Bologna . «Che ne sarà di loro dopo di noi?». Quello sguardo eterno delle madri

By 7 Maggio 2019Testimoni

Le chiamano “Mamme indomite”, hanno tra i 72 e gli 83 anni: con il sistema residenziale Casa San Donato offrono alloggi e futuro. «L’obiettivo? Garantire vera autonomia»

«Cosa accadrà dopo la nostra morte?» Non è una domanda di fede, in questo caso, ma quella che si pongono le “Mamme indomite”, tutte dai 72 agli 83 anni, vedove, i cui figli, ormai adulti, sono affetti da gravi disabilità e vogliono andare a vivere insieme a “Casa San Donato”. Ogni madre pensa al futuro dei propri figli, ma ci sono casi in cui l’interrogativo è determinante: “Dopo di noi” è il nome della Fondazione bolognese che da 12 anni si occupa di progettare il futuro di adulti disabili, quando i genitori non ci saranno più. «Nessuno, meglio delle madri, sa cosa si addice ai propri figli.

Ecco perché – spiega Luca Marchi, direttore della Fondazione – il nostro è un approccio di condivisione, che pensa al domani di queste persone insieme alle loro famiglie». Niente a che vedere, dunque, con le, pur utilissime, Rsa o strutture medicalizzate: «Mettiamo a disposizione case. Ne abbiamo 5, a Bologna e provincia. Finora erano dedicate a disabilità lievi, con l’esperienza di “Casa San Donato” vogliamo sperimentarci su disabilità gravi».

Un sistema residenziale diffuso, quello della Fondazione, che offre alloggio a 13 disabili adulti ed esperienze di coabitazione più limitate ad altri 30. «È già capitato che uno dei nostri ospiti rimanesse orfano – dice Marchi – ma non c’è stato alcun dramma particolare: ha continuato la sua vita autonoma in casa con gli amici ». Sì, perché, oltre che coinquilini, sono amici veri, come spiega Tiziana Roppoli, la coordinatrice del progetto: «La coabitazione di Cristian, Roberto, Luca, Valentina, Barbara a “Casa San Donato” ci pone davanti a nuova sfida, perché necessitano di una presenza professionale costante in casa con loro». Da un anno Roppoli lavora con le “Mamme indomite”, che sono ormai un gruppo di mutuo aiuto: «Nessun piagnisteo, mentre i figli sperimentano delle autonomie, loro vanno a pranzo fuori, fanno yoga» racconta. «Una di loro mi ha detto: “prima di morire, voglio sapere cosa vedrà mio figlio dalla finestra della sua camera”.

Un’altra si augura di avere il tempo di insegnare agli operatori come gestire il guardaroba del figlio: adora i maglioncini in cachemire e, si sa, infeltriscono facilmente! Un’altra ancora, la più timorosa, ha aderito al progetto a patto di poter dormire lì la prima notte». Insomma, le preoccupazioni di tutte le mamme amplificate dalla condizione di disabilità dei figli: «Per un genitore è importante immaginare il “dopo” con grande concretezza, in un contesto che non snaturi totalmente le abitudini dei loro figli, l’educazione che hanno ricevuto fino a quel momento». Le abilità degli ospiti saranno valorizzate: «Tutti, come possono, dovranno aiutare a fare la spesa, a cucinare, a pulire la casa, proprio come in una famiglia».

E “Casa San Donato”, come in famiglia, è cucita su misura sui propri ospiti. Nel video Lo sguardo delle mamme, disponibile su www.dopodinoi. org, una di loro racconta: «Un giorno ho chiesto a Barbara: e se io andassi a vivere in campagna e tu restassi a in città con i tuoi amici? E lei, ridendo, ha detto: sì, va bene». Un’altra mamma vuole essere rassicurata: «Spero che a mio figlio non lasceranno mangiare tutto quello che vuole, che lo ascolteranno, che lo terranno in ordine». «Sono le speranze di questi genitori che guidano il nostro lavoro – afferma Roppoli – in tanti hanno contribuito al progetto, dall’Asp di Bologna, che ha messo a disposizione l’appartamento a canone calmierato, alla Regione Emilia Romagna, che ci aiuterà a ristrutturarlo tramite i fondi della Legge 112/2016 (quella sul “Dopo di noi”), alle aziende e associazioni che sosterranno l’avvio del progetto, ma abbiamo bisogno di aiuto anche per le gestione a lungo termine. Confidiamo nella raccolta fondi “Insieme realizziamo l’impossibile”: vogliamo che questi genitori vadano sereni incontro al tempo che passa».

Chiara Pazzaglia

21 aprile 2019

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