Giorno dopo giorno il “linguaggio della rete” è in costante peggioramento. Le frasi oltraggiose e aggressive nei confronti della cooperatrice umanitaria Silvia Romano rapita in Kenya dove si era recata per accudire ed educare i bambini orfani di quel Paese o la derisione sui social del bambino partecipante alla trasmissione di Rai 3 “Alla lavagna” con la partecipazione di Matteo Salvini perché indossava una maglietta rossa e non sorrideva nella foto di gruppo, sono episodi che dovrebbero farci riflettere. E come dimenticare le frasi irripetibili rivolte all’emerito presidente della Repubblica Giorgio Napolitano operato d’urgenza al cuore nello scorso aprile o la gioia manifestata da alcuni animalisti per la morte di Fabrizio Frizzi, reo secondo loro di aver condotto per anni la maratona Theleton che raccogliendo fondi per la ricerca incrementava la sperimentazione clinica sugli animali (fatto tutto da dimostrare).
Si ha l’impressione che molti dovendo nella quotidianità subire le angherie dei superiori e dei colleghi arrivisti come il mitico “ragionier Fantozzi”, usino il web come strumento di sfogo istintivo e irrazionale con insulti, offese, oltraggi e villanie, magari nascondendosi dietro l’anonimato poiché “pecore sono e pecore restano”.
Da qui l’impegno delle persone oneste intellettualmente e moralmente ad emarginare questi “provocatori” e soprattutto a promuovere anche sulla “rete” la cultura del rispetto, del dialogo e dell’amicizia.
Chi produce e diffonde contenuti deve rispettare la dignità e il valore di ogni persona evitando la condivisione di parole e di immagini degradanti che alimentano l’odio e l’intolleranza nei confronti di coloro che in quel momento sono fragili, deboli e indifesi. Per questo, la nostra presenza in internet, deve assumere anche il ruolo di coscienza critica e di denuncia.
Gli incontri nel “cyberspazio” consentono la conoscenza tra persone di varie culture, idee, religioni e Paesi. Di conseguenza, il dialogo, assume un ruolo primario poiché permette di incontrarsi e di conoscere i valori, il pensiero e le vedute altrui. E, perché questo sia fruttuoso richiede forme oneste e corrette di espressione insieme ad un ascolto attento e rispettoso. Il dialogo dev’essere radicato in una ricerca sincera e reciproca della verità, del bene e del bello. Un dialogo, è autentico e profondo, quando giunge ad uno “scambio di sentimenti” poiché, solamente a questo livello, comprendiamo l’altro e la sua interiorità. Infine, anche i dialoghi “in rete” dovrebbero far crescere l’ amicizia, un grande bene umano e uno dei benefici maggiori dell’ esistenza dell’uomo poiché favorisce la crescita umana e spirituale. Di conseguenza, dobbiamo superare il rischio della banalizzazione di questo sentimento, e volgendoci a quella online, dobbiamo porre attenzione affinché non elimini o sostituisca quella quotidiana con le con le persone con cui viviamo in famiglia, a scuola, sul lavoro, nel contesto societario o nel tempo libero, poiché quando il desiderio di connessione virtuale diventa ossessivo, la conseguenza è che la persona si isola, interrompendo la reale interazione sociale. E, la logica conseguenza, sono le aberrazioni citate in precedenza.
Navigando in Rete, costatiamo l’esigenza che le persone avvertono di implementare la comunicazione. Impegniamoci, quindi, affinché questa comunicazione divenga per tutti un’opportunità e un’ occasione di crescita.
Don Gian Maria Comolli
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