L’Istat segnala un calo del potere d’acquisto delle famiglie a fine 2018. Per gli italiani le cose potrebbero peggiorare quest’anno.
Dall’Istat sono arrivati i dati relativi all’ultimo trimestre del 2018 sui conti delle amministrazioni pubbliche e sul reddito delle famiglie italiane. Il deficit/Pil alla fine dello scorso anno è sceso al 2,1% dal 2,4% del 2017, mentre il debito pubblico è salito dal 131,3% al 132,1% del Pil. Dal terzo al quarto trimestre, in corrispondenza con la recessione tecnica, il reddito disponibile delle famiglie è sceso dello 0,2% e il loro potere d’acquisto dello 0,5%. La situazione per le famiglie italiane può peggiorare? «Penso che guardare i numeri trimestre per trimestre – ci dice Nicola Rossi, economista e Presidente dell’Istituto Bruno Leoni – sia scarsamente indicativo. Detto questo, congiunturalmente sappiamo bene che l’Italia è in recessione. Quindi che per le famiglie le cose possano andare meno bene in futuro è possibile. Aggiungo però un elemento».
Prego.
Finora mi pare non si siano verificati importanti cambiamenti sul versante occupazionale, ma se la situazione congiunturale continuasse a rimanere pesante, prima o poi bisognerà attendersi anche dal lato dell’occupazione notizie non particolarmente buone. Il piccolo aumento della disoccupazione registrato a febbraio potrebbe essere un inizio di quello che può ancora accadere. In quel caso è chiaro che i conti per le famiglie ne risentirebbero.
Intanto dai dati sui conti pubblici vediamo anche un aumento del debito pubblico, nonostante “stringiamo la cinghia” con un avanzo primario passato dall’1,4% all’1,6% del Pil…
Facciamo un po’ di chiarezza. Abbiamo un avanzo primario che è significativamente inferiore agli oneri per interessi sul debito pubblico. Questo significa che andiamo sui mercati a chiedere soldi in prestito perché non riusciamo a ripagare gli interessi. Sarebbe come andare in banca a chiedere un mutuo per riuscire a pagare gli interessi su un altro mutuo che si è già acceso. Non credo che ci sia banca al mondo che su queste basi concederebbe un prestito. Quindi la realtà dei fatti è che noi la cinghia non la stiamo stringendo per niente! L’avanzo primario ci indica quante risorse riusciamo a mettere disposizione per poter pagare gli interessi sul debito ed eventualmente rimborsare il capitale. Ma noi nemmeno gli interessi riusciamo a pagare. E non è da oggi, ma è da molto tempo che non ci riusciamo.
Dunque bisognerebbe cominciare ad aggredire il debito pubblico con i tagli di spesa che lei da tempo auspica.
Questo ce lo diciamo da molto tempo, ma non succede assolutamente nulla perché non vedo nessun Governo, né presente, né passato, disponibile a fare sul serio un’operazione di questo tipo. Il risultato è che abbiamo il debito pubblico che continua ad aumentare e la pressione fiscale che non accenna a scendere e il Paese che è bloccato.
La pressione fiscale, a fine 2018 al 42,1% del Pil, può aumentare quest’anno?
Ci sono molte premesse perché questo accada. Vorrei ben capire come si intende risolvere il problema che avremo davanti a settembre con le clausole di salvaguardia da disinnescare. Se si spera di poter avere una nuova mandata di flessibilità da parte della futura Commissione europea ho l’impressione che un po’ ci si illuda. Non credo che avremo tutte queste aperture.
Intanto abbiamo avuto un po’ di “benevolenza” adesso: non ci sarà una manovra correttiva.
Guardi, su questo tema mi sembra che siamo di fronte a un altro “mistero italiano”. Il ministro dell’Economia, a proposito della manovra correttiva, ha detto che nessuno ce la chiede. Ma una manovra aggiuntiva non si fa perché qualcuno ce la chiede, ma perché mettere la finanza pubblica in equilibrio è nell’interesse degli italiani di oggi e di domani. È molto probabile che il Governo e il ministro dell’Economia non abbiano questo obiettivo, ma pensare che una cosa si faccia perché ce la chiedono è anche abbastanza umiliante, se posso essere sincero.
Il decreto sblocca-cantieri e quello per la crescita, che dovrebbe essere nelle prossime ore, potranno invertire il trend di rallentamento dell’economia ed evitare la temuta crescita zero?
Finché non saranno noti i contenuti di questi decreti sarà difficile dirlo. Ho la netta sensazione che in passato ci siano stati altri decreti sblocca-cantieri e che il risultato non sia mai stato particolarmente eclatante. Speriamo che questa volta vada meglio. Certo è singolare che un Governo che tre-quattro mesi fa ha fatto una manovra apparentemente espansiva per sostenere l’economia oggi sia costretto a varare provvedimenti ancora per sostenere l’economia. Evidentemente qualcosa non ha funzionato. Come in molti avevano segnalato, era abbastanza evidente che la manovra di dicembre non potesse funzionare.
Dal Governo qualcuno potrebbe dirle che era impossibile prevedere un rallentamento della Germania, la locomotiva dell’Eurozona…
Il problema è proprio questo: di solito i governi saggi e prudenti mettono fieno in cascina perché qualcosa può non andare bene. In Italia da anni si sta facendo esattamente il contrario. Si spende anche quando si dovrebbe mettere fieno in cascina e poi quando le cose non vanno bene non si sa come cavarsela.
Secondo Carlo Cottarelli, se nel secondo semestre il rallentamento economico europeo continuerà e la Germania entrerà in recessione, l’Italia potrebbe ritrovarsi in una crisi come quella del 2011-12, anche a livello di spread. Rischiamo così tanto?
Sì, siamo appesi a un filo. Non ce ne rendiamo conto, perché quando le cose sono tranquille pensiamo che il problema sia superato. Per moltissimi motivi, continuiamo a essere appesi a un filo. Del resto vediamo che lo spread può avere delle fiammate in maniera piuttosto facile. Siamo effettivamente in una situazione pericolante.
Con il Def converrà quindi “mettere fieno in cascina”, per usare la sua immagine di poco fa?
Assolutamente. Il Governo farebbe bene ora a costruire un quadro di finanza pubblica sostenibile, credibile, cosa che oggi non abbiamo.
Lorenzo Torrisi
04.04.2019
https://www.ilsussidiario.net/news/economia-e-finanza/2019/4/4/finanza-e-politica-gli-errori-che-possono-riportarci-al-2011/1867070/