“Saper fare bene l’informazione locale significa saper svolgere bene la funzione civile propria del giornalismo”. È quanto sostiene il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti eletto lo scorso ottobre. Carlo Verna, di origini napoletane, è iscritto all’Ordine da quarant’anni, 10 da pubblicista e 30 da professionista ed è congregato mariano della Comunità di vita cristiana che a Napoli ha il suo centro nella chiesa del Gesù Nuovo. L’abbiamo incontrato all’Università della Calabria, nell’ambito di un corso di formazione organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Calabria e dal Circolo della Stampa di Cosenza, cogliendo l’occasione per un’intervista concessa molto volentieri dal presidente Verna in quanto in passato ha collaborato con il settimanale diocesano di Napoli “Nuova Stagione”.
“Saper fare bene l’informazione locale significa saper svolgere bene la funzione civile propria del giornalismo”. È quanto sostiene il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti eletto lo scorso ottobre. Carlo Verna, di origini napoletane, è iscritto all’Ordine da quarant’anni, 10 da pubblicista e 30 da professionista ed è congregato mariano della Comunità di vita cristiana che a Napoli ha il suo centro nella chiesa del Gesù Nuovo. L’abbiamo incontrato all’Università della Calabria, nell’ambito di un corso di formazione organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Calabria e dal Circolo della Stampa di Cosenza, cogliendo l’occasione per un’intervista concessa molto volentieri dal presidente Verna in quanto in passato ha collaborato con il settimanale diocesano di Napoli “Nuova Stagione”.
Presidente quant’è importante la presenza di un settimanale diocesano sul territorio?
Moltissimo, ho sempre conosciuto ed apprezzato la potenzialità dell’informazione locale. La parola “glocal” riassume bene il concetto che voglio esprimere… non dobbiamo disinteressarci delle cose globali, ma l’informazione locale è quella che arriva alla gente.
Il Messaggio di Papa Francesco per la 52ma Giornata mondiale per le Comunicazioni sociali “La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace” ci mette in guardia dalle “bufale”. Nell’era in cui viviamo che valore assumono le fonti?
Il Messaggio di Papa Francesco è da leggere e rileggere, e poi si conclude con una preghiera che dovrebbe essere la preghiera del giornalista. La verifica delle fonti per un giornalista professionista è fondamentale, anzi credo che debba essere l’attività principale. Un tempo si usava dire “scarpinare”, consumare le suole, oggi qualcuno pensa che si possano verificare le notizie virtualmente, magari incrociando i dati provenienti da diversi siti. Non funziona così, il giornalista è sempre un testimone, un mediatore tra la fonte e il pubblico, e per essere testimone deve andare sul posto, verificare e validare la notizia. Se mette in pratica questo fa un ottimo servizio alla comunità civile e sociale e riesce effettivamente a rispettare la verità, perché anche quando la verità non si riesce completamente a raggiungere ci deve essere quello sforzo pieno che legittimi la possibilità di parlare almeno di verità putativa.
L’eterno dibattito sull’oggettività della cronaca.
Nella storia non c’è oggettività così come nel giornalismo, che potremmo definire “storiografia dell’istante”; si può non riuscire a raggiungere la verità ma se ci si mette il presupposto psicologico soggettivo di cercarla con tutto il cuore e l’onestà professionale, mettendo in essere tutti quelli che sono i protocolli professionali di verifica, sicuramente anche la verità putativa sarà stato un servizio alla comunità che, come dice il Papa, deve essere messa in condizioni di vivere in comunione. La notizia che distorce la verità, invece, crea l’effetto opposto.
Quanto la rapidità con la quale oggi molto spesso si fa informazione non aiuta a dare “buone notizie”?
La rapidità è la peggiore compagna del giornalista, anche se la partita con la velocità c’è sempre stata. Adesso siamo maggiormente travolti da questa esigenza perché ci sono le radio e le tv all news, il web, c’è l’esigenza di fare il prima possibile nell’andare in onda o nel mettere in rete la notizia. Bisogna fare un recupero di responsabilità professionale. La notizia non può essere resa pubblica se prima non c’è stata una verifica. Dobbiamo dar ragione agli americani quando dicono “slow news no news”, perchè è meglio una notizia che arriva dopo che una notizia infondata. Infatti, capita sempre più spesso di trovarci di fronte a situazioni per le quali dopo vari step di verifica la notizia cambia.
Qual è il futuro della carta stampata? Sopravvivrà di fronte all’offerta e all’immediatezza del web che cattura l’attenzione di milioni di utenti?
Siamo già in questo futuro. Credo che ci siano degli elementi di sinergia indispensabili. I giornali devono necessariamente essere strutturati in modo tale da fornire un’offerta multimediale che ampli i loro servizi. Comunque, a parte questo discorso, spero che la carta stampata non scompaia mai perché è un elemento di riflessione, perché spesso l’informazione troppo veloce finisce con l’essere non sempre corretta. Una riflessione su questi temi ci aiuterà a trovare le risposte che il giornalismo deve dare. Perché se è cambiata la modalità di offerta, occorre recuperare il concetto morale, filosofico e democratico del giornalismo.
Roberto De Cicco e Debora Ruffolo
SIR, 18 giugno 2018