L’allora arcivescovo di Melbourne avrebbe abusato di due ragazzini in sacristia. Una delle due presunte vittime, morto nel 2014, disse di non avere subito molestie. Oltre 20 testimoni l’hanno scagionato.
Il cardinale George Pell è stato condannato in Australia per abusi sessuali su due minori. Il verdetto è stato emesso a dicembre 2018, ma mantenuto segreto fino ad ora a causa di un secondo processo a carico dell’ormai ex tesoriere vaticano. Ora che quest’ultimo processo è caduto, l’ordine da parte della Corte australiana ai media di mantenere la riservatezza è stato rimosso. L’entità della condanna si conoscerà il 13 marzo, nel frattempo Pell, che ricorrerà in appello, è stato portato in carcere. «Per garantire il corso della giustizia il Santo Padre ha confermato le le misure cautelari già disposte nei confronti del Cardinale. Ossia il divieto in via cautelativa dell’esercizio pubblico del ministero e, come di norma, il contatto in qualsiasi modo e forma con minori di età», ha dichiarato ieri il portavoce vaticano Alessandro Gisotti.
Il cardinale australiano è accusato di avere commesso abusi sessuali nel 1996, quando era arcivescovo di Melbourne, e negli anni Settanta, quando serviva come sacerdote a Ballarat. Le accuse riguardanti il periodo di Ballarat sono cadute perché inconsistenti, mentre quelle che riguardano il periodo di Melbourne hanno portato alla condanna in primo grado. Il caso è ampiamente controverso e non solo perché la difesa di Pell sostiene che le accuse siano «ridicole e destituite di qualsiasi fondamento».
I PRESUNTI ABUSI IN SACRISTIA
L’accusa ritiene che l’allora arcivescovo dopo la messa delle 10:30 nella cattedrale di Saint Patrick di Melbourne abbia abusato sessualmente di due ragazzini del coro di 13 anni in sacristia, costringendo uno dei due a un rapporto orale, dopo averli trovati a bere il vino destinato alle funzioni. Tutti e tre indossavano, a detta di una delle due presunte vittime, i paramenti liturgici. Una delle due presunte vittime, inoltre, sarebbe stata assalita in un corridoio anche il mese successivo. Pell era stato inizialmente accusato di avere stuprato oralmente anche il secondo ragazzino, ma l’accusa è stata ridimensionata in «assalto indecente» dopo che la prima vittima ha testimoniato di non avere visto quanto accaduto all’amico.
Le accuse sono state portate avanti solo da una delle due vittime dal momento che la seconda è morta di overdose nel 2014. Prima della sua morte l’uomo, che non ha mai denunciato nulla, interrogato esplicitamente dalla madre ha dichiarato due volte di non essere mai stato abusato sessualmente. Le accuse contro Pell, che allora aveva 55 anni e oggi 77, sono state sollevate per la prima volta nel 2017 dalla giornalista Louise Milligan in un suo libro sul cardinale.
OLTRE 20 TESTIMONI SCAGIONANO PELL
Secondo Milligan l’abuso sarebbe avvenuto nel 2017, mentre il pubblico ministero ha identificato un periodo che va dall’agosto al dicembre 1996. In quel periodo la cattedrale di Melbourne era sotto lavori di restauro e solo due volte Pell vi ha celebrato la messa delle 10:30, durante la quale cantava il coro. Un sacerdote, interrogato nel 2017, ha dichiarato alla polizia di essere sempre stato insieme al cardinale prima e dopo le messe in Cattedrale e che in nessuna occasione Pell avrebbe potuto trovarsi da solo insieme a ragazzini del coro in sacristia.
