Della insofferenza che caratterizza il rapporto tra la galassia femminile (in particolare lesbiche e femministe) e quella transgender, abbiamo già parlato in varie occasioni. Abbiamo avuto modo di notare, a riguardo, quanto le donne si sentano minacciate dalle nuove politiche “gender inclusive” che ammettono sempre più facilmente i maschi negli spazi riservati al gentil sesso (spazi sia fisici, come i bagni pubblici, sia giuridici, come i nuovi “diritti di genere”).
Qui riportiamo il caso interessante di Julia Beck, attivista lesbica, che ha dichiarato a Tucker Carlson di Fox News che «tutte le donne e le ragazze condividono una realtà biologica» che gli uomini non possono mai condividere, indipendentemente dall’intervento che potrebbero subire. Sembra quasi di leggere la nostra Silvana De Mari: «Il sesso esiste. È determinato dai cromosomi, inciso in ogni nostra cellula. Purtroppo non è possibile passare da un sesso all’altro. Quello che è possibile è castrare un essere umano (la perdita delle gonadi determinerà un crollo degli ormoni sessuali), bombardarlo con gli ormoni dell’altro sesso, con un notevole quantitativo di effetti collaterali, e sottoporlo a lunghissimi interventi di chirurgia estetica, che diano ai genitali l’aspetto dell’altro sesso, e che a loro volta sono gravati da pesanti effetti collaterali» (Notizie Pro Vita, n. 72, Marzo 2019, p. 8).
Invece no, chi parla è proprio un’attivista lesbica che usa argomenti presi in prestito dal più tradizionale realismo filosofico; argomenti, per intenderci, che troviamo nelle opere di Aristotele e San Tommaso d’Aquino. Il discorso comincia a scricchiolare quando la Beck dichiara che l’acronimo Lgbt (che sta per Lesbian, Gay, Bisexual e Transgender) in realtà non dovrebbe includere i transgender. Lo fa con una sferzata di legge naturale accomodata per l’occasione: «Le L, G e B sono basate sulla sessualità; sono basate sul sesso, realtà biologiche. Ma la T è basata sull’identità di genere, che non è basata sulla realtà biologica. In realtà, direi che è contraria alla realtà biologica».
Su queste ultime osservazioni, niente da eccepire. È la prima parte che traballa, e ora vediamo perché. Prima però domandiamoci: qual è stata la ragione di questa polemica? «Sono stata giudicata colpevole di “violenza”», ha detto la Beck. «Il mio crimine? Usare pronomi maschili per parlare di uno stupratore maschio condannato che si identifica come transgender e preferisce i pronomi femminili». A causa di questa sua posizione, Julia Beck è stata espulsa dalla Lgbtq Mayor’s Commission di Baltimora, in quanto, evidentemente, intollerante.
Ora, il ragionamento portato avanti dalla Beck in merito alla “T” dell’acronimo non fa una piega. Ciò che fa sorridere è il candore con cui lei e tutte le femministe che cominciano ad aprire gli occhi sulla teoria del gender, fanno appello al dato di realtà, a quella biologia e a quella natura “oggettive”, che dovrebbero fondare l’auspicata regolazione dell’affaire trans. Una cosa vorremmo capire: in base a quale principio la natura umana va riconosciuta e “obbedita” dai transessuali, mentre può essere tranquillamente ignorata e disattesa dagli omosessuali? Eh già, perché il problema sta nel giudizio su L, G e B che, a dispetto di quanto riferito sopra, non sono «basate sulla sessualità», dal momento che la sessualità non è né L, né G, né B, né T, né X-Y-Z. Se vogliamo individuare la sessualità nell’alfabeto, l’unica lettera da assegnarle è la N di “naturale”.
Vincenzo Gubitosi
Fonte: LifeSiteNews
https://www.lifesitenews.com/news/lesbian-feminist-tells-tucker-carlson-how-transgenderism-puts-real-women-in