Intelligenza artificiale: vantaggi, sfide e rischi per l’umanità

L’Unesco pone le basi per un approccio globale umanistico alla cosiddetta intelligenza artificiale. Conferenza internazionale a Parigi. Intervista a Roberta Viola, direttore generale della Dg Connect, alla Commissione europea.

L’Intelligenza artificiale che ci affascina e ci inquieta, ci rincorre e ci precede in ogni nostro agire, richiede una riflessione globale che vada al di là di una visione tecnologica dove il dispositivo reale o virtuale non si limita all’autocontrollo di sé – cosi come creato e previsto dall’uomo – ma si determina in modo autonomo nel suo essere. “L’odierna evoluzione della capacità tecnica” produce infatti “un incantamento pericoloso”,  laddove “la macchina non si limita a guidarsi da sola, ma finisce per guidare l’uomo”, come ha osservato di recente il Papa, rivolto all’assemblea della Pontificia Accademia della vita, dedicata al tema “Roboetica. Persone, macchine e salute”.

La tecnica non sia mai estranea e ostile all’uomo

Era dunque tempo che in ambito Onu si ponesse la questione, perché – come sottolineato da Francesco – se “da un lato lo sviluppo tecnologico ci ha permesso di risolvere problemi fino a pochi anni fa insormontabili”, “d’altro lato sono emerse difficoltà e minacce” “insidiose”, dove “il ‘poter fare’ rischia di oscurare il ‘chi fa’ e il ‘per chi fa’. La tecnica non può dunque mai intendersi “come una forza” “estranea e ostile” all’uomo, ma sempre “come prodotto del suo ingegno attraverso cui provvede alle esigenze del vivere per sé e per gli altri”.

Un approccio globale umanistico all’intelligenza artificiale

E’ questa la filosofia sottesa ai lavori della Conferenza internazionale sull’Intelligenza artificiale, organizzata – ieri a Parigi – dall’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. Per la prima volta soggetti pubblici e privati, enti governativi e non, esponenti del mondo scientifico, accademico, mediale, della società civile si sono confrontati sulla materia con un approccio globale umanistico. Una novità. Ma siamo ancora in tempo per regolare questa tecnologia perché sia a totale servizio dell’uomo? Un ruolo trainante nella comunità internazionale sta svolgendo l’Ue, come spiega Roberto Viola, ingegnere elettronico, tra i relatori della Conferenza di Parigi, in qualità di direttore generale della Dg Connect (Communications Networks, Content and Technology), presso la Commissione Europea.

– In realtà l’intelligenza artificiale è un’assistenza all’uomo, alla persona, e può fare cose bellissime come, per esempio, migliorare molto il campo della medicina, della diagnosi soprattutto. Ci sono risultati impressionanti della capacità che ha l’uomo insieme a questi algoritmi di poter interpretare, per esempio, le immagini mediche. La stessa opportunità può dare nel mondo del lavoro: più sicurezza, in generale, negli scambi, nei rapporti umani. Quindi è un dono per l’umanità la possibilità di usare questo tipo di tecnologia per migliorare la qualità della vita, che quindi deve essere fatta dall’uomo per l’uomo. Non ci deve essere alcun dubbio su questo.

Però i dubbi che non sia fatta per l’uomo ma soprattutto per interessi economici da parte di pochi ci sono…

– Certo, in tutte le evoluzioni nella storia dell’umanità, in tutte le evoluzioni tecnologiche, purtroppo c’è sempre stato qualcuno che ha avuto l’idea di sfruttarle per applicazioni che certo non avevano scopi nobili. Pensiamo alla scoperta dell’energia nucleare. E quindi c’è bisogno di etica, di regole e questo deve essere la responsabilità della comunità degli Stati e individualmente di ciascuna organizzazione, che utilizza questo tipo di tecnologie.

Da decenni si lamenta che gli Stati non abbiano adeguatamente legiferato su tutto ciò che riguarda il mondo digitale, la rete internet, che va a impattare ormai in ogni ambito del nostro vivere, e si accusa la politica di essersi sostanzialmente asservita al mercato piuttosto che saper orientare il mercato. Lei crede che l’Unione europea possa e debba giocare a questo punto un ruolo non solo propositivo ma decisionale e più forte anche per riconquistare la fiducia dei cittadini europei?

– La politica fa sempre fatica quando le innovazioni arrivano molto velocemente. Lei pensi ai social media, cinque anni fa non se ne parlava quasi e vediamo quanto sono importanti oggi. Credo che nel panorama mondiale, quello che ha fatto l’Unione europea sia straordinario: è l’unica area in cui c’è un regolamento che vale dappertutto per la protezione dei dati personali. Questo è lodevole specialmente guardando al panorama mondiale, dove c’è un’assenza totale di regole quasi ovunque. Quello che forse bisogna fare di più è investire e creare più opportunità di lavoro.

Quindi tanto più l’Unione europea avverte la responsabilità di questo ruolo guida nel mondo intero…

– L’Europa ha portato avanti l’idea che l’evoluzione, specialmente l’intelligenza artificiale, sia centrata sull’uomo, sia per l’uomo, e questo dà prestigio, ma attribuisce anche un ruolo di grande responsabilità nel mondo. Quello che adesso è necessario, importante – ricordando che l’Europa siamo tutti noi, non sono solo le istituzioni che stanno a Bruxelles, ma sono gli Stati nazionali, i cittadini – è portare questa nuova tecnologia, l’intelligenza artificiale, in tutti gli ospedali, in tutte le amministrazioni pubbliche, perché sia un grande vantaggio per tutti noi.

Quindi approfondire il concetto di bene comune, di cui tutti dobbiamo essere compartecipi…

– Non c’è dubbio. L’intelligenza artificiale, internet, sono beni comuni che hanno migliorato la nostra capacità di interagire col mondo, conoscere, essere informati, poter ottenere cose che prima non erano possibili. La questione è che ci sono dei rischi, ci sono problemi che vanno affrontati, però se uno è convinto, come deve essere convinto, che questi sono vantaggi e non svantaggi, deve affrontare i rischi con responsabilità, ma non con panico.

Roberta Gisotti

4 marzo 2019

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