Durante il predibattimento del processo, secondo fonti della Catholic News Agency, l’allora direttore del coro, Peter Finigan, ha dichiarato che nel periodo incriminato, dopo la messa delle 10:30, si svolgevano le prove per il concerto di Natale e che mai è stata registrata l’assenza di un ragazzo. Se fosse successo, ha aggiunto, ce ne saremmo accorti. Un altro testimone, Rodney Dearing, ha dichiarato alla Corte che Pell si faceva sempre aiutare per svestirsi dei paramenti liturgici e che non avrebbe potuto esporre i suoi genitali da solo senza prima toglierseli. Altri testimoni hanno spiegato come la sacristia della cattedrale sia un luogo aperto ed esposto al pubblico e che il presunto abuso sarebbe avvenuto mentre centinaia di persone stavano uscendo dalla chiesa. Un altro testimone ancora ha dichiarato che durante una delle due messe celebrate da Pell, il cardinale si è accompagnato con degli ospiti prima e dopo la funzione. In totale, più di 20 testimoni hanno fornito versioni che scagionano Pell.
LE DUE GIURIE
Dopo il predibattimento del marzo 2018, riporta l’Associated Press, oltre la metà delle accuse rivolte a Pell sono cadute. Ad agosto il processo è cominciato ed è durato per quattro settimane. Il 20 settembre la giuria incaricata di giudicare Pell è stata esonerata, non essendo riuscita a trovare un accordo sul verdetto da emettere dopo oltre cinque giorni di camera di consiglio. Secondo la Cna, 10 giudici su 12 erano favorevoli a scagionare Pell.
Il 7 novembre una nuova giuria di 12 membri ha ripreso il processo e l’11 dicembre ha emesso unanimemente un verdetto di colpevolezza nei confronti del cardinale, che potrebbe essere condannato fino a 50 anni di carcere. Il padre della seconda vittima morta di overdose nel 2014 ha dichiarato che alla fine del processo farà causa a Pell per la morte del figlio.
«SEI UN MOSTRO. BRUCERAI ALL’INFERNO!»
Il caso ha ricevuto un’enorme eco in Australia e nel mondo, dove la Chiesa è sotto la lente di ingrandimento della stampa per i casi di abusi sessuali. Pell infatti è la più alta carica della gerarchia vaticana mai accusata di pedofilia. Il prefetto della segreteria per l’Economia della Santa Sede, scelto da papa Francesco per prendere in mano uno dei dossier più importanti del suo pontificato, si trova in Australia dal luglio 2017 per difendersi dalle accuse. L’11 dicembre, fuori dalla corte dello Stato di Victoria che l’aveva appena condannato, Pell è stato insultato da una folla a favore di telecamera: «Sei un mostro. Brucerai all’inferno!».
UN CLIMA DA CACCIA ALLE STREGHE
Gli avvocati del cardinale, Paul Galbally e Robert Ritcher, hanno fatto notare ai giornalisti che delle oltre 20 accuse contro Pell, solo cinque sono rimaste in piedi: una per penetrazione sessuale di un ragazzino sotto i 16 anni e quattro per atto indecente con o in presenza di minore. Il cardinale si è sempre dichiarato innocente, sostenendo che «una simile condotta vile e disgustosa va contro tutto ciò in cui credo e va contro gli espliciti insegnamenti della Chiesa, in rappresentanza dei quali ho dedicato tutta la mia vita». Ritcher ha dichiarato che «solo un pazzo» si sarebbe comportato in quel modo in pubblico e che in alcun modo l’allora arcivescovo avrebbe potuto liberare i suoi genitali senza levarsi prima i paramenti.
Di conseguenza l’avvocato ha chiesto alla Corte di «non trattare Pell come un capro espiatorio per tutti gli errori della Chiesa cattolica in Australia» sul tema degli abusi sessuali. Una Commissione di inchiesta ha infatti scoperto che oltre 4.400 persone hanno affermato di aver subito abusi da membri della Chiesa cattolica tra il 1980 e il 2015. Dalla Commissione sono scaturite proposte per la lotta alla pedofilia radicali, come l’abolizione per legge del segreto confessionale.
Leone Grotti
27 febbraio 2019
Il cardinale Pell condannato per abusi sessuali. Ma il processo è pieno di falle