Secondo mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, sui temi morali i giovani non cercano concessioni ma spiegazioni fondate sulla Parola.
“Sono stato molto contento di queste settimane perché mi hanno permesso di entrare in contatto con esperienze di Chiesa di tutto il mondo. Ho capito che il mio sguardo di pastore italiano e europeo debba assolutamente essere integrato con le esperienze ricchissime, belle e, purtroppo, spesso drammatiche di tanti altri paesi dove vive e opera la Chiesa”. Mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, racconta, ai microfoni di Radio Vaticana Italia, la sua esperienza al Sinodo dei vescovi.
Un cuore allargato
“Quest’incontro con vescovi di tutto il mondo – racconta – mi ha veramente arricchito e anche allargato il cuore, facendomi sentire parte di una Chiesa ampia, universale. Forse mi aiuta anche a ripensare alla nostra missione: anche se viviamo in luogo – io vivo a Padova – il nostro cuore deve essere legato e aperto ai problemi di tutto il mondo”.
Una missione da svolgere ‘insieme’
“Il tema centrale di questo Sinodo, emerso da queste settimane di lavoro, mi sembra sia quello di una Chiesa che deve avere un volto rinnovato per poter essere attraente anche per le nuove generazioni”, spiega il presule italiano. “Non debbono esserci separazioni fra generazioni perché abbiamo una missione che va condivisa. Quando di parla di annuncio del Vangelo, giovani, adulti e anziani sono egualmente destinatari di un mandato che viene dal Vangelo stesso: e lo sono ‘insieme’, insieme’ dobbiamo realizzare questa missione”.
La fortuna di aver anticipato il Sinodo
“Io sono stato veramente fortunato – confida mons. Cipolla – perché, prima che il Papa indicesse questo Sinodo, alla Giornata mondiale della gioventù di Cracovia avevo annunciato che chiedevo alla mia diocesi un Sinodo fatto dai giovani”. “Quindi, cinquemila giovani della diocesi dio Padova, proprio a partire da quell’esperienza dell’estate del 2016, si sono ritrovati in gruppetti da dieci, hanno lavorato per molto tempo e hanno consegnato tutto questo materiale a un’assemblea sinodale fatta esclusivamente da giovani”. “Ne è nata – racconta il vescovo – una lettera rivolta agli adulti che mi hanno consegnato e che è stata la base da cui sono partito per mettermi in ascolto e poi portare il mio contributo al Sinodo dei vescovi”. “È stata un’esperienza molto bella che mi ha confermato che nella Chiesa i giovani, se sappiamo fargli spazio, ci sono ancora. Aspettano solo che noi adulti ci mostriamo credibili e disponibili, appunto, a rendere anche loro protagonisti”.
Sulla morale i giovani chiedono di capire
“È vero che, fin dal pre-Sinodo, i giovani hanno chiesto che la Chiesa sia più relazionale, aperta e accogliente. Ma non credo che ciò significhi che ci chiedano, per esempio, delle concessioni sui temi della morale familiare”, commenta poi il vescovo di Padova. “Certo, questo è un tema che è ancora aperto: su cui né giovani, né adulti hanno – secondo me – le idee chiare. L’esigenza che si sente ormai è quella di tornare alla fonte. Secondo me i ragazzi, i giovani, non chiedono concessioni: chiedono di capire. Di poter andare in profondità”. “Se noi smettiamo di fondare il nostro annuncio sul Vangelo credo che perdiamo il senso del nostro esistere”, afferma mons. Cipolla. “La mia sensazione è che anche su questi temi così delicati i giovani sanno essere anche più esigenti di noi. È probabile però che non ci ritengano sufficientemente autorevoli o credibili quando diciamo certe cose. Sembra che le diciamo più per dovere, come adulti che hanno il compito di fare sì che i giovani si comportino bene, mentre poi siamo noi i primi ad andare su altre strade”.
Vogliono radicalità da noi adulti
“Le domande più radicali i giovani le rivolgono alla Chiesa degli adulti: quanto sappiamo essere poveri? Quanto sappiamo essere rispettosi della morale sessuale? Quanto riusciamo ad avere una visione del bene realmente radicata nel Vangelo?”. “Se su questi temi riusciremo ad andare in profondità – conclude mons. Cipolla – i giovani verranno con noi e saranno loro ad insegnarci qualcosa”.
Fabio Colagrande
VaticanNews, 22 ottobre 2018