A ricordare la vicenda dei coniugi Bodnariu a cui furono sottratti i bambini dai servizi sociali norvegesi si rimane esterrefatti: lo psichiatra responsabile per la revisione di casi simili era un pedofilo. La Bbc ha raccontato il dramma di altre famiglie e l’omertà del sistema, ma l’impostazione degli esperti che si sostituiscono ai genitori, dello Stato che impone il pensiero unico e della famiglia rappresentata come la sede di ogni violenza dice che nemeno l’Italia è lontana da una deriva simile.
A ricordare la lunga battaglia che attraversò mezzo globo per riportare a casa i cinque figli di Ruth e Marius Bodnariu, i coniugi rumeni, trasferiti in Norvegia, a cui furono sottratti i bambini dai servizi sociali del paese (Barnevernet) e per cui la comunità evangelica organizzò proteste di fronte alle ambasciate norvegesi, veglie di preghiera e di digiuni, si rimane esterrefatti dall’ammissione di colpa indiretta dello Stato imposta da una sentenza giudiziaria che lo inchioda.
Lo psichiatra, che ha lavorato per anni presso la Child Expert Commission, responsabile di esaminare i casi di allontanamento dalla famiglia, è stato condannato per detenzione di materiale pedopornografico violento con bimbi anche piccolissimi e disabili (raccolto in circa 20 anni), per cui ha perso la licenza per esercitare la sua professione sebbene in aula avesse affermato che per lui guardare immagini di violenza sui bambini non fosse pedofilia. È impressionante se si pensa che il Norwegian Directorate for Children Youth and Family Affairs ha dichiarato che solo nel 2015 i bambini (spesso di famiglie immigrate) sottoposti ad un ordine di assistenza sono stati 1.545, con casi frequentemente fondati o su episodi inesistenti come semplici sculacciate o sull’incapacità di gestire i figli in certi ambiti (come quello di far dimagrire figli troppo grassi) o su comportamenti assolutamente correggibili o, come nel caso dei Bodnariu, su questioni religiose.
A sollevare il polverone durante l’inchiesta preceduta alla condanna dell’uomo è stata la Bbc con il documentario “Lo scandalo silenzioso della Norvegia”, dove alcune mamme intervistate hanno raccontato la sofferenza per i figli allontanati per anni dopo accuse di abusi poi rivelatesi inesistenti, come nel caso di Arnesen, una mamma di otto figli, i cui quattro più piccoli furono sottratti alla famiglia nel settembre 2013. Il motivo? A destare sospetti il fatto che Arnesen avesse otto figli: «Qui non è una cosa consona». Per errore «arrestarono mio marito poi vennero a casa», spiega la donna piangendo. L’uomo fu poi rilasciato, ma lei venne punita con l’allontanamento dei bimbi: aveva ammesso di aver sculacciato un figlio perché ne mordeva un altro. «Ad un certo punto – continua – arrivai a chiedermi se ero davvero una persona cattiva», ma sebbene una psicologa valutò bene la famiglia «lo psichiatra (condannato, ndr) scrisse nel suo rapporto che c’erano troppi bias a favore della famiglia». Gli ultimi due bambini sono ritornati a casa solo ora, dopo cinque anni, secondo la Bbc proprio a causa della condanna dello psicologo. Ma la donna è quantomeno stranita dal fatto che ora dovrà aiutare gli stessi servizi sociali contro cui ha combattuto e «che hanno colpito gravemente la mia famiglia».
Cecilie ha invece raccontato di quando anni fa una commissione di “esperti” piombò in casa sua ritenendo che la figlia non fosse sufficientemente seguita né accudita come necessario: «Mia figlia disse che aveva fame e siccome avrei cucinato dopo la visita dei servizi sociali offrii delle palle di cereali al cioccolato. Scrissero che probabilmente li davo a mia figlia per ogni pranzo e cena». Oppure c’era un po’ di polvere in un angolo e «scrissero che la casa non era pulita. Quell’esperto (lo psichiatra, ndr) è il responsabile dell’allontanamento di mia figlia e ora si scopre che lui stesso ha commesso crimini contro i bambini».
Il ministro dell’Infanzia e dell’Uguaglianza dopo lo scandalo ha spiegato che rivedrà tutti i casi dei bambini allontanati in questi anni e vagliati dallo psichiatra. Anche Borge Tomter, capo della Commissione per la supervisione della salute del welfare dell’infanzia ha dichiarato che «valuteremo ogni caso possibile». Ma a luglio Katrin Koch, capo della Commissione di esperti per la supervisione dell’infanzia, aveva affermato che i casi già analizzati non destavano preoccupazioni. Facendo presagire che la revisione sarà solo un atto formale per calmare le proteste in uno Stato che pretende di sostituirsi ai genitori nell’educazione dei figli. Per questo Arnesen ha dichiarato che per fare le cose sul serio la revisione dovrebbe essere portata avanti da «qualcuno al di fuori del sistema». Mentre Cecilie ha chiarito che «non sono molto fiduciosa. Vogliono che le persone vedano che stanno facendo qualcosa, ma non sono propensi a farlo».
Basti pensare che il nome dello psichiatra, condannato a due anni di carcere, è stato secretato perché padre di bambini minori che potranno tornare con lui una volta scontata la pena. Come a dire che per il sistema sociale norvegese un uomo che passa vent’anni a visionare pornografia interrogando (chissà come) bambini sulla loro vita famigliare e intima per allontanarli da casa, ha più diritti sui suoi figli di un padre che dia loro qualche sculacciata, lasci la casa impolverata o insegni loro l’Ave Maria.
Anche in Italia crescono i casi di sottrazione dei minori, di insegnanti che pensano di esssere più “esperte dei genitori” e perciò di avere più diritti sui bambini e di curriculum scolastici a senso unico che portano nella direzione di uno Stato padrone. Perciò le parole di Arnesen riguardano anche noi: «È più facile spazzare le cose sotto il tappeto quando sono scomode, ma io credo che debbano emergere perché devono essere sanate…altrimenti permetteremo che accadano ancora e ancora e ancora…bisogna agire, perché certo puoi dire “non è successo a me”…ma se un giorno ti accadesse?».
Benedetta Frigerio
4 ottobre 2018
http://www.lanuovabq.it/it/lo-scandalo-nello-stato-che-ruba-i-figli-alle-famiglie