“Pene nero” (Black dick): questa potrebbe essere la sintesi del 16° festival gender che si abbatterà sulla città Felsinea dal prossimo 24 ottobre al 3 novembre.
Cosa contiene questo “festival internazionale che presenta i prodotti dalla cultura contemporanea”? Di oltre 100 eventi, l’85% ha evidenti scopi di propaganda LGBT, mentre i restanti potrebbero essere classificati come “arte strampalata”. Un esempio? L’evento teatrale “Welcome to the caos”, così presentato: «un viaggio di improvvisazione guidata: da yoga a immagini di cemento, pavoni bianchi, miele di Manuka, magma e caos».
La maggioranza della propaganda LGBT si concentra quest’anno su due temi: un ritorno al femminismo e il transessualismo, con 11 eventi ciascuno. Del primo gruppo è emblematico lo spettacolo “Hope Hunt”, che «smonta lo stereotipo del maschio della classe operaia». Per i trans è difficile scegliere: si va dal film “El diablo es magnífico”, che narra gli incontri, gli amori, il sesso di una giovane transessuale cilena, a “Girl”, dove un 15enne si sente donna… e ovviamente tutti gli dicono di prendere ormoni facendogli credere di poter cambiare sesso.
Non mancano le consuete irrisioni della religione, come ad esempio lo spettacolo di danza “Love souvenir”, in cui un ballerino con parrucca interpreta una Santa Maria Maddalena transessuale. Danzante è anche il sadomaso, con “Sin” (peccato) che propone un incontro casuale in una balera tra due sconosciuti: dominio e sottomissione gay, sul ritmo travolgente del tango.
Attualità? promo dell’utero in affitto nel film “Diane a les épaules” la cui protagonista non vuole figli, ma accetta di portare in grembo quello dei suoi amici gay Thomas e Jacques. Il gender diktat è proposto a teatro: “Non normale, non rassicurante”, in cui un neo-colonialismo socialista dovrebbe omologare la legislazione africana (bollata come omofoba) agli standard “democratici”. Infine, l’ultima perversione delle varianti gender: “Ni d’Ève, ni d’Adam. Une histoire intersexe”, un film che propone persone “intersessuali”, che credono cioè di esser portatrici di una variazione biologica dei caratteri sessuali che rende impossibile definirle univocamente maschi o femmine.
Va sottolineato l’enorme sforzo organizzativo compiuto dal cassero Lgbt center, che ha coinvolto oltre 20 tra cinema, teatri, sale universitarie, immobili artistici. Così, il costosissimo Museo di Arte Moderna bolognese, finisce per ospitare “Dans for satan” e – per ben otto giorni – la mostra del fumetto “Io sono Mare”, che espone il «viaggio fantastico di una bambina per riflettere sulle tematiche dell’identità e della scoperta di sé, sui desideri e sulle emozioni».
Chi paga questa imponente campagna propagandistica? Il Comune di Bologna (a guida Partito Democratico) finanzia – direttamente o indirettamente – ben 58 eventi su circa 100. La Regione (anch’essa PD) 40 eventi. Seguono il colosso della distribuzione Coop Alleanza 3.0, due Fondazioni bancarie facenti capo a Unicredit e Intesa, Unipol, Granarolo e altri. Purtroppo, una menzione particolare va al Ministero per i Beni Culturali (Governo del cambiamento?) con 14 eventi.
David Botti
14 ottobre 2018