Il retroscena. I fuoriusciti: «Così M5s è ormai un’azienda-partito senza più anima»

By 10 Dicembre 2018Attualità

La trasformazione del Movimento nel racconto di Biondo e Canestrari: «La verità sulla piattaforma Rousseau, Grillo, la Raggi, Casalino… ».

Il Movimento 5 stelle? «È morto, nel suo spirito originario. Esiste solo un brand di successo. È un’azienda-partito – non un partito-azienda –, con lo statuto scritto nel 2017 da un avvocato come Lanzalone». Nicola Biondo è stato dal 2013 fino a luglio del 2014 a capo della comunicazione del gruppo M5s alla Camera («Non era più l’ambiente dove sentivo di voler crescere», dice ora). Conosce perciò bene dall’interno quel mondo. Oggi ripercorre le ultime vicende che stanno segnando M5s, a partire dalle minacce di espulsione per i dissidenti. «Gli eletti pentastellati sono come dei 25enni – afferma – che, dopo aver indossato a lungo la cintura di castità, sono liberati in una spiaggia naturista. Ci hanno messo molto poco ad assaggiare la torta. Gianroberto mi disse una volta: “Io sto umanizzando gli avatar”. Lo si vede ora: sono diventati la casta dell’anticasta, scalano i principi del Movimento, votano senza batter ciglio condoni e criticano chi quei principi cerca di rispettare. Io sarei finito dall’analista a comportarmi così».
Quel “mondo” Biondo lo ha descritto assieme a Marco Canestrari, per anni stretto collaboratore di Casaleggio senior, in un libro, Supernova.

Li incontriamo in Campidoglio, a un dibattito promosso dall’associazione SenzaBarcode, curiosamente nella sala detta del Carroccio (e concessa, viene detto, da Marcello De Vito, presidente del Consiglio capitolino). Viene a galla un fiume di esperienze e ricordi. A partire dai personaggi-principe di questa storia: Gianroberto Casaleggio e il figlio Davide. «La frase più incredibile di Gianroberto è: “Basta che lo credano”. Sottinteso: anche se non è vero. Me la disse riguardo alla penale per gli eletti. Lui è stato un cattivo maestro, in modo diverso dagli anni ’70, col suo voler essere un agitatore politico attraverso un blog: poteva essere uno strumento innovativo per affrontare i problemi, ha finito con l’essere solo un qualcosa che mette incredibilmente in connessione Di Battista e Putin. Con la sua durezza ideologica ha aperto la porta agli haters, lo si è visto quando fece pubblicare a Pietro Dettori sul blog di Grillo il post “cosa fareste in auto soli con la Boldrini?”, e uscì fuori di tutto. Di lui conservo però stima e affetto, non voglio dire altro perché oggi non può replicare. E non era nemmeno attaccato ai soldi».

Tutti i buchi della piattaforma Rousseau. «Una piattaforma efficiente? È una delle più ridicole che conosca – sostiene –. Per molto meno cresce il naso. Rousseau non è stato chiuso dal Garante della privacy solo perché stanno al governo, ma non è sufficientemente sicura per gli utenti. E vorrei che si chiedesse a Davide: lei si definisce un tecnico, ma perché ha incontrato Steve Bannon?».

C’era una volta il conflitto d’interessi. «Per 25 anni ci siamo rotti le scatole con il conflitto di Berlusconi, evidente, e ora non diciamo nulla su un imprenditore che ha messo nel cuore del governo un suo “procuratore”, Di Maio». Per Biondo, tuttavia, «bisogna intendersi: Casaleggio padre era un genio assoluto. Ha individuato un personaggio ruspante che potesse rappresentare certe tematiche. Poteva essere Antonio Di Pietro, cliente di Casaleggio ai tempi di Idv, alla fine fu Beppe Grillo. Era una figura perfetta: il comico cacciato dalla Rai, un cavallo di Troia per entrare dentro le istituzioni. Casaleggio ha messo su un blog, ha vincolato i candidati a impegnarsi – qualora eletti – a versare ogni mese 300 euro a Rousseau. E così ha scalato uno dei Paesi del G7. Ora, però, questa commistione fra interessi politici ed economici non è costituzionalmente sana».

