Oggi finalmente Margaux può sorridere alla vita e vivere come qualsiasi altra bambina della sua età. La piccola così finalmente può vivere i suoi 5 anni che festeggia due volte l’anno ovvero uno il 20 settembre quando la mamma l’ha messa la luce e l’altro il 5 settembre 2014, giorno in cui i ricercatori di Telethon e del San Raffaele di Milano hanno scoperto perché la piccola costantemente si ammalava fino a respirare con grave difficoltà. I medici sono così riusciti a curarla con una terapia genica molto all’avanguardia sviluppata grazie ad alcuni fondi europei per la ricerca. E’questa in breve la storia della piccola Margaux, che ha commosso davvero tutti i colori quali sono venuti a conoscenza e soprattutto coloro che nella giornata di oggi si sono riuniti a Bruxelles nella camera plenaria del Parlamento Europeo dove il presidente Antonio Tajani ha dato parola ai genitori insieme al direttore dell’Istituto Telethon nell’ambito di una conferenza di alto livello organizzata dall’Eurocamera insieme all’ esecutivo comunitario.
Stando a quanto riferito, sembra che la piccola fosse affetta da deficit dell’enzima adenosina deaminasi, ovvero una immunodeficienza molto rara che va a compromettere l’intero sistema immunitario tanto da renderlo impotente di fronte a qualsiasi tipo di minaccia batterica e costringendole a chi ne soffre purtroppo di vivere una vita isolata dal resto del mondo, in ambienti completamente sterili. A raccontare la storia della piccola di soli 5 anni sono stati i genitori e nello specifico il padre Hein Moreels, il quale ha tenuto a precisare che ad appena 5 settimane di vita la bambina ha avuto la sua prima crisi e dopo essere stata una notte in ospedale il pediatra l’ avrebbe mandata a casa dicendo che non aveva nulla. Poi dopo una settimana invece ci fu un altro ricovero e poi dopo due mesi un altro, questa volta però più lungo, durato una settimana nel corso della quale la piccola venne sottoposta ad una cura antibiotica.
I pediatri però purtroppo non riuscivano a capire che cosa effettivamente la bambina avesse e continuavano a ripetere che fosse sana, così la continuavano a mandare a casa.Il giorno di Capodanno del 2014 ci fu una crisi più grave e aveva 3 mesi quando la piccola era molto debole, tanto da non riuscire più nemmeno a respirare. La piccola venne portata così all’ospedale Universitario di Lovanio, una cittadina d’Este di Bruxelles dove finalmente i genitori ebbero la diagnosi. Margaux era affetta da Ada, ma purtroppo le notizie brutte non finiranno lì, perché la piccola avrebbe avuto bisogno di un trapianto di cellule staminali che però avrebbe avuto poche possibilità di successo e che il fratello non era purtroppo un donatore compatibile.
Finalmente genitori riuscirono a mettersi in contatto con un ricercatore della fondazione Telethon, nonché medico ricercatore del San Raffaele di Milano Alessandro Aiuti e soltanto in questo modo si è potuta arrivare ad una cura, che è iniziata il 5 settembre 2014, giorno della rinascita della piccola. Le condizioni di salute della piccola sono andate migliorando e adesso è tornata a vivere, come una bambina di 5 anni dovrebbe fare.
U n neonato di cinque settimane che di notte non si sveglia mai è il sogno di quasi tutti i genitori, ma Aga Warnell aveva capito che qualcosa non andava. Nina non aveva fame come le sue altre iglie. Dopo poche settimane si è ammalata gravemente, racconta suo padre Graeme, ed è stata ricoverata in ospedale con un’infezione da rotavirus. Poi le è venuta la polmonite. Si è scoperto che Nina aveva la Scid, o immunodeicienza combinata grave, cioè era nata senza sistema immunitario a causa di un difetto genetico. Il disturbo è anche noto come malattia del “bambino bolla”, perché chi ne è colpito deve vivere in un ambiente sterile. “I medici ci hanno detto di prepararci al peggio: Nina rischiava di non farcela”, ha aggiunto Graeme. A un anno e mezzo di distanza, Nina è una bambina con un sistema immunitario funzionante. E, per questo, deve ringraziare la terapia genica e i suoi recenti progressi. La Scid è stata la prima patologia trattata, più di vent’anni fa, con la terapia genica. Per inserire un gene sano, e sostituire quello difettoso, venne usato un virus.
