San Paolo VI all’inizio del numero 14 di Humanae vitae afferma: “…dobbiamo ancora una volta dichiarare che è assolutamente da escludere, come via lecita per la regolazione delle nascite, l’interruzione diretta del processo generativo già iniziato…”.
La volta scorsa abbiamo commentato il “Norlevo”, una delle “pillole abortive” più comuni, oggi ci soffermeremo sulla sua sorella: l’ElleOne, convinti che il principio del Pontefice dopo cinquant’anni ha sempre lo stesso valore e significato.
“ELLEONE” O “PILLOLA DEI CINQUE GIORNI”
Negli Stati Uniti, la “Food and Drug Administration” (FDA), autorizzò nel 2008 la commercializzazione di un nuovo “contraccettivo di emergenza” a lunga durata di azione, composto da ulipristal acetato (Ella).
Nel bugiardino, descrivendo gli effetti del farmaco, si afferma che la pillola “è un contraccettivo destinato a prevenire la gravidanza dopo un rapporto sessuale non protetto o in caso di mancato funzionamento di un metodo anticoncezionale”(1). Di parere opposto è il ginecologo e bioeticista R. Puccetti. “Questo farmaco non è un contraccettivo d’emergenza, è un abortivo. E’ in grado di modificare l’endometrio rendendo impossibile l’annidamento dell’ovulo fecondato. Se a livello scientifico è ancora dibattuto l’effetto antinidatorio della ‘pillola del giorno dopo’, la potenzialità abortiva di EllaOne è certa”.
ElleOne è composta da “Ulipristal Acetato”, una molecola della famiglia dei “Selective Progesterone Receptor Modulator”(SPRM), i modulatori selettivi del recettore progestinico, cioè la stessa classe a cui appartiene anche il “Mifepristone”, la prima pillola del processo RU 486. L’ “Ulipristal Acetato” e il “Mifepristone” presentano notevoli analogie sia strutturali, essendo la loro formazione chimica pressoché sovrapponibile, sia funzionale, condividendo uno spiccato effetto antiprogestinico (3).
Dunque, EllaOne, assunta nel periodo fertile, inibisce o ritarda l’ovulazione in una percentuale di casi inferiore al 60%; ciò significa che in oltre il 40% dei casi la donna ovula e potrebbe concepire.
In Europa il farmaco fu approvato nel maggio 2009 dall’ “Agenzia Europea per i Farmaci” (EMEA ora EMA) che lo commercializzò con il nome di EllaOne (HRA Pharma), invitando i medici alla prudenza nella prescrizione.
Nel gennaio 2015, su richiesta della Ditta produttrice, l’EMA sdoganò il prodotto insieme al Norlevo a “farmaco da banco” acquistabile da maggiorenni senza prescrizione medica. Anche l’AIFA, si adeguò agli altri Paesi nel marzo 2015 per ElleOne e nel marzo 2016 per il Norlevo pur potendo opporsi al diktat europeo, ignorando totalmente l’avvertimento di “non cedere sull’obbligo della ricetta” emesso dal Consiglio Superiore di Sanità a seguito delle richieste di approfondimento tecnico sollecitato dal Ministro della Salute.
Non possiamo inoltre scordare l’enorme giro di affari, facilmente calcolabile, che ruota attorno alla ElleOne e al Norlevo. Ogni confezione di ElleOne costa 26,90 euro, ciò significa che l’introito per RHA Pharma (che copre il 95% del mercato nazionale), nel 2017 fu di 5.099.944 euro. Mentre quello per il Norlevo di 5.777.910 euro.
LA TESTIMONIANZA DI BEATRICE
“Leggendo alcuni forum in internet, frequentati soprattutto da ragazze, sono rimasta stupita nel costatare come sia pieno di giovani che assumono la ‘pillola del giorno dopo’ come se fosse una caramella. Ho letto di una che l’ha presa già per la seconda volta in tre mesi. Io resto senza parole… Grandi per fare sesso, ma con il cervello piccolo piccolo… Innanzitutto perché non usano le precauzioni, secondo perché assumono farmaci senza pensare a quello che comporta per il loro corpo, e terzo perché se sono incinte allora esce la storia ‘Ma sono troppo giovane…’, e non si assumono le loro responsabilità. Mentre lo facevi non eri troppo giovane? Io non giudico nessuno, ma secondo me c’è qualcosa che non va nei ragazzi di oggi (non che abbia chissà che età). Io prima di avere rapporti mi sono sempre tutelata per non trovarmi in certe situazioni! Prima la testa e poi il resto…! Se non si vuole rischiare, se quella sera non puoi, non muore nessuno. Anch’io ho fatto il mio percorso, mi sono laureata, ma se fosse arrivato un bambino mi sarei assunta le mie responsabilità. Abortire ti distrugge psicologicamente, e se hai un po’ di buon senso capisci che ci vogliono anni per riprendersi”(4).
