Paolo Ramonda, presidente Apg XXIII: “Era un sacerdote innamorato di Cristo, testimone di un messaggio vero”.
Oggi don Oreste avrebbe compiuto 93 anni. Aveva sette anni quando Olga, la sua maestra, parlò di tre figure: lo scienziato, l’esploratore e il sacerdote. Quando tornò a casa disse a sua madre: “Io farò il prete”. Di origini romagnole, entrò in seminario a 12 anni e venne ordinato sacerdote il 29 giugno 1949. Nel 1968 fondò l’Associazione comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) e da allora dedicò tutta la sua vita al servizio dei poveri, degli scartati, degli emarginati. “Nessuna donna nasce prostituta”, ha gridato più volte ai politici italiani battendosi in prima linea per liberare ogni donna da questa forma di schiavitù. Ha promosso la non-violenza insieme ai primi obiettori di coscienza ed è entrato nelle carceri spiegando ai detenuti che “l’uomo non è il suo errore” e aiutandoli a ricominciare. Dopo la sua morte, avvenuta il 2 novembre 2007, Papa Benedetto XVI lo ha definto un “infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi”. Lui, del resto, ha sempre spronato i membri dell’Apg23 a “dare una famiglia a chi non ce l’ha, a vivere con i ‘piccoli’ 24 ore al giorno” rendendoli parte integrante del nucleo familiare. In Terris ha parlato del “prete dalla tonaca lisa” con Giovanni Paolo Ramonda, suo successore alla guida della comunità.
Chi era don Oreste?
“Era un sacerdote innamorato di Cristo, dei poveri perché vedeva in loro la presenza di Gesù. Voleva bene anche al popolo, alla famiglia, all’umanità sofferente perché sentiva che era quel popolo che Dio voleva costruire. Ha lavorato tutta la vita affinchè le persone fossero unite e si volessero bene in modo da mettere al centro delle loro vite i poveri”
Quest’anno ricorre il 50esimo anniversario della fondazione della Apg23. L’associazione come ricorderà don Oreste?
“Oggi io e altre 500 persone della comnuità saremo a Pompei in pellegrinaggio per ricordare i 50 anni e il 93esimo dalla nascita di don Oreste. E’ un momento importantissimo in cui affidiamo alla Madonna tutta l’Apg23, la vita, le nostre famiglie. Chiediamo l’intercessione del don che era molto affezionato a Maria. Saremo tutto il giorno dalla Madonna del Rosario, sarà una festa”.
Lei ha vissuto per molto tempo a fianco del “prete dalla tonaca lisa”. Come è stato il vostro primo incontro?
“Il nostro primo incontro è avvenuto quando io avevo 19 anni e sono andato a Rimini per fare il Servizio civile. L’ho incontrato dopo la messa nella sua parrocchia, la Grotta Rossa; aveva indosso la sua tonaca lisa, era molto stanco… Però mi ha accolto con gioia e mi ha detto: ‘Vai a Coriano, fa con fiducia quello che ti chiederanno e prega. Vedrai che il Signore ti guiderà’. Questo è stato il primo incontro. Da lì ho capito che eravamo in mani buone e che la ‘pasta’ di don Oreste e della comunità era buona, logicamente con tutti i limiti che può avere una realtà umana, però erano persone che davano la vita per il prossimo”.
Nel 2014 è stata aperta la causa di beatificazione di don Oreste. A che punto è arrivata?
“Si sta concludendo la fase diocesana. Entro l’anno ci dovrebbe proprio essere la funzione conclusiva nel Duomo di Rimini, però non sappiamo ancora la data. Dopo verrà inviato tutto a Roma, alla Congregazione delle cause dei santi”.
Negli ultimi mesi, per vari vicissitudini, è tornato alla ribalta della cronaca il tema dell’immigrazione. Cosa pensa avrebbe detto e fatto don Oreste di fronte a questo dramma?
“Intanto avrebbe agito sempre di più per dare, a partire dai loro Paesi di orgine, sempre più dignità, dando loro una famiglia, la possibilità di studiare o lavorare, facendo in modo che tutti potessero accedere alle cure mediche. Ecco la prima azione sarebbe stata la lotta alla povertà nei Paesi di origine e la promozione dello sviluppo. E poi il mondo non è di qualcuno, ma è di tutti, le migrazioni ci sono sempre state. Le persone che migrano devono essere sempre soccorse, accolte e integrate. Secondo me avrebbe anche lavorato sullo sviluppo dei corridoi umanitari, per consentire ai migranti di muoversi in modo sicuro e non morendo sulle zattere, nel tentativo disperato di attraversare il mare”.
Negli ultimi tempi Papa Francesco ha subito diversi attacchi. Come avrebbe reagito, secondo lei, don Benzi nell’apprendere queste notizie?
“Don Oreste è sempre stato molto vicino al Pontefice, alla Sede di Pietro, anzi ha sempre sottolineato che la vera fede cattolica è nel servire Cristo in comunione col Papa e i vescovi. Avrebbe sicuramente sottolineato la bontà, sia dal punto di vista dell’ortodossia che dell’ortoprassi, di Papa Francesco. Forse avrebbe cercato anche un dialogo con i denigratori, perché quando un lupo cerca di attaccare il pastore, probabilmente è un lupo ferito e infelice. Don Oreste avrebbe cercato di gettare ponti e costruire legami, per cercare di far capire anche l’errore di attaccare, in questo caso, Papa Francesco”.
Oggi la parola di don Oreste è mantenuta in vita nei commenti alle letture e la Vangelo del giorno che sono raccolte nel “Pane Quotidiano”, un messalino pubblicato da “Sempre comunicazione”. Perchè il suo messaggio è attuale ancora oggi?
“Perché lui era innamorato di Gesù vivo, crocifisso e presente nei poveri. Quindi è un messaggio vero e autentico, che affascina. E’ testimonianza, un messaggio di giustizia che i giovani sentono molto forte. Don Oreste sarà sempre contemporaneo perché aveva il Vangelo nel cuore”.
Manuela Petrini
https://www.interris.it/fede/don-benzi–un-uomo-col-vangelo-nel-cuore