Donna cresciuta negli anni Sessanta: «Torno a figli, casa e chiesa»

By 7 Novembre 2018Testimoni

Una donna tedesca, Maike Hickson, ha scritto una lettera indirizzata alla generazione degli anni Sessanta tedesca (ma il discorso è estendibile a tutto il mondo). È infatti questa la generazione che si è rivoltata contro quanto era consolidato, contro l’autorità, contro la morale religiosa… in definitiva, contro ogni regola. Ed è da questa impostazione che discendono le battaglie femministe per l’aborto e per il divorzio, così come il lassismo educativo, il relativismo morale, l’accettazione della droga e via discorrendo.

A pagare le spese di questa rivoluzione culturale siamo tutti noi, ma forse la generazione più direttamente coinvolta è stata quella degli anni Settanta, i figli di queste “menti rivoluzionarie”. Tra questi rientra appunto la Hickson, nata nel 1972.

«Perché da donna sono tornata ai bambini, alla cucina, alla Chiesa»

La Hickson inizia con la constatazione che, dopo 50 anni, è ora di lasciarsi alle spalle la smania di combattere la “società borghese”. Quindi si mette nei panni di coloro che nel Sessantotto erano giovani: «So che tu stesso non hai avuto una giovinezza facile. Nati in tempo di guerra, o poco più tardi, molti di voi hanno conosciuto la fame che noi, come i vostri figli, non avremmo mai sperimentato. Ma eravamo affamati di qualcos’altro che ci avete tolto, anche quando non era necessario: protezione e sicurezza, famiglia, educazione, cultura e, soprattutto, la fede cristiana. Tutto questo a te è stato dato, anche se la guerra aveva lasciato enormi lacune. La maggior parte dei vostri genitori è rimasta fedele l’uno all’altro, anche i loro genitori. Non hanno gravato su di te – né sui loro genitori – con le loro scappatelle egoistiche, sulla scia delle quali nulla è rimasto insieme».

Poi, con il cosiddetto “progresso”, tutto questo è cambiato: ogni stabilità è venuta meno e, probabilmente senza rendersene conto fino in fondo, si sono distrutte molte vite, in senso fisico e psicologico.

Continua la donna: «E i tuoi figli? Quanti divorzi hanno già attraversato? Riesci ancora a ricordare chi è attualmente il partner di chi e da chi nasce chi, dei tuoi nipoti? Hai abbattuto una diga che esisteva da secoli, e ora l’acqua scorre ovunque, spietatamente. Hai deriso la vecchia morale sessuale e ti sei liberato da essa, e con essa anche da quel Dio che l’ha istituita, senza che tu nemmeno capissi o cercassi di capire ciò che forse era giusto, buono ed edificante in essa. Oggi, tu ti lamenti che le donne siano state degradate a oggetti di piacere sessuale, ma sei stato tu a strappare il manto protettivo della donna. Hai turbato i tuoi figli già in tenera età con questi argomenti, anche se non era di loro interesse, e così hai tolto loro la loro ingenuità e innocenza. Voi donne del 1968 siete state le prime, dopotutto, a spogliarvi».

Figli che, dal marasma del cambiamento, ne sono usciti indeboliti nell’intimo, fragili, manipolabili proprio perché privi di punti di riferimento cui ancorarsi.

Di fronte a questa deriva antropologica, perché di questo si sta parlando, occorre mettere in atto un’azione opposta, di ritorno al positivo che c’era un tempo. Senza nostalgia, senza pretese assurde, ma semplicemente per una consapevolezza maturata nell’esperienza. Ma tutto questo non è facile, ammette l’autrice: «Ora siamo qui, uomini e donne infranti con una felicità spezzata, non più pronti per le tempeste del nostro tempo e non ben equipaggiati per resistere ai sofisticati manipolatori di oggi. Dopotutto, siamo ancora troppo occupati a leccarci le nostre stesse ferite e a ravviarci i capelli arruffati; siamo occupati con le famiglie separate, il cibo malsano e il fast food che rende i bambini sovrappeso e malati; con lotte per l’assegno di mantenimento dei figli; con gelosie e desideri».

Occorre tornare alle “3 k”: Kinder («Non c’è nulla di più dignitoso e bello che aiutare una giovane vita a crescere, a prosperare e ad essere felice», scrive la Hickson), Kueche, Kirche, ossia: bambini, cucina, chiesa.

E questo perché «l’umanità inizia nelle piccole cose. E richiede la lealtà. Un uomo che non è leale nei confronti di se stesso e degli altri non può essere convincente, ma sembra sempre essere solo egoista. Solo nel sacrificio di sé e nella perseveranza vengono create grandi cose, come si può vedere nei grandi artisti. Il tiepido, a lungo andare, non attrae. Inoltre non porta buoni frutti. Per produrre buoni frutti, abbiamo bisogno di uno standard più elevato, qualcosa che ci trascini in alto e che non ci degradi in scimmie».

Occorre insomma puntare in alto, al bello e al buono (che, per chi crede, possono anche avere la lettera maiuscola).

La Hickson conclude quindi con un appello: «Dovresti aver realizzato, dopo tutto, che i tuoi sogni e le rivolte erano illusioni e che hanno creato solo danni, ma non è troppo tardi. Di sicuro, in molti di voi c’erano molte buone intenzioni. Ma si può sempre voltare pagina e correggere pubblicamente ciò che si è difeso una volta. Anche se ora è forse troppo tardi per parlarne con i tuoi genitori, con i tuoi figli puoi ancora parlare e scusarti con loro. Si può sempre dire la verità, anche quando fa male. Ma devi aspettarti che anche tu, quando lo fai pubblicamente, venga trascinato nel fango. Questo è, dopotutto, il mondo migliore della generazione del 1968, come l’hai creato. Ma, proprio come te l’aspettavi una volta dai tuoi stessi genitori, ora sei anche chiamato a offrire resistenza – anche se è diretta contro te stesso!».

Teresa Moro

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