Il dolore e l’accorato invito di una madre greca Evita e Andreas Fytros, 14 e 11 anni, sono due bambini biondi che sui giornali greci sorridono in una foto al mare, insieme al papà e alla mamma. Forse lo stesso mare di Kokkino Limanaki, vicino a Mati, dove un incendio devastante ha fatto tre giorni fa almeno ottanta vittime, e ancora si cercano i morti, casa per casa. Evita e Andreas sono morti con il papà Grigoris. La mamma che ha cercato per ore, invano, di raggiungerli, è rimasta sola. Perdere figli e marito insieme, restare abbandonata come una casa devastata dai barbari. Ma questa donna è stata capace, in ore simili, di scrivere una lettera a un amico giornalista, che l’ha letta a una tv greca. La signora Fytros ha appena saputo che la figlia si è gettata da una scogliera per sottrarsi al fuoco, che il marito e il figlio sono stati trovati carbonizzati. Sente ancora la voce di bambino di Andreas che in un’ultima chiamata le dice: «Ho paura».
Molto di meno basterebbe per annientare chiunque. Eppure lei ha il coraggio di scrivere: «So che mio marito Grigoris avrà fatto tutto il possibile per salvarli. E so che se non ce l’ha fatta, è semplicemente perché quella era la volontà del Signore». (Il coraggio implacabile di certe madri. Qualcosa che, forse, perfino Dio guarda con meraviglia. Come il Dio immaginato da Charles Peguy, che si stupisce e intenerisce della speranza degli uomini). La lettera è breve, pare spezzata dal pianto: «Ho finito le parole. Quando avrò riconosciuto i corpi dei miei ragazzi vi dirò con certezza che ho perduto tutto. Abbracciate i vostri figli tutti i giorni». Abbracciate i vostri figli tutti i giorni. Dall’apocalisse greca una donna manda un messaggio alle madri e ai padri che hanno ancora i loro figli. Con tutti i problemi che danno i figli, quando cominciano a crescere.
E con i quali quindi ci si arrabbia: perché non studiano, o tornano tardi la sera, o non alzano gli occhi dallo smartphone e a tavola neppure parlano. Ci si arrabbia con i propri ragazzi, o si sta male in silenzio, senza sapere trovare le parole. Li si guarda diventare grandi, e possono sembrare ogni giorno un po’ più stranieri. Forse anche in casa Fytros, con la figlia quattordicenne, cominciavano a farsi avanti le prime inquietudini? Ma, «abbracciateli tutti i giorni», esorta questa madre, come un soldato reduce dalla più crudele delle battaglie: e le sue parole dovrebbero risuonare gravi e forti a noi, che da tanto strazio siamo stati risparmiati. Abbracciarli tutti i giorni bisogna, i figli, qualsiasi cosa accada, qualsiasi sia il problema. Anzi, meglio forse, abbracciarli ogni sera: perché, come ricorda spesso papa Francesco, la notte non cali sul risentimento, e la mattina si ricominci da capo.
Abbracciarli, mettendo da parte per un momento tutto ciò che non va in loro e in noi: tirare un respiro profondo di pace. Tante volte sentirsi abbracciati vale più di cento rimproveri. Sentire che tua madre, tuo padre, ti abbraccia, comunque, così come sei. Una madre testimone dell’inferno, una madre orfana, ci lascia nell’ultima riga di una lettera la raccomandazione più importante. Abbracciateli tutti i giorni, i vostri figli. Non siate smemorati, non scordate mai la gratitudine di averli avuti, e di poterli stringere. Magari pigri, svogliati, ribelli, bocciati. Ma, meravigliosamente vivi.
Marina Corradi
Avvenire.it, 27 luglio 2018