Nelle sperimentazioni successive, però, due anni dopo un trattamento di questo tipo fu diagnosticata la leucemia a quattro giovani pazienti. Un diciottenne morì in seguito alla reazione ai virus usati nella terapia genica per un disturbo al fegato. Fu l’inizio di un percorso accidentato. Da allora la terapia genica ha fatto molta strada e il caso di Nina, insieme ad altri, segna un punto di svolta. I risultati preliminari relativi a due bambini trattati un anno e mezzo fa con la nuova terapia genica per la Scid sono stati presentati a ottobre a Madrid al convegno della Società europea di terapia genica e cellulare (Esgct). Dal momento in cui hanno ricevuto il trattamento, i sistemi immunitari dei bambini non hanno mai smesso di migliorare, sostiene Bobby Gaspar del Great Ormond street hospital di Londra che ha coordinato il trial clinico. Nel frattempo sono stati curati altri tre bambini, compresa Nina, e anche loro sembrano guariti. Tutti e cinque avevano una forma del disturbo nota come Ada-Scid (deicit dell’enzima adenosina deaminasi) causata da un gene difettoso. Siccome l’enzima elimina una molecola tossica dai globuli bianchi, in sua assenza la tossina si accumula uccidendo le cellule che combattono le infezioni.
Dal midollo osseo di Nina sono state prelevate delle cellule staminali che, prima di essere reinserite, hanno ricevuto una versione sana del gene dell’Ada. Questo è successo ad aprile, e i primi miglioramenti erano attesi per dicembre. Ma già ad agosto la conta dei globuli bianchi era quasi raddoppiata e oggi Nina ha il sistema immunitario di una bambina sana. Il vettore giusto Il concetto alla base della terapia genica è semplice: inserendo un gene sano in una persona con una versione difettosa si dovrebbe riuscire a superare il difetto. La realtà, però, è più complessa, perché occorre qualcosa con cui integrare il gene nel dna del paziente e convincere le cellule a leggerlo. In altri termini serve un vettore. La scelta più ovvia è rappresentata dai virus, che normalmente sopravvivono e si difondono introducendo i loro geni nel genoma dell’ospite. I retrovirus sono stati i primi a essere sperimentati nella terapia genica.
Il problema è che questi virus introducono i geni in maniera casuale nel genoma. Inoltre, introducono anche sequenze regolatrici che a volte possono attivare geni vicini e provocare il cancro. Per ovviare al problema i ricercatori hanno optato per i lentivirus, che introducono i geni sempre in maniera casuale, ma si possono modiicare disattivandone alcune sequenze regolatrici. “Anche se il rischio non è azzerato, la nuova generazione di vettori lentivirali è molto più sicura”, spiega Patrick Aubourg dell’Istituto nazionale per la salute e la ricerca medica (Inserm) di Parigi. “Non usiamo la terapia genica per il mal di denti, ma per malattie che possono portare a morte prematura”. All’inizio dell’anno tre bambini afetti da un disturbo degenerativo, più altri tre con la sindrome di Wiskott-Aldrich, sono stati curati con successo mediante un lentivirus modiicato. Risultati promettenti sono stati ottenuti anche in casi di adrenoleucodistrofia degenerativa e di beta talassemia. Al momento sono in corso circa settecento trial clinici di terapia genica tramite i lentivirus.
“Bimbi in bolla”, ok dell’Ema a nuova terapia a base di cellule staminali Strimvelis, frutto di un ricerca italiana, è il primo farmaco correttivo di un difetto genetico con cellule staminali, su base mondiale, ad essere commercializzato L’Ema (European medicines agency), ha dato il via libera alla prima terapia genica per la cura dell’Ada-Scid, la malattia genetica rara dei cosiddetti ‘bimbi in bolla’. Il farmaco Strimvelis, della britannica GlaxoSmithKline – destinato ai pazienti con immunodeficienza severa combinata legata al deficit di adenosina-deaminasi (Ada-Scid), per i quali non è disponibile un donatore compatibile – ha ricevuto infatti l’autorizzazione alla commercializzazione da parte dell’ente regolatorio dell’UE; si tratta del primo caso a livello mondiale per quanto riguarda farmaci correttivi di un difetto genetico con cellule staminali. Una vera e propria rivoluzione che parla italiano. Strimvelis, infatti, è frutto di una collaborazione strategica tra Gsk, l’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Hsr-Tiget) e MolMed. L’Ada-Scid è una malattia causata dall’alterazione di un singolo gene relativo all’enzima adenosina deaminasi, necessario per la maturazione e la funzionalità dei linfociti, cellule chiave del sistema immunitario. Ecco perché le naturali difese dei bimbi malati sono così severamente compromesse che il loro organismo è incapace di proteggersi dagli agenti infettivi, e in assenza di un trattamento efficace la patologia può risultare fatale entro il primo anno di vita. Di qui la definizione di malattia dei “bimbi in bolla”, ossia costretti a vivere in ambienti completamente sterili per evitare la possibilità di contrarre infezioni potenzialmente letali. L’ approccio terapeutico innovativo impiega le stesse cellule staminali prelevate dal midollo osseo del paziente, che vengono modificate in laboratorio per essere identiche a quelle di una persona sana e successivamente reinfuse nel midollo, dove produrranno linfociti che proteggono dalle infezioni. “ll trattamento viene somministrato una sola volta e non richiede la disponibilità di un donatore, per cui non c’è il rischio che le cellule del donatore reagiscano contro il paziente, come avviene nel trapianto di midollo osseo”, spiega Alessandro Aiuti, coordinatore dell’Area clinica all’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica, che ha guidato lo studio. L’ok dell’Ema è arrivato sulla base dei dati relativi a 18 bambini sottoposti a terapia genica. A 3 anni dal trattamento è stato registrato un tasso di sopravvivenza pari al 100% per tutti i 12 bambini arruolati nello studio clinico. Inoltre, lo stesso tasso di sopravvivenza del 100% è stato riscontrato in tutti i 18 piccoli trattati e referenziati nella domanda di registrazione, le cui condizioni sono state monitorate per circa 7 anni. I risultati completi dell’analisi sono stati recentemente pubblicati su ‘Blood’.
