Caro direttore, troppo spesso siamo costretti ad occuparci di grandi casi di malasanità. Talvolta dovremmo trovare l’occasione per raccontare anche i piccoli, luminosi episodi di buona sanità, quella che erroneamente definiamo minore, quella ordinaria, quella che ogni giorno assicura a tutti noi la garanzia di cure adeguate, assistenza competente, interventi anche altamente specialistici offerti senza squilli di tromba o comunicati stampa dal Servizio sanitario nazionale.
Forse è solo la nostra deformazione professionale a lasciarci sorpresi quando ci imbattiamo in questa Italia “minore”, dove tante cose magari faticosamente, ma dignitosamente, funzionano al meglio e dove i servizi richiesti – in questo caso sanitari – vengono erogati in modo fluido, organizzato, funzionale. E quando ti capita di finire in un ospedale di provincia, nel mio caso il Sant’Andrea di Vercelli, per un intervento d’urgenza necessario per risolvere un problema che una clinica universitaria di una grande capitale europea (Dublino) ha affrontato in modo inadeguato, ti accorgi davvero che la nostra sanità di base è ricca di professionisti di alto livello, medici saggi e competenti, infermiere e infermieri attenti e preparati, personale efficiente, davvero coinvolto in quello che per loro non è mai soltanto e semplicemente un posto di lavoro.
Sei giorni di ricovero mi hanno confermato l’idea che la rete di base dei nostri ospedali locali offre garanzie ed efficienza di grande livello, forse introvabile fuori dall’Italia. Molto spesso si tratta di strutture ospedaliere che hanno alle spalle storie secolari. E molto spesso quella storia ha radici nella Chiesa. Quello di Vercelli, fondato nel 1224 dal cardinale Giacomo Guala Bicchieri (le sue insegne rimangono tuttora nello stemma dell’ente) è ospedale che condensa vicende della comunità civile ed ecclesiale da quasi nove secoli e rappresenta ulteriore motivo di riflessione.
In tempi di scandali e di polemiche che investono il cuore della Chiesa, la memoria di questo passato e di questi uomini, la loro capacità di profezia e i loro gesti di generosità (Guala Bicchieri impiegò tutte le risorse di famiglia per costruire, insieme all’ospedale, la basilica gotica di Sant’Andrea, tuttora gioiello del gotico piemontese) non possono che essere occasione di conforto e di speranza. Certo, per ricordarcelo vicendevolmente, un ricovero d’urgenza in sala operatoria non sembra la strada più agevole. Ma sappiamo che Dio scrive anche sulle righe storte… E in questo caso anche sant’Andrea deve avergli dato una mano.
Luciano Moia
Avvenire.it, 6 settembre 2018