EDITORIALE – Genova: attentato all’Obiezione di Coscienza

Il Tribunale di Genova ha condannato nei giorni scorsi il ginecologo dell’ospedale san Martino, Salvatore Felis, a nove mesi di carcere e altrettanti d’interdizione dai pubblici uffici poiché si era rifiutato, in quanto obiettore, di effettuare un’ecografia a una donna che si era sottoposta a un aborto farmacologico. La sentenza, chiaramente ideologica, suscita preoccupazione e getta ombre sulla “imparzialità” di quei giudici almeno per tre motivi.

Primo.

Immediatamente dopo il caso denunciato dalla donna che aveva abortito e che non subì nessun danno, la direzione dell’ospedale avviò un’indagine interna per verificare la correttezza del comportamento del dottor Felis determinando l’ “irreprensibilità dell’atteggiamento del medico”, attribuendo il disagio dell’ecografia a problemi organizzativi interni. I giudici hanno totalmente ignorato questo parere.

Secondo.

Il ginecologo optando per “l’obiezione di coscienza” ha unicamente usufruito di quanto previsto dalla legge 194/1978 all’articolo  9 che autorizza l’obiezione nei confronti di tutte le procedure riguardanti l’interruzione di gravidanza. Viene meno unicamente nel caso di necessità e di urgenza per proteggere la salute della donna. Situazione non riguardante questo caso. Anche questo diritto è stato totalmente ignorato.

Terzo.

I giudici di Genova, infine, condannando il dottor Felis hanno totalmente disatteso un diritto fondamentale dell’uomo, quello all’obiezione, previsto da molteplici Dichiarazioni internazionali e nazionali, in primis dalla nostra Costituzione. Un “diritto” che una Nazione dove vige la democrazia deve salvaguardare se intende distinguersi dai Paesi governati da dittature o da totalitarismi.

Mentre manifestiamo la nostra solidarietà al dottor Felis ci auguriamo che questa “indegna sentenza” sia annullata in appello poiché l’aria che si respira da un po’ di tempo è tutt’altro che salubre volendo il trasformare il delitto dell’aborto in un diritto senza nessuna clausola. E di tentativi in questa direzione ne conosciamo tanti. Altro che “discriminazione” dei medici non obiettori!

Don Gian Maria Comolli