Presentato a Roma il Rapporto dell’organizzazione che dal 2000 raccoglie farmaci per donarli ad oltre 1.700 enti assistenziali. Per le aziende produttrici “la donazione di medicinali non dovrebbe più essere un’eccezione, ma parte del proprio modello di sviluppo destinato al bene di tutti”, dice il presidente Daniotti.
Sono diversi i volti della povertà che ormai emerge in modo sempre più prepotente nel nostro Paese e morde fasce sempre più ampie di popolazione.Il 13 novembre, alla vigilia della seconda Giornata mondiale dei poveri istituita da Papa Francesco alla fine del Giubileo della misericordia e che si celebrerà domenica prossima, a Roma si è parlato di povertà sanitaria. Occasione, la presentazione nella sede dell’ Aifa del Rapporto 2018 “Donare per curare: Povertà sanitaria e donazione farmaci,” promosso dalla Fondazione Banco Farmaceutico onlus e BFResearch, e realizzato dall’Osservatorio donazione farmaci (Odf – organo scientifico Banco farmaceutico). Un quadro desolante: nel 2018 non si sono potuti permettere le cure mediche e i farmaci di cui avevano bisogno 539mila poveri.
Si tratta mediamente del 10,7% dei poveri assoluti italiani. La richiesta di farmaci (993mila nel 2018) è aumentata del 22% nel quinquennio 2013-2018: soprattutto medicine per il sistema nervoso, l’apparato muscolo-scheletrico, il tratto alimentare e metabolico e l’apparato respiratorio.
Tuttavia, se i poveri spendono per la salute un quinto dei non indigenti, finiscono per avere più bisogno di farmaci perché fanno meno prevenzione.
E devono sperare di non avere bisogno del dentista per il quale non possono spendere più di 2,35 euro al mese, un decimo del resto della popolazione. Non a caso la cattiva condizione del cavo orale è diventata, si legge nel Rapporto, “un indicatore dello stato di povertà economica e culturale”.
Anche quest’anno più 13 milioni di persone hanno limitato le spese per visite e accertamenti.
Il vero paradosso, spiega il Rapporto, è la progressiva divaricazione tra spesa pubblica (in riduzione) e privata (in aumento). In particolare, la quota di spesa per assistenza farmaceutica non sostenuta dal Ssn e a carico totale delle famiglie sfiora il record storico, passando al 40,6% rispetto al 37,3% dell’anno precedente.
“Nel 2017 i morti, in Italia, sono stati 649mila, 34mila in più rispetto al 2016”, ricorda Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’Università Milano Bicocca e membro del comitato tecnico-scientifico Odf, sottolineando la pericolosità del connubio malessere economico-debolezza del sistema socio-sanitario. “Il picco di mortalità – avverte – dipende dalle fragilità sempre più emergenti. Iniziative come quella del Banco farmaceutico sostengono queste fragilità”. A definire il Banco “un importante tassello del mosaico dell’accesso ai farmaci” è il padrone di casa e direttore generale dell’Aifa, Luca Li Bassi.
“Il bisogno terapeutico è uguale per tutti i cittadini e non può conoscere limitazioni”, afferma. Per questo occorre “realizzare sinergie tra le istituzioni, gli enti no profit e l’intera filiera del farmaco con l’obiettivo di eliminare quelle barriere socio-economiche, culturali e geografiche che possono ostacolare l’accesso alle terapie”. Sulla stessa linea Maria Chiara Gadda, promotrice dell’omonima legge n.166/2016 sulla donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e contro gli sprechi: “Per rispondere al bisogno è importante la collaborazione di tutti i settori”. La politica, da parte sua, “contribuisce con leggi giuste”.
Per il presidente del Banco Sergio Daniotti, “sono davvero troppe le persone che non hanno un reddito sufficiente a permettersi il minimo indispensabile per sopravvivere”, e i dati resi noti oggi “dimostrano che il fenomeno si è sostanzialmente consolidato nel tempo e che, prevedibilmente, non è destinato a diminuire sensibilmente nei prossimi anni”. Nel richiamare la “cultura del dono” che caratterizza il nostro Paese e si esprime in maniera particolarmente visibile durante la Giornata di raccolta del farmaco, quando centinaia di migliaia di cittadini donano un medicinale per chi è più sfortunato, Daniotti conclude: “La strada per cambiare le cose è che quella cultura si diffonda sempre più anche tra le istituzioni e le aziende farmaceutiche e che quest’ultime inizino a contemplare la donazione non più come un’eccezione, ma come parte del proprio modello di sviluppo imprenditoriale destinato al bene di tutta la comunità”.
Giovanna Pasqualin Traversa
13 novembre 2018