Sheila piangeva da 19 giorni consecutivi, incapace delle cose più semplici; poi i suoi amici hanno osato una mossa vincente e l’hanno salvata.
Con una storia semplice e toccante ritorniamo a parlare della depressione, che ruba l’anima a così tante persone vicine a ciascuno di noi. Le storie vere, di vita vissuta, hanno il senso di farci vedere quanto sia importante l’intraprendenza personale: ciascuno conosce i propri cari e amici in modo unico e può quindi usare le risorse migliori e più adatte a chi si trova nel bisogno.
Sheila O’Malley si occupa di cinema a New York, e questa potrebbe essere la premessa di un racconto di allegria e successo. La foto del suo profilo Twitter è l’immagine di una bellissima donna coi capelli rossi, e un occhio pesto; chi l’ha colpita duramente è stata la depressione.
All’indomani di alcuni suicidi eccellenti negli USA, Sheila ha deciso di condividere la sua sofferenza, insieme a una cura inaspettata che è arrivata grazie alla benedetta sfrontatezza dei suoi amici.
«Dopo la morte di mio padre stavo così male che non ricordo il 90% di quel periodo. Traslocai in un nuovo appartamento e non riuscii a disfare i pacchi. Per mesi. Mi vergognavo di non riuscirci. Quell’anno piansi per 19 giorni consecutivi».
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Non c’è immagine più chiara per descrivere l’empasse e la chiusura a riccio che la depressione provoca in una persona. La cosa più difficile diventa accorgersi di essere bloccati in modo irrevocabile e avere il coraggio di chiedere aiuto. Perciò il prossimo tassello della storia ci dice quanto sia importante tenersi reciprocamente gli occhi addosso: guardare le persone attorno a noi con l’occhio della premura. («Perché non si fa più sentire?» – «Perché dice sempre no se lo invito a uscire?» – «Perché parla a monosillabi?»).
Un amico di Sheila corse il rischio di fare il passo più grande della gamba, ma ne valeva la pensa. Si chiama David e le fece sentire tutto il suo supporto affettivo in quel momento cupo della vita, non bastò. Decise allora di organizzare un’incursione in casa, senza avvertire Sheila: lui e altri amici bussarono alla sua porta, entrarono nonostante lei fosse titubante, aprirono i pacchi e sistemarono tutto l’appartamento.
«Hanno sistemato i miei 1500 libri nella libreria, appeso le fotografie, mi hanno organizzato l’armadio e appeso i vestiti. Intanto qualcuno in cucina preparava i tacos. Altri portarono la birra. A fine serata l’intero appartamento era a posto».
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L’invasione domestica, per quanto motivata da un buono scopo, poteva essere un gesto pericoloso: Sheila ammette che fu come sentirsi nuda a mostrare tutta la sua vulnerabilità. C’era il grosso rischio di peggiorare le cose. Alla fine è lei stessa a dare la chiave di lettura giusta: guardando tutta la banda all’opera in casa sua, le sembrò di essere nel laboratorio di Babbo Natale.
Anche lui piomba in casa all’improvviso, e porta i regali. Gli amici di Sheila le hanno portato l’ipotesi del dono più bello: apri le tue valigie, non chiuderti, spalancati a qualcosa di nuovo, spalanca anche il tuo dolore, condividilo con noi.
La libertà non è solo rispettare lo spazio altrui, lasciarlo in pace. La libertà di chi ti ama sa prendersi dei rischi. L’affetto degli amici butta giù muri, e come Orfeo viene a ripescarci dall’inferno se necessario.
Annalisa Teggi
Aleteia, 22 giugno 2018