Ho appena concluso la lettura di un libro di A. Socci: «Il genocidio censurato. Aborto: un miliardo di vittime innocenti». L’autore, nella IV° pagina di copertina, sostiene che «il più grande genocidio del Novecento non è avvenuto in guerra, nei gulag o nei campi di sterminio» ma «è una strage di cui nessuno parla di oltre un miliardo di vittime innocenti dovute all’aborto». E’ esatta la cifra e come è calcolata? Come mai, di fronte ad un impressionante numero di uccisioni, non è sgorgata una protesta mondiale come è avvenuto qualche anno fa contro la pena di morte? Wanda.
Le cifre degli aborti eseguiti nel mondo nel XX secolo, e che perseverano anche nel XXI, che A. Socci fornisce nel suo testo, sono purtroppo reali; i piccoli defunti ci sono tutti dato che ogni giorno sul nostro pianeta è negata la vita a 126mila futuri bambini. «Ma questo fenomeno – nonostante le sue colossali dimensioni, il più vasto olocausto della storia umana – è totalmente e sistematicamente rimosso da tutta la società contemporanea nonostante un miliardo di vittime» (Il genocidio censurato, Piemme 2006, 10). Socci, ha acquisito il dato, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che evidenzia ogni anno nel mondo 53 milioni di aborti.
Approfondiamo le cifre.
Italia. Ogni giorno sono eseguiti circa 350 aborti; annualmente raggiungono i 130mila legali oltre quelli clandestini. Il totale di aborti in 33 anni (1978-2018) è di 6 milioni. Dalla somma sono esclusi i dati riguardanti l’abortività clandestina e quella provocata dalle pillole abortive. Ogni anno, sono vendute 380mila confezioni di pillole, che con varie modalità bloccano il concepimento o evitano l’impianto dell’ovulo fecondato nell’utero materno. Ciò significa, che migliaia di futuri bambini pur non essendo nati, non sono registrati ufficialmente come aborti.
Europa. E’ consumato un aborto ogni 25 secondi, per un totale annuale di un milione e 220 mila. Nel 2011: Regno Unito 215.000, Francia 209.913, Romania 191.038, Germania 129.650, Spagna 84.985 (con un aumento dell’ 87% negli ultimi dieci anni). Nell’Est Europeo sono effettuati 103 aborti ogni 100 nati vivi. 1 aborto su 7 (14,2%) riguarda ragazze minori di 20 anni. (Dati del Rapporto: L’aborto in Europa e Spagna, Istituto Spagnolo di Politica Familiare – IPF).
Mondo. Alcuni casi emblematici. La Cina, negli anni ’80 del XX secolo, avviò il programma di controllo delle nascite che impose il limite di un solo figlio per famiglia. «Chi viola queste regole» scriveva B. Cervellera, missionario del PIME e responsabile dell’agenzia giornalistica Asia News, «rischiava multe salatissime, aborto forzato anche al nono mese, infanticidio, distruzione della casa o requisizione dei beni» (Missione Cina, Ancora 2003, 140). Gli effetti furono drammatici: «Lo stato si vanta dei successi raggiunti: 300 milioni di nascite in meno in 21 anni» (Missione Cina, 143). Questa scellerata politica, fu premiata dalle Nazioni Unite nel 1993, assegnando al ministro cinese per la Pianificazione Famigliare Q. Xinzhong il «premio per la popolazione», accompagnato da un profondo apprezzamento del Segretario Generale dell’Onu. Scordando la miopia di questa politica, si sta producendo un pesante divario tra la popolazione in età produttiva e quella in età avanzata, rischiando tra alcuni anni il collasso del sistema economico. In India, mancano all’appello 60 milioni di bambine. Nel continente Africano si contano 5 milioni e mezzo di aborti ogni dieci anni; oltre due milioni nell’Africa Orientale.
L’aborto, diretto e volontario, è l’uccisione deliberata di un’essere umano, autorizzata e tutelata in Italia dalla legge 194/78: «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza». Entro i primi 90 giorni di gravidanza è autorizzato l’aborto con una semplice richiesta della madre; dopo il terzo mese per tutelare la salute della donna.
Legge 194/78, predisposta culturalmente dal movimento femminista, ergendola ad emblema intoccabile della liberalizzazione della donna, e dal partito Radicale, che inseguito si fece paladino della rogazione internazionale sulla pena di morte e dei diritti dei carcerati, fu confermata dal referendum del 17 maggio 1981, quando il 70% degli italiani scelsero «l’aborto di Stato». Il fronte abortista sostenne che la legge avrebbe prodotto tre risultati: la lotta contro l’aborto, la sconfitta degli aborti clandestini, la socializzazione del problema. Il primo obiettivo, come dimostrano le cifre, non fu conseguito. Sul secondo, è impossibile fornire numeri reali, essendo l’atto «clandestino» (dal latino clandestinus) un’ azione nascosta. Di conseguenza, quale credibilità posseggono le cifre di 300mila aborti clandestini annuali alla fine degli anni ’70 e di 15mila nel 2010? Il terzo obiettivo fu raggiunto ma in negativo, abbassando la percezione della coscienza morale, o meglio, come scrisse G. Ferrara: «l’aborto da “legale” è diventato “legittimo” e moralmente indifferente» (Il Giornale, 15 gennaio 2008, 3).
Sulla gravità morale dell’aborto, il Magistero della Chiesa, si è espresso ripetutamente. L’enciclica Evangelium vitae riassume le varie condanne: «…dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave in quanto uccisione deliberata di un essere innocente. Tale affermazione è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta e trasmessa dalla dottrina della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario ed universale. Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa e proclamata dalla Chiesa» (n. 62). Questa dichiarazione, per il suo contenuto e per le sue caratteristiche formali, è «infallibile e irreformabile», cioè vincolante per il cristiano, come sottolineato per questi pronunciamenti dalla Nota Dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio Fidei, della Congregazione per la Dottrina della Fede (29 giugno 1998).
La condanna dell’aborto e della sua legalizzazione non è un’opinione unicamente cattolica; vari laici si affiancarono alla Chiesa in questa comune battaglia. Affermò U. Bobbio: «Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il “non uccidere”. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere» (Corriere della Sera, 8 maggio 1981,8).
Come conclusione riporto due passaggi del discorso che la beata Madre Teresa di Calcutta, la grande amante della vita di ogni uomo, pronunciò al Palazzo di Vetro dell’ ONU, il 26 ottobre 1985. «Viviamo sotto la grave minaccia della guerra nucleare, cerchiamo di scacciare il pensiero dell’Aids, ma non impediamo che vengano uccisi i bambini non ancora nati. L’aborto è una grave minaccia per la pace. Quando eliminiamo un bambino non nato stiamo cercando di eliminare Dio». «L’aborto distrugge la pace; se una madre può uccidere il proprio bambino che cosa impedisce a me di uccidere voi e a voi di uccidere me? Finché ci saranno madri che distruggeranno la vita del bambino che hanno in seno, la via dell’assassinio, della guerra e della distruzione rimarrà sempre aperta. Se una madre uccide il figlio che ha in seno, può succedere qualsiasi altro crimine».
don Gian Maria Comolli