Come in Inghilterra si finisce in carcere curando i propri malati

By 1 Luglio 2018Salute

In Inghilterra la deriva statalista ha raggiunto ormai da anni un livello di allerta grave, e forse ha oltrepassato parecchi punti di non ritorno. Noi italiani siamo rimasti attoniti di fronte ai casi Gard, Haastrup ed Evans, incapaci di comprendere le motivazioni sottese al comportamento della corte, qualche progressista di casa nostra si è inerpicato su sperequazioni a sproposito sull’accanimento terapeutico, convinto che un qualche fondamento di ragione ce lo dovessero avere per forza, questi inglesi che decretavano la morte di bambini innocenti e impedivano loro le cure che altri ospedali offrivano.

Abbiamo vissuto tali casi incasellandoli nelle nostre categorie pro e contro eutanasia. Ma non è di questo che si tratta. Qualcosa c’è nel sistema giuridico inglese di profondamente corrotto, dal punto di vista morale, dalla radice, tanto che i casi eclatanti che emergono sono solo i frutti di anni di avvelenamento e non possono essere dunque affrontati nella loro specificità, bensì inglobati in un giudizio più ampio, che dovrebbe spaventarci assai.

Esiste in Inghilterra un organo pericolosissimo, la Court of Protection (CoP), che è una corte di primo grado creata ai sensi della legge sulla capacità mentale del 2005. Essa ha giurisdizione sulla proprietà, gli affari finanziari e il benessere personale delle persone che non hanno la capacità mentale di prendere decisioni per se stessi. Naturalmente è la corte stessa che stabilisce se una persona è in grado di intendere e volere.

La Court of Protection ha anche il potere di nominare dei tutori, che, per conto della persona che si ritiene manchi di capacità, possono prendere decisioni tipicamente su proprietà e finanze ma anche su salute e benessere.

Il giornalista Christopher Booker ha scritto una serie di articoli su The Daily Telegraph, su questa fantomatica Corte, definendola la “più sinistra” e “più segreta” del Regno Unito. Booker ha riportato diversi casi in cui gli anziani britannici sono stati costretti a cedere i propri beni agli assistenti sociali e ai tribunali.

Nel 2012 una donna italiana fu sottoposta contro la sua volontà ad un taglio cesareo per ordine della Corte, in modo che il suo bambino potesse essere consegnato alle assistenti sociali dell’Essex.

La trentacinquenne era arrivata in Inghilterra per un corso di formazione ed aveva avuto un attacco di panico all’aeroporto di Stansted nell’Essex, a causa del disturbo bipolare di cui soffriva e della mancata assunzione dei farmaci soliti che prendeva. Ricoverata in ospedale, fu prontamente incanalata nel corridoio stabilito dalla legge sulla salute mentale e la Corte deliberò senza chiedere pareri a nessuno. Dopo cinque settimane, il personale le disse che la trasferiva di stanza e invece la sedò all’improvviso. La donna si svegliò senza più il figlio nella pancia. Il padre del bambino è un senegalese, la donna aveva già due figli in Italia. I suoi familiari si fecero avanti subito, ma i servizi sociali inglesi li ignorarono totalmente. Il bambino per la corte inglese è adottabile, la donna fu scortata in Italia, il suo nome non può essere divulgato senza incorrere in sanzioni penali.

A giugno 2013 fu la volta di Kathleen Danby, una nonna di 72 anni, che fu arrestata in un teatro di Liverpool dopo che la Court of Protection l’aveva condannata, in sua assenza, a tre mesi di prigione, per aver abbracciato sua nipote. La ragazza in questione era una 19 enne con ritardo mentale (maturità da 9enne) che era stata presa in “cura” dagli assistenti sociali del Derbyshire nel 2007, dopo che suo padre era stato visto afferrarla bruscamente per portarla in salvo quando si era buttata in un strada trafficata durante uno scoppio d’ira.

