Portereste vostra figlia undicenne ad esibirsi in un club di Burlesque? Se una famiglia aprisse un profilo sui principali Social Media con foto e video in cui in abiti provocanti ammicca e per questo riceve soldi da uomini nessuno si scandalizzerebbe e segnalerebbe la cosa ai Servizi Sociali? Le autorità la lascerebbero esibire in locali pubblici di quel tipo? Nessun giornale farebbe reportage scandalizzati chiedendo il rispetto del suo essere una bambina innocente da non esporre agli occhi vogliosi di uomini adulti? E se le tirassero addosso banconote per premiarla delle sue mosse goffamente sexy? Le femministe non griderebbero allo sfruttamento della sua femminilità acerba come una violenza a tutte le donne?
Beh, se si tratta di un maschietto che si traveste da drag queen e si esibisce con mosse provocanti davanti ad uomini gay che gli lanciano banconote, pare che la cosa sia socialmente accettabile.
Perché nessuno può aprire bocca contro qualcosa che succede nella “Comunità LGBTQ” col consenso dell’establishment senza rischiare di prendersi dell’omofobo e quindi, anche gli omosessuali che reputano queste esibizioni una cosa inopportuna, non hanno coraggio di alzare la voce.
Una giornalista sfida la comunità gay e di “genere non conforme” ad alzare la voce.
Vi propongo questo articolo di Jennifer Roback Morse, nella mia traduzione.
Annarosa Rossetto
30 dicembre 2018
Immaginate questo scenario: due genitori regolarmente sposati incoraggiano la figlia di 11 anni a vestirsi con abiti provocanti e sexy. La portano in uno strip club e la fanno ballare sul palco. I clienti le lanciano soldi. Nessuno tocca la ragazza in alcun modo, nonostante l’ambiente.
Cosa dobbiamo pensare di questi genitori?
Ora immaginate quest’altro scenario: un prete invita un chierichetto a trascorrere le serate con lui. Il prete incoraggia il ragazzo a vestirsi con abiti femminili. Il prete dice al ragazzo quanto è bello e quanto è meraviglioso che stia esprimendo il suo vero sé. Il ragazzo e il prete trascorrono del tempo insieme a guardare video di uomini travestiti. Il prete organizza per il ragazzo di 11 anni l’esibizione in una discoteca che si rivolge principalmente a una clientela omosessuale. I clienti lanciano soldi al ragazzo. Nessuno, compreso il prete, tocca il ragazzo, al club o altrove.
Cosa dobbiamo pensare del prete?
Questi scenari completamente ipotetici si basano sugli eventi della vita reale di un ragazzo di 11 anni di nome Desmond . Indossa abiti femminili. I suoi genitori dicono che sceglie lui gli abiti e che ad indossarli si diverte. Gli abiti che sceglie non sono solo abiti femminili ordinari, ma vestiti femminili provocanti.
In effetti, l’abbigliamento scelto da lui è quello stereotipato della drag queen. I suoi genitori gli hanno organizzato un suo sito web, “Desmond Is Amazing” (Desmond è stupendo), per mostrare i suoi talenti come drag performer.
Non so se qualcuno lo abbia mai toccato in modo inappropriato. Ma i suoi genitori hanno organizzato una sua esibizione in una discoteca gay, dove i clienti gli lanciavano soldi.
Se una madre e un padre facessero questo ad una bambina, penseremmo che ci sia qualcosa di seriamente sbagliato in loro. Se un prete facesse questo a un ragazzino, gli si scatenerebbe contro l’intero Paese.
Riconosceremmo all’istante entrambe queste situazioni come strumentalizzazione e messa in pericolo di un bambino innocente. Riconosceremmo le prestazioni del nightclub come sfruttamento sessuale. Qualsiasi adulto che supportasse cose del genere sarebbe considerato un disgraziato. Alcune persone potrebbero chiedere ai Servizi Sociali di prendere in custodia il bambino o potrebbero chiedere alle autorità di confiscare la licenza del locale notturno.
Dico questo non per chiedere che Desmond venga tolto ai suoi genitori o per far chiudere la discoteca di New York che ha ospitato la sua esibizione.
Invece, voglio lanciare una sfida alle persone che si identificano come parte della “comunità LGBTQ”: per favore alzatevi in piedi ed esprimente pubblicamente dissenso su questa cosa.
Ho visto alcune persone che si definiscono “gay” o “progressisti” che si oppongono a questo fatto sui social media. Invito molti altri di voi a farsi sentire.
Il “Gay Establishment” potrebbe porre fine a questa eclatante strumentalizzazione di un bambino. Qualcuno potrebbe parlare pubblicamente dei limiti e dell’innocenza dell’infanzia. Inoltre, se lo facesse qualcuno di voi potrebbe probabilmente risolvere questo problema immediatamente, senza polemiche. Qualcuno della Human Rights Campaign (una nota associazione di difesa dei diritti LGBT N.d.T.) o altra simile organizzazione di sostegno potrebbe tranquillamente fare un appello ai genitori di Desmond: “Abbiamo speso milioni di dollari per convincere l’Americano medio che il transgenderismo è innocuo, che l’eteronormatività non è necessaria e che non siamo interessati a sessualizzare i bambini. State spaventando la gente. Finitela con questa cosa del vostro undicenne nei bar gay.” Scommetto che riuscirebbero a convincere i genitori di Desmond.
Se quelli che si considerano “minoranze sessuali” o di “genere non-conforme” si facessero sentire, il Gay Establishment non potrebbe che ascoltarli.
Queste organizzazioni parlano davvero per tutti coloro che si identificano come “LGBT” su ogni problema? Cosa pensano? Per loro un undicenne dovrebbe potersi esibire in un nightclub di questo tipo?
Sollevo questa domanda dalla mia esperienza di donna non conformista e non femminista. Il femminismo ufficiale non parla per me. Ovviamente cerca di dare l’impressione di parlare sempre per tutte le donne. Ma loro non parlano per me o per la maggior parte delle mie amiche. Non hanno mai parlato per me, e sono una donna da tutta la vita. Questo è ciò che mi spinge a chiedermi se il Gay Establishment parla davvero per tutte le persone che si riconoscono sotto la sua egida.
Se vogliono veramente contribuire al benessere di questo ragazzino, dovrebbero parlare contro la sua sessualizzazione. Invitateli a parlare sui social media contro questa sessualizzazione di un bambino. Invitateli a scrivere a Human Rights Campaign o a qualsiasi altro gruppo di sostegno che magari appoggiano. Anche voi potete scrivere a queste organizzazioni. Saranno più propensi ad ascoltare voi che me.
Allora forse potremo fermare la strumentalizzazione di questo bambino.
Fonte: National Catholic Register
Jennifer Roback Morse, Ph.D., è fondatrice e presidente del Ruth Institute e autrice di “Lo Stato Sessuale: come le ideologie d’élite stanno distruggendo vite e come la Chiesa ha sempre avuto ragione”.”