Programmi di prevenzione organici con finanziamenti stabili, percorsi educativi sul territorio, riforma del sistema normativo fermo a 30 anni fa, un fondo nazionale e una conferenza da convocare annualmente. Sono le principali richieste avanzate oggi alla politica dalle comunità terapeutiche di ispirazione cristiana.
Una nuova attenzione al mondo dei giovani perché fragilità e dipendenze tornino ad abitare l’agenda del Paese. A chiederla alla politica, alla società civile e alla comunità ecclesiale, è il Tavolo ecclesiale sulle dipendenze promosso dalla Caritas italiana. Due gli obiettivi: “presidiare le fragilità” e “richiamare le responsabilità di tutti coloro che hanno un ruolo educativo promuovendo alleanze sul territorio”. Azioni necessarie di fronte alla latitanza delle istituzioni nei confronti di un fenomeno in crescita, soprattutto fra i giovanissimi: l’abuso di droga, alcol, psicofarmaci “del quale si parla soltanto di fronte alla morte di uno dei nostri ragazzi”, ha osservato questa mattina don Francesco Soddu, direttore Caritas italiana, nei saluti al convegno “Giovani al centro. Esperienze di una comunità che cresce tra fragilità e risorse”, promosso a Roma dal Tavolo ecclesiale dipendenze in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di sostanze stupefacenti. Al Tavolo, costituito presso la Caritas italiana, partecipano Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Casa dei giovani, Compagnia delle opere-Opere sociali, Comunità di Sant’Egidio, Comunità Emmanuel, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) e Salesiani per il sociale, organismi presenti all’incontro odierno.
“Alleanze educative” e “reti sul territorio” le parole chiave che si rincorrono in tutti gli interventi. Dopo la provocazione di don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, che sottolinea la necessità di educare i giovani “a riconoscere quelle che possono essere dipendenze ‘buone’” come “la risposta alla chiamata, all’incontro con Dio”, Pier Cesare Rivoltella (Università cattolica del Sacro Cuore), invita a ribaltare il rapporto fragilità – risorse perché i giovani “hanno molte più risorse di quanto noi adulti non siamo disposti a riconoscere loro”. Il vero nodo è che, tramontata la fase “del gruppo dei pari”, la domanda di senso e di felicità dei ragazzi si traduce oggi in un bisogno di “relazione verticale”, di fronte al quale gli adulti si sentono però “disarmati”. Più che i giovani, per l’esperto sono gli adulti ad essere “fragili”. Del modello di creazione di reti additive (di dipendenza, ndr) giocato sul “meccanismo captare l’attenzione-disinibire-costruire addiction”, parla lo psicologo Mauro Croce (Università della Valle d’Aosta). Un paradigma al quale è difficile sottrarsi, soprattutto se viene declinato, come di fatto avviene, associando lo stile di vita con un consumo – fumo ed emancipazione, alcol e divertimento – ma anche abbigliamento griffato e uso di cocaina, come nello spot di un celebre marchio giovanile.
Nelle comunità terapeutiche il baricentro si è spostato dalla cura alla prevenzione attraverso interventi focalizzati non solo sul consumo di sostanze ma anzitutto sulle relazioni, spiega Maria Calabrese (Fict – 22 realtà aderenti, 1056 operatori, 227 volontari). Offrire relazioni, lavorare sui desideri, costruire aspettative, generare cambiamento, accompagnare processi di crescita: questo, in sintesi, il metodo di lavoro della Federazione. “Fare dell’ex tossico un uomo impegnato nel sociale”, l’obiettivo di padre Salvatore Lo Bue, fondatore della Casa del giovane nel 1983 a Bagheria (e poi a Matera e a Mazara).
Senza sconti il messaggio delle comunità ecclesiali attive sul campo alla politica alla quale chiedono programmi di prevenzione organici, con finanziamenti stabili, che consentano percorsi educativi continuativi e coinvolgano il territorio e il mondo della scuola e azioni di prevenzione rivolte non solo ai “ragazzi a rischio”, ma a tutti. Indispensabile, inoltre, “avviare un processo partecipato per riformare il sistema normativo sulle dipendenze patologiche, fermo ancora a 30 anni fa, al Dpr. 309/90”. Tre i “punti imprescindibili” di questa revisione: ricostituzione del Fondo nazionale di lotta alla droga, che dovrebbe in particolare sostenere i piani di prevenzione; creazione di un fondo per le politiche di reinserimento lavorativo; adozione di un sistema procedurale che renda automatica, per i soggetti con dipendenza patologiche sottoposti a processo, già nella fase dibattimentale, la possibilità di accedere a percorsi di recupero, qualora la pena sia inferiore ai limiti previsti per l’accesso alle misure alternative. Il Tavolo chiede inoltre di rafforzare il Dipartimento politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio e di convocare la Conferenza nazionale sulle droghe, come previsto dalla legge, da “costruire attraverso un processo realmente partecipato”.
Tuttavia le sigle presenti all’incontro odierno ritengono indispensabile coinvolgere tutta la società civile: oggi le organizzazioni che operano sul fronte dipendenze rappresentano un punto di riferimento e una risposta alle diverse forme di disagio. Per questo si offrono come interlocutori per l’attivazione di “alleanze educative” in ogni realtà territoriale del Paese per sostenere fragilità adolescenziali e giovanili, e fragilità e solitudini degli adulti. Infine un appuntamento: il 20 e 27 ottobre prossimi si svolgeranno gli Open Day delle strutture di accoglienza ai quali sono invitati comunità ecclesiali e gruppi giovanili di tutto il territorio nazionale.
Giovanna Pasqualin Traversa
SIR, 26 giugno 2018