Silvana De Mari e Gianfranco Amato non hanno potuto parlare perché la sala che doveva ospitare il loro convegno è stata, all’ultimo, negata.
Chi ha voluto ascoltare le ragioni di Silvana De Mari, la psicoterapeuta e apprezzata scrittrice fantasy finita nel mirino dell’omosessualismo militante, l’altro giorno a Torino, ha dovuto farlo per strada. La Galleria d’Arte Moderna, istituzione pubblica, la cui sala conferenze era stata prenotata (con versamento della prevista quota di quasi 500 euro) con oltre un mese d’anticipo da Angela Ciconte ed Emanuele Lo Bue, organizzatori dell’incontro “La verità vi farà liberi” (cui doveva partecipare anche l’avvocato Gianfranco Amato, poi bloccato dalla nebbia oltre che dalla censura), è stata negata a solo 48 ore dall’evento.
“ARGOMENTO TRATTATO”
La comunicazione inviata dall’avvocato della Fondazione Torino Musei ai responsabili della Gam rende evidente il clima e l’idea che ci siano persone che non debbono parlare, temi che è meglio non affrontare. Scrive nella sua missiva, il legale: “abbiamo appreso che in data 21 dicembre 2018 è stata prenotata la sala conferenze di Corso Galileo Ferraris 30 a Voi data in gestione con Contratto del 1° gennaio 2016 per tenervi un evento che vede protagonisti Gianfranco Amato e Silvana De Mari ed avente ad oggetto “La verità rende liberi”. Abbiamo preso atto dell’argomento trattato e, anche alla luce delle molte polemiche già in passato emerse nei confronti dell’istituzione museale per aver ospitato convegni su temi sensibili, non riteniamo opportuno lo svolgimento del convegno, che, indipendentemente dal tema trattato, qualora svolto, rischia di creare problemi di sicurezza e apportare danni di immagine alla Gam. Vi chiediamo pertanto di non procedere alla conferma dello stesso”.
DITTATURA IDEOLOGICA
E non si è, infatti, proceduto. Chi non vuole cedere al “pensiero unico”, all’idea che ci siano posizioni e principi che vanno preventivamente tacitati, si è ritrovato comunque davanti alla Galleria, nel freddo pungente della Torino prenatalizia, per ascoltare una battagliera De Mari, condannata “per metà” in primo grado in un discutibile processo per alcune posizioni espresse. La medico e scrittrice, commentando la vicenda, evidenzia che “La libertà di parola non è mai un danno di immagine. Concedere la parola agli imputati, e io sono un imputato condannato, non è mai un danno di immagine, altrimenti abbiamo dimostrato che in questa nazione esiste una dittatura ideologica. Buffo, sono stata condannata proprio per aver detto qualcosa del genere. Dove la libertà di parola di conferenza non sia data agli imputati e agli imputati condannati, allora vuol dire che la libertà di parola è saltata, e che quegli imputati forse avevano da dire cose che è meglio non siano dette”. Ah, la Torino liberale!
Marco Margrita
23 dicembre 2018