Per questo episodio il padre fu anche imprigionato, come lo era stato già stato altre due volte – in un caso solo per aver salutato sua figlia che passava in un taxi. La corte aveva stabilito che la ragazza non dovesse avere contatti col padre e con la nonna Danby, se non una telefonata una volta al mese in presenza di un’assistente sociale. La povera creatura scappò ben 170 volte per riabbracciare il padre e la nonna. Ad aprile 2013 qualcuno filmò la signora Danby e la nipote mentre si abbracciavano in un parcheggio e allora il giudice Martin Cardinal la condannò in contumacia a tre mesi dicendo: «Sono sicuro che questa nonna ha bisogno di moderazione», ma visto che la signora abitava a Orknay, fuori dalla giurisdizione del Derbyshire, la polizia ebbe il tempo di tenerla sotto controllo, come il peggiore dei criminali pericolosi, per arrestarla con un blitz quando cercò di assistere ad una performance di Ken Dodd a Liverpool.

La terribile vecchietta fu tenuta in cella, senza poter chiamare nessuno né prendere le sue solite medicine per il fegato, non si sa dove. Dopo quattro giorni fu portata davanti al giudice in manette, con un avvocato assegnato cinque minuti prima. Fu stata liberata solo grazie all’intervento del parlamentare John Hemming che minacciò di pubblicizzare sui giornali il caso.

Nel 2016 è scoppiato il caso della signorina G, di 94 anni, una ex ostetrica che viveva tranquillamente nella sua casa da 350.000 sterline a est di Londra, con 60.000 sterline di risparmi di una vita, insieme ad una donna che la accudiva, e al marito di lei. In pratica la signorina aveva deciso di avvalersi dell’assistenza privata di queste persone per il livello scadente dell’assistenza statale di Redbridge. Il consiglio locale, allarmato di sapere che Miss G stava progettando di lasciare le sue proprietà ai nuovi assistenti, la fece dichiarare incapace di intendere dalla Court of Protection, nonostante una perizia contraria di un eminente psicologo indipendente che lei aveva pagato per esaminarla. E così è stata spedita in un ospizio e i suoi possedimenti sono diventati statali.

A febbraio 2017 Teresa Kirk, 71 anni, è stata rilasciata dopo 7 settimane di carcere scontato per aver difeso il fratello 81enne. L’uomo, Manuel Kirk, era stato dichiarato demente dalla solita corte, ma Teresa ai primi segni di demenza, nel 2015, lo aveva portato in Portogallo, in una confortevole casa di cura ad Algarve, e l’uomo non voleva assolutamente tornare in Inghilterra, nella clinica del Devon individuata dalla corte. Due assistenti sociali erano volati in Portogallo per esaminare Manuel (vien da dire, che accanimento!)

Per questo Teresa si era rifiutata di firmare i documenti legali che davano il controllo dei servizi sociali sulla vita di Manuel, consentendogli di sfuggire all’inferno inglese.

«Non avrei mai firmato i documenti per dare agli assistenti sociali il potere di dire dove Manuel doveva vivere. Quando ero piccola, mi metteva sulle sue spalle e correva con me attraverso la campagna vicino alla casa dei nostri genitori sull’isola portoghese di Madeira. Poco dopo essere venuto in Inghilterra per lavorare, l’ho seguito. Siamo rimasti vicini a tutte le nostre vite e non lo avrei abbandonato per far parte degli assistenti sociali negli ultimi anni. Sarebbe diventato depresso nel Devon senza il sole. Amava i giardini e il clima caldo in cui viveva».

Gli assistenti sociali pensavano diversamente e avevano raccomandato che Manuel venisse ammesso in una casa di cura in Inghilterra, stando vicino ai vecchi amici. Uno dei motivi della loro discussione era che sarebbe stato più felice nel Regno Unito, dove aveva un gatto.

In una mattina di settembre la polizia si presentò a casa di Teresa: «Davanti alla mia nipotina di sette anni che stava piangendo, che si trovava con me nel fine settimana, mi hanno portata in prigione. Per la strada hanno lasciato mia nipote a casa di sua madre. Sono stata ammanettata per un certo tempo e alla mia famiglia non è stato detto per giorni dove ero. Sono semplicemente scomparsa. Quando la famiglia ha chiesto alla polizia di trovarmi, hanno detto di denunciarmi come una persona scomparsa».

La sua famiglia ha saputo che Teresa era nella prigione di Bronzefield vicino a Heathrow – dove era stato incarcerato anche un serial killer – solo quando un “benefattore” (si ritiene un detenuto liberato) li ha contattati in modo anonimo per dire loro dove fosse.

