Caro direttore, il vicepremier Di Maio ha dunque scoperto che mancano i soldi da distribuire col Reddito di cittadinanza per via dei debiti lasciati dai Governi precedenti di centrosinistra e di centrodestra. Bella la vignetta di Graz per il nostro giornale: con questa logica, anche De Gasperi ha fatto debiti ed è responsabile… Ma se non sbaglio debiti e tasse hanno una origine ancora più remota. L’accisa sulla benzina risale, in parte, alla guerra dell’Abissinia dove portammo la nostra civiltà a «Faccetta Nera». Silvio Ghielmi, Milano
Che dire, caro amico? È un vizio diffuso anche in Italia, o forse soprattutto qui, quello di non voler ammettere di essere responsabili di ciò che si fa o non si fa in un’azione di governo. In particolar modo, quando la cosa può smentire precedenti e altisonanti promesse e indisporre l’elettorato… Nessuno però può rimproverare al vicepremier Luigi Di Maio capo politico del M5s e al premier Giuseppe Conte assieme al loro alleato leghista, l’altro vicepremier Matteo Salvini, di non averci provato a spendere l’inspendibile per Reddito di cittadinanza e “quota 100” pensionistica. Tra qualche mese, sapremo come finirà e se i fondi stanziati e i meccanismi erogativi e di controllo messi a punto saranno sufficienti. E lì non ci saranno scuse… Anche sulle accise sui carburanti c’è poco da dire. Il taglio di almeno le più antiche faceva parte del famoso “contratto di governo” ed è stato una solenne promessa elettorale di Salvini. Ciò nonostante il taglio è andato totalmente a vuoto. Le accise, vado a memoria, gravano per oltre 88 centesimi di euro sulla benzina e per quasi 74 sul gasolio e valgono circa 6 miliardi di entrate. È un fatto: i giallo-verdi non se la sono sentita di rinunciarci…
Si può, infatti, far finta di dimenticare il gran peso del nostro debito pubblico, ma presto o tardi bisogna farci i conti. Noi preferiremmo che lo si facesse fino in fondo. I nostri lettori, come lei, caro dottor Ghielmi, lo sanno bene, visto e considerato che lo abbiamo ricordato per tutta la campagna elettorale ai signori dei partiti. Lo abbiamo fatto fornendo documentati approfondimenti e pubblicando una lunga serie di articoli di cronaca e di commenti di economisti e opinionisti che hanno affrontato da ogni punto di vista il tema del debito e del suo “costo” per questa e per le prossime generazioni. Sui nostri figli e nipoti, di questo passo, questo peso si farà schiacciante. C’è un punto che voglio sottolineare: il troppo grande debito pubblico che condiziona le nostre politiche di spesa e di sviluppo e rimpicciolisce la nostra autonomia e il nostro ruolo politico in Europa e nel mondo, l’abbiamo accumulato tutti insieme. Così come certe promesse avventate dei nostri politici, che si sono accumulate perché non le abbiamo liquidate con una risata. Ricordiamocelo, anche se sembra paradossale: i debiti, come le promesse, si accumulano, non si ereditano. E noi tutti, una buona volta, dovremmo pretendere da chi ci rappresenta e ci governa che venga fatto il necessario per non lasciare il troppo accumulato sulle spalle di nuove generazioni assai più smilze delle nostre. Generazioni giovani che non hanno bisogno di balle e di balie, ma di giustizia generazionale e che, invece, teniamo in una imbarazzante situazione di precarietà.
Per questo, da tempo, sostengo anch’io – e faccio argomentare da chi ne sa più di me – che una politica seria dovrebbe fare della riduzione della montagna del debito una “priorità di futuro”. Primo capitolo di un’azione imperniata, poi, su una seria politica per la famiglia e di contrasto alla denatalità, a una lungimirante regolazione dei flussi migratori umani e a una politica industriale all’insegna di una piena, civile sostenibilità. Forse non è una lista che fa sognare, ma può e deve diventare un saggio programma di governo. Prima che sia troppo tardi.
Marco Tarquinio
10 febbraio 2019
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/debiti-e-promesse-si-accumulano-non-si-ereditano