Come molti sanno il “Dipartimento di Scienze Umane” dell’Università di Verona mediante una dichiarazione di 160 docenti ha deciso di assumere una posizione critica nei confronti del Congresso Mondiale delle Famiglie. Si legge nel comunicato: “Come Dipartimento di Scienze Umane, insieme a molti altre e altri docenti, ricercatori e ricercatrici dell’ateneo tutto e di tutte le aree disciplinari, ci facciamo promotori di una presa di posizione critica in merito allo svolgimento del Congresso Mondiale delle Famiglie”. Anche il Rettore dell’Università di Verona Nicola Sartor ha affermato: “Bene ha fatto il dipartimento di Scienze umane, assieme ad altri docenti, ricercatrici e ricercatori di ateneo, a sottolineare come le tematiche proposte nel convegno e le posizioni degli organizzatori siano, a oggi, prive di fondamento e non validate dalla comunità scientifica internazionale”.
E, il Direttore del Dipartimento Riccardo Panattoni, alla domanda: “Cosa criticate?”, così ha risposto: “…non si può prescindere dal presupposto scientifico e lasciare che gli spazi pubblici della città siano dedicati a questi eventi perché sarebbe un inganno verso i cittadini” (https://www.open.online/primo-piano/2019/03/18/news/universita_di_verona_contro_il_congresso_sulla_famiglia-173263/)..
Il discorso avrebbe una sua logicità, condivisibile o meno, se il Dipartimento non avesse tenuto mediante POLITESSE (Centro di Ricerca – Politiche e Teorie della Sessualità) ad ottobre 2018 un ciclo di seminari dal titolo: “Porte Aperte”. Si leggeva nel post posato sulla pagina Facebook di POLITESSE: “Per l’anno accademico 2018/2019, il centro di ricerca POLITESSE propone il ciclo di seminari ‘Porte Aperte’, una serie di incontri destinati al tempo stesso al pubblico universitario e alla cittadinanza, in cui autric*, ricercatric*, espert* presenteranno e discuteranno ricerche e volumi attinenti alle tematiche della sessualità nelle loro molteplici implicazioni teoriche (filosofiche, politiche, culturali ecc.) e all’impatto che queste hanno sulla vita materiale delle persone. L’intenzione di ‘Porte Aperte’ è quella di superare i confini dell’accademia e di far uscire i dati e le conoscenze che lì nascono, nella convinzione che la ricerca non termini con la produzione di un libro, di un articolo o di un rapporto di ricerca, ma che proprio nell’interlocuzione con professionist*, portator* di interesse, cittadin* si compia il senso del lavoro scientifico di ogni studios*. Da ottobre a giugno ci distribuiremo tra aule universitarie, librerie e luoghi della città per confrontarci su temi che verranno affrontati di volta in volta dal punto di vista teorico, applicativo, del dibattito sociale, etico e politico che accendono”. E, nel primo incontro il 22 ottobre, fu presentato il testo “Più cuori ed una capanna. Il poliamore come istituzione” (a cura di E. Grande e L. Pes) dell’ editore Giappichelli che così lo presenta: “La ‘famiglia’ come istituzione giuridica costituisce l’esito di una complessa traduzione di pratiche affettive e relazionali. Tali pratiche, molteplici e mutevoli nel tempo, sono da sempre oggetto di regolamentazione normativa e insieme luogo privilegiato di osservazione delle trasformazioni sociali in atto. Il poliamore rappresenta oggi la nuova frontiera affettiva e relazionale, che chiede di diventare fonte di diritti e di doveri. L’attuale prevalente riconoscimento giuridico dei matrimoni LGBT nel mondo occidentale sembra infatti costituire l’anticamera di nuove trasformazioni nella direzione del riconoscimento di matrimoni plurimi” (https://www.giappichelli.it/piu-cuori-e-una-capanna).
Ma le tematiche proposte nei seminari quali fondamenti avevano? Erano validate dalla comunità scientifica internazionale? Perché, ovviamente, le “regole” devono valere sempre e per tutti, altrimenti, come affermato dal prof. Panattoni, è “un inganno verso i cittadini”. O sbaglio?
Don Gian Maria Comolli