Un metodo, questo del lavorare in perdita, che ci pare si attagli perfettamente alla storia del villaggio sinti di Mestre. Oggi i ragazzi non solo vanno tutti alle scuole dell’obbligo, ma anche alle superiori. E, pian piano, lo stesso villaggio viene abbandonato: le famiglie vanno ad abitare in case “normali”, in giro per la città. Ci sono ancora sacche di disagio e di malcostume, ma molto ridotte rispetto ad un tempo. E la sfida è quasi vinta.
“Non abbiamo paura di lavorare in perdita!” ha auspicato Papa Francesco pochi giorni fa a Ginevra, parlando di ecumenismo. Intendendo che coltivare il dialogo e puntare all’avvicinamento di chi è diverso per storia, tradizione e idee è un’impresa faticosa, un investimento il cui ritorno è a medio-lungo termine. Ma solo se si ha pazienza, appunto, di lavorare in perdita per un bel po’ di tempo.
Un metodo, questo del lavorare in perdita, che ci pare si attagli perfettamente alla storia di cui si occupa Gente Veneta nell’approfondimento di questo numero: quella del villaggio sinti di Mestre.
Oggi i ragazzi sinti non solo vanno tutti alle scuole dell’obbligo, ma anche alle superiori. E, pian piano, lo stesso villaggio viene abbandonato: le famiglie vanno ad abitare in case “normali”, in giro per la città.
Ci sono ancora sacche di disagio e di malcostume, ma molto ridotte rispetto ad un tempo. E la sfida è quasi vinta. Ma che cosa ci è voluto per vincerla? Tanto lavoro in perdita. Cioè grandi investimenti di soldi, tempo, intelligenza. In un contesto di grande pazienza e determinazione.
C’è stato bisogno di amministratori che investissero soldi pubblici per passare dal campo nomadi con una sola doccia per 38 famiglie alle casette pulite, arredate e dotate di servizi igienici privati. C’è stato bisogno di operatori professionali ed educatori che hanno accompagnato con competenza, in tutti questi anni, le persone e le famiglie. C’è stato bisogno di volontari motivati, capaci di resistere alla fatica e allo scoramento delle delusioni.
Per vincere, insomma, si è lavorato molto in perdita. C’era un’alternativa? Certo. Si poteva non guardare e tirare avanti. Si poteva mandare la polizia un giorno sì e l’altro pure. In tempi terribili, neppure tanto lontani, con un piccolo investimento si conseguiva la soluzione finale…
C’è da essere fieri, in questo caso, ad essere veneziani. Cioè persone che hanno lavorato in perdita per molto tempo. Per guadagnare di più.
Giorgio Malavasi
2 luglio 2018 – “Gente Veneta” (Venezia)