Il “salva-Casaleggio”. Con questo sistema si realizzano «9 milioni di euro a legislatura – fa i calcoli Biondo – fra parlamentari e attivisti. Con una parte ci finanzia la Rousseau Open academy, che non si sa bene cosa sia. La difesa di Davide è che Rousseau, che non ha fini di lucro, e l’azienda sono realtà distinte. Ma chi ci crede? Per sanare il “buco” nella C. Associati ha trasferito un dipendente – Dettori – a Rousseau». Subentra Canestrari: «E ha fatto inserire il “salva-Casaleggio per mantenere il controllo su Rousseau», misure poi tolte ieri dal ddl anti-corruzione, dopo le polemiche. Quanto alle donazioni, riprende, «in passato apparivano decine di sigle L.P.: mi chiedo se celino il nome di Luca Parnasi, indagato insieme a Lanzalone. In manovra, poi, è entrato il fondo per il blockchain. Sono solo 45 milioni e Davide dice che non vi accederà. Ma non cresceranno le aziende che bussano alla Casaleggio Associati?».

A Roma governa Casaleggio, non Raggi «Smettete di prendervela con Virginia Raggi – quasi implora Biondo -. A Roma ha sempre governato il sistema Casaleggio. Io so che Casaleggio a novembre 2015 chiama Virginia e le chiede se vuole candidarsi. Il voto on-line è coreografia. E mi chiedo cosa sarebbe successo se Matteo Renzi avesse brigato per piazzare un suo Lanzalone al vertice di aziende».

«Il Movimento è la sua comunicazione». È un altro capitolo delicato. «È evidente che il Movimento è la sua comunicazione – dice sempre Biondo -. Il “Codice Rocco” (Casalino, il portavoce di Palazzo Chigi, ndr)? Esiste. Lui non fa male a fare quello che fa, il problema è che ci sono dipendenti, anche della tv pubblica, che glielo consentono di fare. Io e Canestrari siamo stati esclusi all’ultimo da programmi. C’è poi un errore grave che fa la comunicazione mainstream: uno come Di Battista si ignora, non gli si dà la prima pagina. Lui è un esibizionista, un parvenu: ricordo la volta che voleva convincere Gianroberto a farsi ricevere dal Papa perché “siamo i francescani della politica”. Io gli dissi: “A parte che il Papa non riceve gruppi politici, facciamo i francescani a migliaia di euro al mese di rimborsi?”».

La rete estera e il voltafaccia su Putin. «M5s ha bussato a molte porte diplomatiche. Quelle degli Usa, della Germania. Con i russi è scoccata la scintilla. Qualcosa è successo perché eravamo partiti con Gianroberto che, quando fu uccisa la giornalista Politkovskaja, fece un post definendo Putin “un criminale”. Siamo arrivati a Russia Today che paga per intervistare Grillo e a M5s ammesso al congresso di Russia Unita».

Beppe Grillo: un nullafacente L’ultimo aneddoto lo “regala” Canestrari. Su Grillo: «Cosa fa oggi? Quel che ha sempre fatto: niente, fondamentalmente. Si è sempre limitato a dire dei sì. L’unica volta che disse un no fu quando si tentò il referendum sull’euro. Scoprimmo che il comitato referendario aveva diritto a incassare i rimborsi e Gianroberto mi mandò a Roma a far firmare a tutti una delega in bianco: c’era scritto che Grillo o una persona di sua fiducia avrebbe gestito quel denaro. Alcuni lo firmarono, e poi hanno fatto carriera in M5s, altri no. Quando Beppe lo scoprì, cadde dal pero: si arrabbiò al telefono e fece stracciar tutto».

Eugenio Fatigante

17 novembre 2018

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