Nelle Gallerie d’Italia i pazienti dei dipartimenti di salute mentale raccontano i quadri ai visitatori. Parlano i «ciceroni» speciali che propongono anche visite alla scoperta della città nascosta.
«Scusate, volete che vi spieghi il quadro?». Con il volto raggiante incastonato dagli occhialetti e con fare gentile, Anton Giulio Messina si avvicina al gruppetto di visitatori che stanno ammirando la tela con la “Veduta della chiesa di San Marco a Milano” del pittore ottocentesco Luigi Bisi. E appena si sente rispondere “sì”, comincia la sua lezione in cui pillole d’arte, aneddoti e rimandi alla storia si intrecciano in un racconto accattivante e simpatico. Anton Giulio Messina è segnato dal disagio psichico, ma nessuno lo direbbe. Coinvolto com’è nella narrazione del dipinto. «A San Marco c’era anche il ponte dei suicidi… E lo dico io che ho qualche qualche problema», scherza. «Per anni non ho mai parlato con nessuno», confida. Oggi è uno dei ciceroni “speciali” delle Gallerie d’Italia, il polo culturale di Intesa Sanpaolo nel cuore di Milano. Speciali – come li definisce il coordinatore delle Gallerie, Giovanni Morale – perché presi in prestito dai dipartimenti di salute mentale della città e trasformati dopo un percorso di formazione in “steward” dell’arte. Ogni prima domenica del mese, quando i musei di tutta la Penisola sono gratuiti, arrivano nel palazzo in piazza Scala e si posizionano accanto all’opera che hanno scelto e studiato; poi la commentano ogni qual volta il pubblico lo desidera.
«Il museo è un luogo dell’essere – spiega Morale –. E la bellezza fa star bene: lo hanno mostrato anche i medici canadesi che hanno prescritto ai loro pazienti visite ai musei. Ecco le nostre Gallerie vogliono essere un luogo d’incontro fra esperienze di vita, comprese quelle marcate dalle fragilità». Da qui l’idea di aprire il complesso espositivo anche a coloro che hanno disturbi psichici, coinvolgendoli in prima persona nelle vesti di “facilitatori arte-salute”, come vengono definiti con vocaboli di stampo un po’ burocratico. Ma loro non hanno nulla di pedissequo o impersonale. Anzi, sono preparatissimi. Perché prima di incontrare i visitatori seguono il corso “Affetti-effetti dell’arte” nell’ambito di un programma innovativo regionale di Fatebenefratelli-Sacco sull’integrazione lavorativa dei pazienti psichiatrici. Il corso è organizzato da Art Up, l’associazione nata due anni fa sulla scia del progetto che aveva visto debuttare al Museo del Novecento le prime “guide” affette da problemi della mente. Adesso quell’esperienza è stata accolta dalle Gallerie d’Italia. Ed è riassunta nello slogan “Hai paura della follia? Noi parliamo di arte”.
«La via della bellezza – sottolinea Elisabetta Franciosi, una delle psicanaliste attive nell’associazione – aiuta i pazienti a stare nel mondo. Di fatto favorisce l’inclusione sociale e l’autonomia che è uno degli obiettivi dell’iniziativa. L’altro è avvicinare il cittadino al disagio mentale che continua a far paura». Aggiunge Marina Panaro, anche lei psicanalista: «Ogni volta che ciascuno di loro entra nel museo non si sente un malato, ma una persona a pieno titolo». «Le Gallerie d’Italia – chiarisce Michele Coppola, direttore centrale arte, cultura e beni storici di Intesa Sanpaolo – intendono rendere accessibili a tutti il proprio patrimonio d’arte, con particolare attenzione alle fragilità. Ogni visitatore, con le proprie caratteristiche e capacità, dà vita a itinerari di lettura nuovi, originali, inaspettati delle opere. E le collezioni diventano strumento per esprimere la creatività e incentivare una maggiore integrazione». Sorride Anton Giulio che ha una laurea in scienze politiche. «Fin da ragazzo ho sempre coltivato la passione per l’arte e per la storia che mi hanno permesso di superare anche i momenti più bui». Una passione che ora può mettere a servizio della città oltre il tunnel dei traumi mentali.
Non solo le Gallerie d’Italia, comunque. I pazienti psichiatrici che vestono i panni di “tutor artistici” sono a disposizione di tutta la città di Milano. Come testimonia l’iniziativa «Tessiture inclusive» che ruota attorno alla visite guidate nei quartieri della metropoli tenute da loro. Negli scorsi fine settimana i “ciceroni” che arrivano dai dipartimenti di salute mentale hanno fatto scoprire angoli dimenticati di Gorla e via Padova oppure di Porta Genova e dei Navigli. Il progetto è voluto dal Comune di Milano nell’ambito del programma “Piano periferie” e vede in prima linea l’associazione Art Up che riunisce le guide con disagi psichici. «La cultura è integrazione e dialogo fra le diversità», spiega Barbara Garatti, tesoriera dell’associazione. Con una laurea in storia dell’arte, è una delle esperte che da sei anni apre i pazienti alla bellezza, li forma in modo attento e così li trasforma in “facilitatori arte-salute”. Dieci le lezioni di ogni ciclo. «Le prime sono metodologiche – racconta la vice-presidente dell’associazione, Giulia Bombelli, anche lei storica dell’arte –. Poi vengono presentate le opere al centro dei percorsi in incontri che coinvolgono anche i cittadini. Al termine c’è la prova di una visita guidata». Ed entrambe riferiscono: «Quando i malati si cimentano in queste esperienze, avvertono un cambiamento. Evolvono nel loro stato. E hanno una particolare sensibilità nell’entrare fra le pieghe di un’opera». Infine osservano: «Nell’incontro con la gente si frantuma lo stigma che spesso li marchia. E si realizza un arricchimento reciproco che è l’intento della nostra sfida». Le guide di Art Up possono essere “prenotate” da chiunque voglia organizzare un tour fra musei, chiese o angoli nascosti di Milano. Info su https://facilitatoriartup.wordpress.com ed e-mail facilitatoriartup@gmail.com.
Giacomo Gambassi
19 novembre 2018
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/malati-psichici-guide-nei-musei-a-milano