, come cristiani: “Sulla carta di identità palestinese è scritta anche la religione e questo ci penalizza. Troviamo molto più difficilmente lavoro rispetto ai musulmani, anche quando siamo più qualificati. Se mi presento per un posto di lavoro pubblico, mostro il mio documento e i funzionari vedono che sono cristiano, la risposta è quasi certamente un ‘le faremo sapere’. E alla fine sappiamo che non richiameranno mai. Come dice Papa Francesco, ‘Il lavoro è dignità’ e quando mancano sia la dignità che il lavoro, si lascia tutto e ci si trasferisce altrove. Questa generazione ha tagliato tutte le radici. Probabilmente non tornerà mai più in questa terra”.
Se sul lavoro c’è una forma subdola di discriminazione, anche nell’istruzione: “I cristiani preferiscono iscrivere i propri figli alla scuola privata. Benché la scuola pubblica costi solo 50 shekel all’anno contro i 4000 shekel (circa 1000 euro) di una privata, preferiamo non mandare i nostri figli nella scuola pubblica palestinese. Perché almeno così saremo certi che avranno un po’ di educazione cristiana anche loro. Perché nella scuola pubblica non c’è alcun insegnamento della religione cristiana, solo di quella musulmana. Nell’ora di religione i cristiani escono da scuola, giocano a calcio, non possono far nulla”. Per ora, comunque, non si registrano persecuzioni violente. “Per ora no. Speriamo non succeda mai. Abbiamo anche ottimi rapporti con i musulmani, dipende dalla persona. Se sei corretto e onesto, il tuo vicino di casa musulmano ti rispetta. Se però fai un errore, paghi caro. Perché, in più, sei cristiano”.
Stefano Magni
La Nuova Bussola Quotidiana, 8 giugno 2018