La persecuzione dei cristiani nel mondo diventa sempre più fenomeno “liquido”. Si dice che i cristiani perseguitati nel mondo siano circa cento milioni. Eppure, le statistiche sfuggono e il numero delle vittime muta con il mutare dei parametri di misurazione. Contano solo i cristiani uccisi o anche le crescenti limitazioni ideologiche alla libertà religiosa?
L’ufficio tedesco di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Kirche in Not) prova a fare il punto della situazione pubblicando la quinta edizione del rapporto “Cristiani in emergenza. Discriminazione e oppressione. Rapporto 2018” (“Christen in großer Bedrängnis. Diskriminierung und Unterdrückung. Dokumentation 2018”). Il volume di 256 pagine analizza infrazioni contro la libertà di religione, storie di perseguitati, ma anche spiragli di speranza nei quindici paesi del mondo in oggetto, durante gli anni 2016 e 2017 (il volume esce ogni due anni, l’ultima edizione nel 2016). Di ognuno dei quindici paesi sotto osservazione – tra cui Egitto, Cina, Pakistan, Arabia Saudita, Nord Korea, Iraq e Cuba – il libro presenta l’approccio della Carta costituzionale verso la libertà di religione, una cronologia delle più recenti e rilevanti infrazioni alla libertà di culto delle minoranze religiose e traccia possibili scenari di sviluppo politici.
Da un lato la persecuzione cambia forma. Anche se si può in generale considerare sconfitto lo “Stato islamico”, i suoi militanti potrebbero colpire ancora in attentati individuali. In Africa le sette islamiste rappresentano la prima pericolosa causa di persecuzione, che colpisce tuttavia non solo i cristiani, ma anche i musulmani. In Cina non sono gruppi terroristi a perseguitare i cristiani, ma lo Stato stesso. Dallo scorso febbraio nella Repubblica popolare cinese sono entrate in vigore nuove regolamentazioni che puniscono con pesanti multe in denaro attività religiose non autorizzate. Dall’altro lato una cosa rimane certa: «La misura dell’oppressione, della violenza e della persecuzione contro comunità religiose, tra le quali anche quella cristiana, è come sempre ampia. Circolano diversi numeri sulla persecuzione dei cristiani», spiega Berthold Pelster, esperto di libertà religiosa presso la sezione tedesca di ACS e autore del libro. «Dipende se si considera persecuzione anche la discriminazione sociale. I confini sono fluttuanti. Forse piuttosto di rincorrere numeri è meglio portare in primo piano le storie delle persone colpite». Per questo alla presentazione del volume presso il Club della stampa di Monaco di Baviera, lo scorso 4 giugno, hanno partecipato anche Firas Lufti, frate francescano di Aleppo (Siria) e don John Bakeni, sacerdote della Diocesi di Maiduguri, nel nord della Nigeria.
Aleppo, secondo le Nazioni unite, è uno dei luoghi più pericolosi del mondo. I cristiani sono drasticamente diminuiti di numero: da 250 a 32 mila. Padre Lufti ha ricordato i due vescovi rapiti nel 2013, Mar Gregorios Yohanna e Boulos Yazigi: dal loro rapimento s’è persa ogni traccia di loro. «Chiese e conventi, tra cui anche il mio, sono stati bombardati», prosegue padre Lufti. «Una bomba colpì la chiesa durante la messa domenicale. Le ostie si sono mischiate con il sangue delle persone ferite. Non c’era nessun posto dove potevano essere al sicuro dalla persecuzione». Poi nel maggio 2016, ricorda il frate francescano, la città di Aleppo è stata consacrata al cuore immacolato di Maria e a fine 2016 la città è stata liberata dallo “Stato islamico”. «Da allora – aggiunge padre Lufti, che ad Aleppo, grazie al sostegno di ACS, si occupa di bambini traumatizzati e di mamme i cui mariti sono caduti in guerra o le hanno abbandonate – le armi tacciono, ma manca tutto ciò che rende la vita dignitosa».
«Nel nord della Nigeria vivono trenta milioni di cristiani, un terzo della popolazione totale, ma sono spesso dimenticati e sopportano ogni sorta di violenza religiosa e sociale», spiega don John Bakeni da Maiduguri, diocesi dove sono stati uccisi almeno cinque mila fedeli e cacciati via almeno cinque milioni di persone. «I cristiani non hanno nessuna possibilità di formazione, di trovare un’occupazione o di avere accesso a impieghi pubblici. Gli viene negato ovviamente anche ogni permesso di costruire nuove chiese. L’ultima concessione edilizia per le chiese risale al 1979. Ragazze cristiane vengono continuamente rapite o costrette a sposarsi. Se proviamo ad opporci, bruciano le nostre chiese». Con l’arrivo, nel 2009, della setta islamista Boko Haram la situazione è diventata, ove possibile, ancor più drammatica. «Da allora – aggiunge don Bakeni – abbiamo assistito alla distruzione delle nostre vite, della nostra patria, delle nostre chiese e scuole, della nostra cultura. Boko Haram è la più crudele organizzazione terroristica del mondo. Dal punto di vista militare Boko Haram si sta ritirando, ma i rifugiati che tornano nei loro villaggi non trovano più nulla». Eppure, nonostante i nove anni di persecuzione, le comunità cristiane sono cresciute e cristiani e musulmani si sono avvicinati. «Io non giudico l’Islam, ma il terrorismo. È un nemico comune dell’umanità. Mi augurerei però che i musulmani, da parte loro, alzassero di più la voce contro il terrorismo», ha concluso don Bakeni.
«Nel rapporto “Cristiani in emergenza” di ACS – scrive, nella prefazione al volume, l’arcivescvovo Jean-Clément Jeanbart, della Chiesa greco-cattolica di rito melchita di Aleppo – si tengono sotto osservazione paesi sensibili e vengono trattati problemi che colpiscono cristiani e altre minoranze in questi paesi. La nostra fede in Gesù Cristo, la nostra coscienza e la nostra appartenenza all’Umanità ci richiedono di leggere attentamente questi rapporti su persone che soffrono a causa della loro fede. La loro fede in Gesù Cristo è anche la nostra fede. Perciò il loro destino è anche il nostro».
Di Daniele Piccini
ACI Stampa, 22 giugno 2018