La prima terapia genica con cellule staminali approvata al mondo
Sebastian viene dagli Stati Uniti. Nicolas invece dalla Svizzera. Rafael è venezuelano, Widad belga. Poi c’è Valerio, che è italiano. Cosa hanno in comune questi 5 bambini, citati ad esempio di un elenco lungo 18 nomi? Che sono nati due volte. E nonostante le diverse provenienze la loro rinascita è avvenuta nella stessa città: Milano, ltalia.
Questi 5 bambini, così come altri 13, sono nati la prima volta con un gene “sbagliato”, causa di una malattia dal nome lunghissimo: immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina- deaminasi, sintetizzata nell’acronimo ADA-SCID e meglio conosciuta come sindrome dei bambini bolla. Questi bambini, in sintesi, erano costretti a “non” vivere in un ambiente asettico perché qualsiasi infezione, anche la più banale, avrebbe potuto costare loro la vita.
Fino a circa 15 anni fa, quando all’ospedale San Raffaele di Milano è iniziata la sperimentazione di una terapia genica rivoluzionaria. Grazie all’utilizzo delle cellule staminali degli stessi pazienti e alla sostituzione del gene malato attraverso un agente virale opportunamente attenuato e utilizzato come cavallo di Troia, medici e ricercatori hanno potuto non solo curare, ma restituire l’infanzia e una prospettiva di vita a Sebastian, Nicolas, Rafael e a tutti gli altri. Ora questa terapia ha un nome, Strimvelis ed è stata messa a punto grazie all’impegno congiunto di tre grandi istituzioni: la Fondazione Telethon, l’Ospedale San Raffaele e GSK.
Si tratta della prima terapia genica curativa ex vivo al mondo con cellule staminali recentemente approvata dall’autorità europea per trattare i pazienti affetti da questa rara malattia: 15 all’anno in Europa, secondo le stime, e 350 nel mondo Strimvelis è stata presentata oggi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito dell’incontro “Strimvelis: cronaca di un primato italiano. La prima terapia genica con cellule staminali approvata al mondo” a cui hanno preso parte Claudio De Vincenti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Alessandro Aiuti, responsabile area clinica, Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica, Nicola Bedin, amministratore delegato, IRCCS Ospedale San Raffaele, Daniele Finocchiaro, presidente e amministratore delegato, GSK S.p.A.,
Lucia Monaco, direttore scientifico, Fondazione Telethon, Luigi Naldini, direttore, Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica, Luca Pani, direttore generale, AIFA, Sir Andrew Witty, CEO GSK e con il saluto di Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute. Strimvelis segna il passaggio da una terapia sperimentale a un “farmaco” disponibile per tutti, ovunque nascano, ovunque vivano. Questo traguardo porta 3 firme. Quelle di Fondazione Telethon, dell’Ospedale San Raffaele e di GSK, che nel 2010 hanno sottoscritto un accordo con l’obiettivo di mettere a disposizione il proprio know how per arrivare allo sviluppo e alla commercializzazione di sette terapie per altrettante patologie rare. L’autorizzazione all’immissione in commercio di Strimvelis si basa sui dati relativi a 18 bambini guariti con il trattamento sperimentale. A tre anni dalla cura è stato registrato un tasso di sopravvivenza pari al 100% per i 12 bambini arruolati nello studio clinico e per gli altri 6 trattati nel frattempo. I risultati completi dell’analisi sono stati pubblicati anche sulla rivista scientifica BLOOD e sono riportati in una scheda di approfondimento a questo comunicato.
