“Allora forse la Ministra si renderà conto che il rischio di vedere sparire la sanità pubblica, non è certo dovuto alla quota 100 applicata ai medici. A ‘mettere in ginocchio’ il Ssn sarà piuttosto l’impossibilità di smantellare il sistema corruttivo, lo spreco delle risorse sacrificate sull’altare del nepotismo, il continuare a non considerare la sanità privata non profit convenzionata come parte del Ssn”. Così il presidente Aris, Padre Virginio Bebber.
“La Ministra della salute Giulia Grillo, intervistata per la rubrica televisiva Night Tabloid ha annunciato lo stanziamento di 4,5 miliardi di euro per la sanità per il prossimo triennio. Quanto a quello che succederà nell’immediato è stata abbastanza vaga: ‘Per quest’anno stiamo cercando delle risorse aggiuntive’.
Ha comunque assicurato che non ci saranno altri tagli e che addirittura si cercherà di ‘abolire o comunque ridurre un ostacolo all’accesso alle cure sanitarie che è il superticket’, un deterrente per i cittadini ‘per l’uso della sanità pubblica’ che finisce per essere, secondo la Ministra, un favoritismo per la sanità privata. E fa male la ministra a non specificare a quale sanità privata sarebbero rivolti questi favoritismi, perché, per esempio e per guardare solo in casa nostra, alle nostre istituzioni la presenza o meno dei ticket e dei superticket non sposta una virgola”.
Così il Presidente dell’Associazione che riunisce le strutture socio sanitarie religiose (Aris), Padre Virginio Bebber, commenta le dichiarazioni della ministra della Salute.
“Le nostre istituzioni – sebbene siano gestite da enti e congregazioni religiose – sono, a tutti gli effetti, equiparate al pubblico. Anzi svolgono, per legge, un servizio pubblico e alle stesse condizioni delle strutture pubbliche. Ma certamente non godono delle stesse garanzie del pubblico – tipo il finanziamento per il rinnovo dei contratti – di cui invece dovrebbero, sempre per legge, godere. Soprattutto non usufruiscono di quei famigerati ‘ripiani di fine esercizio’ di cui godono le strutture pubbliche e che, alla fine dei conti, sono la causa vera della disastrosa situazione del sistema sanità del Paese poiché vanno a coprire, il più delle volte, buchi creati da corruzione e malasanità”, prosegue il presidente Aris.
“Dunque ben venga l’abolizione di tickets e supertickets. Ma sarebbe forse opportuno anche prendere coscienza del fatto che, se è veramente il bene del cittadino che si cerca, invece di soffermarsi a recriminare sulla presenza del privato in sanità e farne quasi il motivo del disastro del sistema, sarebbe forse più opportuno chiamare ad un tavolo i rappresentanti della sanità convenzionata non profit (le strutture Aris per esempio), – si potrebbero coinvolgere anche quelli della sanità convenzionata riuniti nell’Aiop – e provare a mettere insieme un progetto comune per eliminare liste d’attesa e per favorire l’accesso di tutti i cittadine alle cure.
“Se invece si ritiene di poter fare a meno delle nostre 230 strutture – sempre per rimanere solo in casa nostra – dei nostri 26 Istituti scientifici, degli oltre 130 Centri di riabilitazione, dei 33 mila posti letto, delle prestazioni ambulatoriali erogate a milioni ogni anno e tutto a regime di convenzione, cioè agli stessi costi del pubblico, basta farlo sapere. Allora forse la Ministra si renderebbe conto che il rischio che si corre, cioè vedere sparire la sanità pubblica, non è certo dovuto alla quota 100 applicata ai medici”.
“A ‘mettere in ginocchio il sistema sanitario nazionale’ non saranno certo pochi medici pensionati che andranno – dopo almeno due anni – a lavorare nelle cliniche private. Sarà piuttosto l’impossibilità di smantellare il sistema corruttivo che avvilisce la sanità italiana, lo spreco delle risorse sacrificate sull’altare di un mai sopito nepotismo, il continuare a non considerare la sanità privata non profit convenzionata come effettiva parte integrante del sistema sanitario nazionale, pertanto degna di essere doverosamente supportata proprio per il riconosciuto servizio pubblico che rende. E sono già tante, tantissime le strutture che hanno dovuto chiudere i battenti proprio per questa mancata attenzione da parte di chi è deputato a far rispettare quanto stabilito dalle leggi dello Stato. Con l’unico risultato di aver così sottratto possibilità di assistenza a gente malata e conseguente inevitabile allungamento delle liste d’attesa”, conclude Padre Virginio Bebber.
31 ottobre 2018
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