MOLECOLA DELLA FELICITA’/ “Serotonina e Parkinson, non cadiamo nella trappola dei media”

By 19 Luglio 2018Salute

Nuovi sviluppi nella possibilità di comprendere meglio le malattie neurodegenerative? Secondo una ricerca italiana sì. Ma serve cautela, non le “sparate”.

Un passo avanti verso la possibilità di comprendere meglio malattie come il morbo di Parkinson o i disturbi ossessivo-compulsivi: è quello compiuto dai ricercatori che hanno ricostruito il meccanismo che regola il funzionamento della serotonina nei circuiti che controllano i movimenti e che permettono di adattarsi a nuove situazioni emotive e motorie. È il frutto di una ricerca coordinata dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) in collaborazione con il dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e l’università Sorbona di Parigi; lo studio è appena stato pubblicato sulla rivista Neuron e la sua portata è stata così sintetizzata dalla coordinatrice della ricerca, Raffaella Tonini, del dipartimento di Neuromodulazione dei circuiti corticali e subcorticali dell’Iit: “Ricostruire in maniera molto accurata i meccanismi molecolari con cui la serotonina funziona nel cervello è importante anche per capire cosa avviene in condizioni patologiche in cui la serotonina non viene prodotta o in cui mancano i recettori specifici a cui legarsi”.

La notizia è stata segnalata da diverse agenzie e in particolare l’Ansa è riuscita a lanciarla con un titolo, “La molecola della felicità non ha più segreti”, che fa sobbalzare il neurologo Mauro Ceroni, dell’Università degli Studi di Pavia, interpellato in proposito da Ilsussidiario.net. “Un uomo ragionevole, che usi la ragione secondo il suo scopo che è quello di riconoscere la realtà, di capire come le cose stanno davvero, cosa può pensare davanti a un titolo come questo. La felicità dell’uomo dipende sostanzialmente da una molecola? Ma siamo diventati tutti matti!? In qualche modo sì, se abbocchiamo a panzane di questo livello. Intanto va detto che l’origine di questo titolo sta nel nickname dato dagli americani al Prozac, un famoso antidepressivo ad azione appunto sulla serotonina: bye bye blues, cioè addio tristezza. Certo Prozac si è dimostrato un buon antidepressivo, in grado di guarire episodi depressivi gravi, dove si altera il funzionamento di quei centri cerebrali che hanno a che fare con l’umore, lo stato d’animo, le emozioni, i sentimenti. Ma qualcuno può ragionevolmente pensare che Prozac o tanti altri antidepressivi anche più efficaci di Prozac, possano risolvere l’angoscia di un padre o una madre che perdono un figlio piccolo di leucemia? Beh se anche lo pensasse, ci pensa la realtà a smentirlo clamorosamente”.

Allora perché un titolo così fuorviante, così menzognero? “È a causa dei nostri comportamenti: con quel titolo più facilmente leggeremo il contenuto, altrimenti siamo portati ad andare oltre”.

Il professor Ceroni fa notare però che poi il contenuto della notizia ridimensiona di molto la pretesa del titolo. “Si tratta infatti di una conoscenza più approfondita ottenuta su neuroni in colture attraverso una tecnica innovativa chiamata optogenetica, con la quale possiamo spegnere e accendere la funzione di varie molecole; una miglior conoscenza del modo di funzionare di un singolo recettore della serotonina 5-HT4 (ce ne sono svariati, con localizzazioni anatomiche e funzioni diverse). Questo è il modo di procedere della scienza: piccoli passi, apparentemente insignificanti, ma veri, cioè corrispondenti alla realtà, perché ottenuti con metodologia corretta e totale lealtà sperimentale, così da poter essere ripetuti da altri sperimentatori. Ogni piccolo passo avanti apre nuovi orizzonti, nuove possibilità, permette anche di fare alcune predizioni, che comunque vanno poi verificate con adeguati esperimenti”.

Quindi le speranze per il Parkinson? “Per quanto riguarda la malattia di Parkinson conviene ricordare che è vero che siamo diventati bravi nel modulare e ripristinare la funzione e l’azione di vari neurotrasmettitori implicati nella malattia; ma non siamo in grado di modificare significativamente il processo neurodegenerativo che sta alla base della malattia, cioè la progressiva morte dei neuroni che presiedono al controllo dei movimenti involontari e del tono muscolare. Certo una maggiore aderenza ai dati scientifici e minori ricami e illazioni sui dati potrebbe contribuire a non generare speranze illusorie, eccessive, talora del tutto infondate in chi è affetto da queste malattie”.

Mauro Ceroni

www.ilsussidiario.net,  27 giugno 2018