Alessandro Aiuti, coordinatore dell’area clinica dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) commenta: “Oggi presentiamo il risultato di oltre 20 anni di ricerca e sviluppo che ci hanno consentito di mettere a punto un approccio terapeutico innovativo e personalizzato. Questo approccio prevede l’utilizzo delle cellule staminali del paziente, in cui viene inserita una copia corretta del corretta del gene malato, e la loro successiva reintroduzione nell’organismo. Il trattamento ci ha permesso di correggere questa gravissima malattia alla radice, cambiando la vita di questi bambini. Quella che presentiamo oggi è una pietra miliare nella storia delle terapie avanzate e il suo successo ci consente di guardare con ottimismo alla sua applicazione in altre patologie rare”. “L’ADA-SCID è la prima delle malattie oggetto dell’alleanza strategica tra Fondazione Telethon, Ospedale San Raffaele e GSK– ricorda Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica -.Attualmente sono in fase avanzata di sperimentazione e sviluppo altre terapie per malattie rare quali la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott- Aldrich; è stata inoltre avviata da alcuni mesi la sperimentazione clinica per la beta talassemia.
I risultati per queste malattie sono incoraggianti e ci auguriamo che possano presto diventare terapie concrete come avvenuto per l’ADA-SCID” . Nicola Bedin, amministratore delegato dell’IRCCS Ospedale San Raffaele: “Questo risultato, che dimostra l’eccellenza della ricerca italiana, è frutto dell’efficace collaborazione tra IRCCS Ospedale San Raffaele, Fondazione Telethon e GSK la cui sinergia ha consentito di sviluppare i primi risultati ottenuti dai ricercatori in laboratorio circa 20 anni fa, portarli al letto del paziente e arrivare a una cura salvavita per i bambini affetti da ADA-SCID. Il nostro obiettivo ora è di continuare a lavorare perché questa alleanza porti a sviluppare e rendere disponibili nuove cure a beneficio dei pazienti con malattie rare”. Un obiettivo questo condiviso sia dalla Fondazione Telethon che da GSK. “Fin dall’inizio – spiega Lucia Monaco, direttore scientifico della fondazione – la terapia genica ha rappresentato un campo di particolare interesse per Telethon confermato dalla fondazione dell’Istituto San Raffaele Telethon di Milano nel 1995 con l’obiettivo non solo di finanziare ottima ricerca di base, ma anche creare le condizioni perché quella ricerca possa trasformarsi in una terapia. Di fronte agli eccellenti risultati – aggiunge Monaco – la Fondazione Telethon ha capito che per rispondere davvero alla propria missione non poteva fermarsi allo stadio di terapia sperimentale, ma trovare un partner che consentisse di percorrere le ultime fasi, ovvero lo sviluppo. Da qui l’alleanza con GSK che oggi si concretizza con Strimvelis. Ed è una grande soddisfazione avere chiuso per la prima volta il cerchio nel rispetto della promessa che la mission stessa di Telethon contiene: arrivare alla cura della malattie genetiche rare”. Daniele Finocchiaro , presidente e amministratore delegato di GSK Italia che nel 2004, ha voluto iniziare la partnership con la Fondazione Telethon dichiara: “Dietro un grande traguardo come quello di oggi c’è sempre una storia di persone che hanno una particolare visione del futuro e che si pongono degli obiettivi apparentemente irraggiungibili. Quando abbiamo incontrato Telethon per la prima volta abbiamo trovato proprio questo tipo di persone e condiviso la loro visione di un futuro dove le malattie genetiche potevano essere curate. Questo nuovo approccio di ricercare, scoprire e sviluppare insieme, ci ha permesso nel 2010 di realizzare un’alleanza a tre per combattere 7 malattie genetiche rare. Dopo 6 anni e 135 milioni di euro la prima risposta si chiama Strimvelis. La cura per l’ADA-SCID. Ma non è finita – prosegue Finocchiaro – perché altre 6 malattie aspettano risposte e per due di loro siamo già in fase avanzata di sperimentazione e sviluppo. Sono 120 i milioni di euro stanziati per i prossimi 4 anni, sperando che i progressi che faremo insieme possano essere altrettanto rapidi. Oggi – conclude Daniele Finocchiaro – siamo di fronte ad una nuova storia di successo, un’eccellenza che parla italiano e che vedrà il nostro Paese accogliere i bambini di tutto il mondo, ma che può diventare ancora più importante se sapremo tutti investirci con convinzione”.
Manuela Rizzo
29 novembre 2018
Margaux, da anni vive in una bolla è stata salvata al San Raffaele di Milano