Il pericolo maggiore è che adolescenti e giovani che Beatrice definiva: “grandi per fare sesso, ma con il cervello piccolo piccolo…”, utilizzino questi prodotti come sostitutivi della pillola anticoncezionale o del preservativo con tutte le conseguenze che ne derivano.
Un percorso per interrompere questo nocivo crinale sta nell’intervento delle famiglie che devono educare i figli a vivere positivamente le relazioni con l’altro sesso mostrando il valore e la bellezza dell’affettività. E’ inoltre impellente l’impegno degli operatori sanitari a formare le acquirenti “delle pillole”, presentando la realtà scientifica e il pericoloso meccanismo d’azione di questi medicinali. Ma quello che dovrebbe essere un “dovere professionale”, nel nostro Paese è ritenuto “un reato”, come è accaduto a Margherita Ulisse, in servizio presso il pronto soccorso dell’ospedale di Voghera che nell’ottobre 2014 chiarì a due adolescenti i danni fisici della “pillola del giorno dopo”. Fu sospesa dall’Ente per l’illecito commesso.
Alcuni affermano: “Più pillole, meno aborti”. Osservazione che non condividiamo poiché “non si può compiere il male per ottenere il bene”.
Noi riteniamo doveroso, come già affermato, anche se quello affermato fin qui fossero ipotesi o supposizioni, l’obbligo di procedere con la massima “cautela” e “precauzione”, seguendo la via più sicura e meno dannosa; l’unica scelta di fronte ad ogni dubbio soprattutto quando è il “gioco” la vita.
Questa affermazione di C. Casini riassume quello che abbiamo illustrato.
“Nel dubbio sulla vita bisogna scegliere la vita umana, cioè bisogna comportarsi come se la vita ci fosse fino a che non è rimosso l’ultimo dubbio. Quando avviene una catastrofe, un terremoto, un naufragio, una valanga, la ricerca dei naufraghi, dei sepolti dalle macerie e dei dispersi deve continuare finché resiste il dubbio che qualcuno possa essere ancora in vita. Perciò il principio di precauzione risponde a coloro che dicono: ‘sull’inizio della vita umana alcuni la pensano in un modo e altri in altri. Lasciamo liberi tutti di comportarsi secondo coscienza e non imponiamo per legge un certo comportamento a tutti’. In realtà è proprio questo ragionamento che impone a tutti ciò che alcuni pensano. Infatti quando si stanno svolgendo operazioni di ricerca dei dispersi e qualcuno pensa che siano tutti morti (cioè che non vi siano individui viventi) non per questo la collettività deve decidere di sospendere le ricerche. Ciò corrisponde alla accettazione collettiva (di tutti) di una opinione che è soltanto di alcuni. Ciascuno può decidere in coscienza per se stesso, ma non per gli altri. Il dubbio sull’esistenza di un altro non riguarda se stessi. La collettività, dunque, anche se fosse vero, il che non è, che vi è un dubbio sull’inizio della vita umana, dovrebbe affermare in linea pratica l’esistenza dell’uomo” (5).
Don Gian Maria Comolli
(5 contnua)
NOTE
(1) Documento reso disponibile dall’AIFA il 1 dicembre 2017.
(2) Avvenire, 1 marzo 2012, pg. 1.
(3) Cfr. B. Mozzanega, Mifepristone e Ulipristal Acetato: gemelli diversi? in Newsletter di Scienza & Vita, marzo 2012, n. 55, pp. 15-16.
(4) Dal Forum: Al femminile
(5) C. Casini, Uno di noi. La prima iniziativa dei cittadini europei, Cantagalli, Siena 2014, pg. 37.