Ricevo da Giuseppe questa lettera. “Ho letto occasionalmente una notizia che mi ha lasciato molto addolorato. L’ UNICEF, fondata nel 1946 per soccorrere i bambini vittime della guerra, oggi finanzia la diffusione di aborti e la contraccezione. Eppure, raccolte per questa e altre agenzie umanitarie, si svolgono anche nelle parrocchie. Vorrei conoscere la veridicità della notizia, e come posso soccorrere i bambini poveri ed ammalati dell’Africa, senza donare soldi per atti che non condivido”.
Colgo l’occasione dell’annuale “Giornata Missionaria Mondiale” che la Chiesa celebrerà domenica 21 ottobre per rispondere a Giuseppe.
L’United Nation Children’s Fund (UNICEF), come ricordato, fu fondata nel 1946 per soccorrere e assistere i bambini vittime delle guerre, e per due decenni, svolse una meritevole opera caritativa per i piccoli dei Paesi del Terzo Mondo. Curò l’infanzia, ne ridusse la mortalità, migliorò la qualità di vita, garantì l’ educazione scolastica di base. Purtroppo nel 1966, il Direttore Generale H. R. Labouisse, tradì la mission dell’Agenzia proponendo il programma: “Il possibile ruolo dell’UNICEF nei progetti di pianificazione familiare”, e da allora, la sua deriva abortista, ben occultata si incrementò, arrivando a un violento scontro nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 2002, dedicata all’infanzia. In quel simposio, gli Stati Uniti di G. W. Bush e la Santa Sede, sospesero il loro contributo economico all’UNICEF, che dichiarò pubblicamente l’impiego di una parte dei fondi per l’accesso all’aborto e per la diffusione delle pratiche contraccettive tra i giovani dei Paesi del Terzo Mondo. Ma già il 17 aprile 1990, monsignor R. Martino, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU, aveva denunciato: “La Santa Sede guarda con grande allarme le ripetute proposte fatte da Agenzie delle Nazioni Unite, fondate per salvaguardare la salute e la vita dei bambini, che invece sono coinvolte in progetti di distruzione della vita umana e l’UNICEF è una di queste. La Santa Sede, si oppone fermamente a queste proposte non unicamente da un punto di vista morale, ma anche perché questo implica un’inaccettabile deviazione dallo statuto di fondazione dell’UNICEF, un organismo nato in favore dei bambini”.
Come ricordato da monsignor Martino, anche altre Agenzie Umanitarie delle Nazioni Unite e non solo, che dovrebbero vantare una solida reputazione etica e morale sono favorevoli all’aborto, e lo propagano avvalendosi dei contributi di tantissimi ignari benefattori, anche cattolici.
Dinanzi a questo deprimente panorama internazionale Giuseppe, e molti altri, si chiedono: a quali organizzazioni devolvere contributi, frutti di rinunce e di sacrifici personali e famigliari, per soccorrere i bambini malati e poveri dei Paesi del Terzo Mondo? La mia riposta è: agli Enti di assistenza e di solidarietà gestiti dalla Chiesa Cattolica che con organismi diocesani e l’impagabile collaborazione degli Ordini Religiosi maschili e femminili, gestisce centinaia di missioni in Africa, Asia, America Latina; luoghi di evangelizzazione, cura e promozione umana. Le Istituzioni socio-sanitarie della Chiesa nel mondo con 110mila. Due terzi sono presenti nei Paesi del Terzo Mondo: 17mila dispensari, 800 lebbrosari, 65mila centri di riabilitazione e assistenza pediatrica, 6mila ospedali, 13mila luoghi di assistenza per anziani e malati cronici, oltre centinaia di parrocchie sostenute dalle diocesi europee e nord americane. Con questa osservazione, non escludo assolutamente la pregevole opera umanitaria di svariate Onlus e Fondazioni che realizzano innovativi progetti di solidarietà. Ma accanto a queste non possiamo ignorare altre che esigono come compensa a sussidi economici, la pianificazione di politiche famigliari che comprendano contraccezione e aborto. Fatto condannato anche da papa Francesco: “non mancano pressioni internazionali sui Paesi in via di sviluppo che condizionano gli aiuti economici a determinate politiche di ‘salute riproduttiva’ ”(Laudato sì, n. 50). Una metodologia ritenuta dal Pontefice retrograde: “non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana” (Evangelii gaudium, n. 214). E chi di noi non conosce degli eroi che stanno donando totalmente e gratuitamente la loro vita per queste popolazioni?
San Paolo osservava che sperimentiamo “più gioia nel donare che nel riceve” (cfr At. 20,35). Ha perfettamente ragione, ma ogni nostra donazione deve raggiungere precise finalità. Per questo è opportuno documentarci e conoscere le persone e le organizzazioni cui offriamo i nostri sacrifici.
Don Gian Maria Comolli