Nel 2019 celebreremo il centenario della fondazione del PPI (Partito Popolare Italiano) da parte di don Luigi Sturzo che colse l’importanza dell’ “arte” della politica così definita da papa Francesco nell’ Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”: “La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità perché cerca il bene comune” (205). Per questo don Sturzo, ammoniva i cattolici a non disertarla: “Spero che i cattolici riprendano coraggio”. Un’esortazione attuale anche dopo decenni.
Noi, vogliamo riflettere su questo argomento attingendo agli insegnamenti del Signore Gesù, l’unico che ha “parole di vita eterna”, poiché le Costituzioni passano ma il Vangelo resta. Un pensiero illuminante è il seguente: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,15). Il Cristo, pronunciò questa frase come risposta ad un interrogativo dei sadducei che volevano raggiarlo: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?” (Mt. 22,12).
Nella risposta di Gesù, “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, si evince il rilievo dell’impegno socio-politico del cattolico che si concretizza sia partecipando in prima persona alla vita politica ma anche dei singoli cittadini tenuti al rispetto delle leggi, al pagamento delle tasse, alla partecipazione al voto, al sentirsi responsabili della conservazione dei beni della collettività. Ovviamente, ricordando che a Dio spetta una particolare obbedienza “a livello di coscienza”. Così, il cardinale G.F. Ravasi, riassume tutto ciò: “Il potere dello stato è reale e non può essere annullato nei vaneggiamenti di una teocrazia in cui l’altare diventi anche il trono. Ma il potere dello Stato ha dei limiti precisi e invalicabili che non possono estendersi fino ad assorbire totalmente I’uomo. Gesù afferma con vigore l’autonomia della coscienza e della dignità umana che non può essere conculcata da nessun potere politico prevaricante. Il cristiano deve rifiutare ogni identificazione di un partito o di un movimento politico col Regno di Dio. Deve escludere ogni tentazione integralista religioso-politica in cui si voglia far diventare il Vangelo una carta costituzionale. Il Cesare divinizzato e I’interferenza religiosa nella gestione dello Stato non sono proposte evangeliche”(Secondo le Scritture, Piemme, Casale Monferrato 1992, pp. 281-282).
Quancheduno si domanda sul “diritto” della Chiesa, e di conseguenza del cristiano, ad occuparsi dei problemi politici, economici e sociali. Per taluni, questa Istituzione, dovrebbe limitare il proprio ambito di azione al “religioso-spirituale”, tralasciando interventi sugli aspetti organizzativi e gestionali vita della collettività. E, giustificano la loro opinione interpretando “erroneamente” la citata frase di Gesù, concludendo che Cristo non si è mai lasciato coinvolgere in programmi politici. Ciò è vero se interpretiamo il vocabolo “politica” con un significato limitativo e riduttivo di “partitocrazia”; non è così se lo comprendiamo nel suo nobile e ampio significato. Infatti, “la politica, è l’attività mirante a determinare i criteri o i valori fondanti la vita globale di un popolo, le finalità primarie e intermedie da perseguire, gli strumenti per il loro conseguimento” (E. Chiavacci, voce “politica” in AA VV, Nuovo dizionario di Teologia Morale, Paoline, Milano 1990, pg. 952).
Ritornando “al coinvolgimento o meno” del Signore Gesù nell’ambito politico e quindi del cattolico, dobbiamo riferirci anche ad una altra frase pronunciata dal Cristo nella sinagoga di Cafarnao quando presentando la sua missione, affermò: “Il tempo è compiuto. Il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo ” (Mc. 1,15). Nella locuzione è presente l’espressione “Regno di Dio” e l’azione da intraprendere per la sua costruzione: la “conversione”. Ciò significa che il Regno di Dio non è unicamente un “tempo escatologico” ma una realtà in divenire operante nella storia; un “già” e un “non ancora”. E il Messia non si pose all’esterno della storia degli uomini, ma l’assunse solidarizzando con essa. “A differenza della speranza ebraica che parlava di futuro, Gesù dice che l’ora messianica è arrivata, è qui nelle sue parole e nella sua azione: l’annuncio di Gesù ha un tono di gioia e insieme di urgenza ed è universale” (B. Maggioni, Il racconto di Marco, Cittadella 1981, pg 32). Dunque, se il Regno di Dio è presente nella storia, il Vangelo per il cattolico (anche in politica), è “la categoria di giudizio” che deve assumere per concretizzare gli atteggiamenti nuovi richiesti da Cristo. Il cristiano, rispettando “l’autonomia delle realtà terrene e delle norme che le regolano”, non può omettere nella sua azione politica i valori evangelici e la normativa etico-morale irrinunciabili in ogni settore societario, affinché il cittadino, realizzandosi, giunga al profondo benessere e all’autentica libertà.
Quella che alcuni definiscono “interferenza della Chiesa cattolica” nella vita societaria italiana, è dunque unicamente “il contributo” che questa Istituzione offre affinché lo sviluppo del nostro Paese sia fondato sui concetti di amore e di prossimità, di equità e di giustizia, ponendo l’accento sulla centralità della persona e della famiglia, proponendo come mezzi i principi etici, in particolare quelli del bene comune, della solidarietà e della sussidiarietà. Esortava san Giovanni Paolo II: “Singoli, famiglie, gruppi, realtà associative hanno, sia pure a titolo e in modi diversi, una responsabilità nell’animazione sociale e nell’elaborazione di progetti culturali, economici, politici e legislativi che, nel rispetto della convivenza democratica, contribuiscano a edificare una società nella quale la dignità di ogni persona sia riconosciuta e tutelata, e la vita di tutti sia difesa e promossa” (Evangelium vitae, n. 80).
Che cosa devono offrire i politici che si dichiarano cristiani e cosa dobbiamo attendere da loro? Una partecipazione attiva per offrire “parole” esplicite ed evidenti di denuncia e di opposizione; “parole” che scuotono le coscienze e anche infastidiscono, “parole” autentiche e veraci, pronunciate senza nessun timore di perdere consensi e popolarità. La nostra società, politica compresa, necessita oggi più che mai di queste “parole chiare” che oltrepassino il “politically correct”, che si torni a nominare le cose con il loro nome, che si fugga come ricordava don Sturzo: “dall’infingimento, promettendo poco e mantenendo il poco che si è promesso”, come pure di uomini “trasparenti, integri e disinteressati” come lo furono Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira, Aldo Moro… e tanti altri.
Esorta un proverbio: “Una candela accesa può accenderne molte spente. Ma mille candele spente non possono accenderne una”. La convinzione di essere una “candela accesa” anche nell’impegno civile che coinvolge i vari settori societari, la conoscenza della Dottrina Sociale della Chiesa come punto di riferimento, accompagnati dalla competenza professionale, permetterà a chi intende presentarsi in politica di proporre progetti e idee non solo rispondenti al Vangelo ma “profetiche”. Di difendere quelli che papa Benedetto XVI definiva “valori non negoziabili”: dalla vita custodita in ogni sua fase alla famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, alla libertà di educazione.
Quanto ne ha bisogno il nostro Paese che da anni è governato non da statisti ma da policanti che non sanno progettare il futuro ma solo il domani, spesso condizionati dai sondaggi e dalla pancia degli elettori. E, se non invertiremo questo percorso dannoso, nei prossimi anni, dovremo fare i conti con questa nefasta “miopia”. Da qui l’appello ai cristiani a non disertare la politica ma ad essere presenti nelle Istituzioni come “lievito che fermenta la massa”. E, l’insegnamento di don Luigi Sturzo, ci guidi anche nei primi decenni del terzo millennio cristiano.
Don Gian Maria Comolli