L’allarmante storia di Teresa Kirk, che ha scontato quasi sette settimane di carcere, è solo l’ultima polemica che coinvolge l’oscura Court of Protection con il suo potere di emanare decisioni di vasta portata su quasi ogni aspetto della vita di un cittadino (e ora, sembra, la morte), insieme ai loro parenti.

I giudici che la presiedono possono costringere le persone a subire un intervento chirurgico, usare la contraccezione, abortire e persino decidere se un sistema di supporto vitale debba essere spento.

In modo altrettanto preoccupante, la corte può mettere qualcuno nella casa di un anziano se lo Stato lo ritiene nel suo “interesse superiore”. E può prelevare denaro dal conto bancario della persona per pagare le spese di assistenza e legali.

In altre parole, la vita di quella persona è sotto il controllo della corte – e guai al parente che infrange le regole imposte da essa.

Questo tribunale opera in modo segreto, cioè pone sistematicamente il divieto ai soggetti coinvolti di divulgare a qualuque titolo i pronunciamenti della corte, teoricamente per proteggere la riservatezza di persone ritenute incapaci di intendere e volere, ma l’effetto primario di tale premura per la privacy è isolare i parenti che si oppongono e gli oggetti stessi dei provvedimenti. A forza di espropriare e gestire denari di migliaia di persone anziane e con problemi mentali, la corte ha raggranellato un fondo da 2 miliardi di sterline (il CFO), e paga ai legittimi proprietari tassi dello 0.5%, nettamente inferiori all’inflazione del 2.8%, quindi è addirittura altamente inefficiente dal punto di vista finanziario. Molti stanno accusando la Court of Protection sotto l’aspetto della gestione economica (ancor più che per le brutture umane), perché alcuni funzionari hanno amministrato i beni a loro affidati sparpagliandoli in modi assurdi e addebitando ai proprietari poi costi e tasse esorbitanti; i funzionari hanno fatto irruzione delle case private in cerca di documenti e leggendo persino la posta e le email; i miliardi controllati dal tribunale vengono utilizzati per compensare il debito nazionale attraverso il braccio del Tesoro.

La corte gestisce fino a 23.000 casi all’anno: è un business immenso.

E non si tratta solo di vecchi e dementi: nel 2010 Neil Barker ha avuto un incidente in motore ed è stato in coma per 35 giorni. Ha avuto gravi lesioni ad un occhio e i medici hanno decretato che non avrebbe più avuto la capacità di gestire il suo denaro. E così la corte ha nominato un avvocato gestore dei suoi beni, il quale ha incassato il risarcimento assicurativo per l’incidente ed ha investito il denaro in un fondo poco conveniente. Barker non solo ha recuperato, tanto da fare bene i conti di quanto la mala gestione della corte gli è costata in termini di interessi, ma anche da voler riappropriarsi del pieno diritto di amministrare il suo. Ma per farlo ha bisogno di ottenere referti medici, e il suo tutore ha rifiutato di rilasciare denaro per i controlli medici da effettuare.

Ha detto che la corte non lo approverà mai perché è stato valutato l’ultima volta dai suoi medici due anni fa ed era improbabile che ci fosse stato un miglioramento sufficiente nelle sue condizioni per giustificare il ritiro dell’ordine.

Naturalmente è vietato per legge intervistare questo avvocato tutore, per la riservatezza di Neil.

Qualcuno ha voluto difendere la Court of Protection dagli attacchi giornalistici, sostenendo che essa esiste, in varie forme, dal XIV secolo e non è semplicemente una creaizone dell’ultimo governo laburista. La sua istituzione con tale nome risale al 1947 e la legge sulla capacità mentale del 2005 ne ha solo esteso i poteri, sempre al fine di proteggere le persone che perdono la capacità di gestire i propri affari a causa di una menomazione o di un disturbo nel funzionamento della mente o del cervello. A leggere ciò, peggio mi sento: l’assuefazione inglese allo strapotere dei giudici ha ottenebrato le menti senza scampo, dopo un lungo scivolamento nel baratro dello smarrimento della base morale del diritto. E così la polizia senza battere ciglio pedina e insegue una vecchietta come fosse un terorista, per arrestarla appena mette piede fuori dal suo stato, per punirla di aver abbracciato la nipote, colpevole di essere ritardata mentale. Best interest, sì, ma delle casse dello stato.

di Lucia Scozzoli

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