Lo stato sociale. Ecco i dieci fronti dell’Italia che diventa egoista

By 11 Maggio 2019Attualità

È una riforma ancora in cantiere, quella del Terzo settore, prevista dalla legge delega 106 del 2016. E mentre i tempi si sono allungati, anno dopo anno e governo dopo governo in attesa dei decreti attuativi, nell’ultimo anno l’emergenza solidarietà ha aperto altri fronti: dieci in tutto, ne abbiamo contati in queste due pagine.

Cominciamo proprio dai provvedimenti mancanti, a partire da quelli per il Codice del Terzo settore. Secondo il Forum del Terzo settore, al 12 marzo, su 24 decreti attuativi, ne erano stati approvati sette (tra cui la composizione e il funzionamento della Cabina di regia e la definizione delle aree principali d intervento e gli obiettivi delle attività finanziabili con il Fondo) e quattro erano in elaborazione.
Per l’impresa sociale, su 12 decreti previsti, solo due sono stati adottati e altrettanti quelli in fase di elaborazione, tra cui le linee guida per la redazione del bilancio sociale.

Per il 5 per mille è ancora in fase di elaborazione l’unico decreto che prevede, tra l’altro, le modalità di accreditamento degli enti beneficiari e i criteri di riparto dei fondi. Infine, per il Servizio civile universale, nessuno degli atti previsti è nemmeno in fase di elaborazione. Tra l’altro, manca il decreto per la redazione del piano triennale e del piano annuale delle attività, il decreto con i programmi di intervento approvati, quello per la nomina dei componenti la Consulta nazionale per il servizio civile e quello per la sua organizzazione e funzionamento. Tra i punti-chiave va ricordata la mancata convocazione, fino a settimana scorsa, del Consiglio nazionale per il Terzo settore, organo previsto per legge.

Poi ci sono gli altri temi aperti, quelli di più stringente attualità perché determinano il consenso politico: due di questi hanno a che vedere con l’universo dei migranti, per come (non) sono più soccorsi, ormai da due anni a questa parte, cioè da quando è iniziata la campagna di messa al bando delle Ong dal mare; e per come gli stessi profughi, negli ultimi mesi, sono stati trasformati in ospiti indesiderati delle stesse strutture di accoglienza, in seguito ai tagli dei fondi e al ridimensionamento degli Sprar.

Quattro, invece, sono i capitoli più prettamente politico-sociali che riguardano da vicino l’esclusione dei senza fissa dimora dal circuito del reddito di cittadinanza, l’addio al bonus baby sitter per le famiglie, la marcia indietro (dopo forti polemiche) sul raddoppio dell’Ires al non profit e il sempre rimandato finanziamento del Fondo per i non autosufficienti.

Infine, le emergenze sociali nascoste: il carcere, dove il principio del “buttare la chiave” sembra aver avuto la meglio sulle politiche di reinserimento (che avrebbero bisogno di soldi per essere attuate) e le comunità familiari, l’ultimo campo di battaglia di cui è stato investito (per stabilire cosa?) il Parlamento.

I dieci capitoli della solidarietà mancata

1 Fondi per l’integrazione tagliati

Il capitolato d’appalto che riduce da 35 a 18-20 euro al giorno a migrante la spesa per l’accoglienza di fatto ha tagliato gli investimenti per l’integrazione (e la sicurezza). I Cara vengono progressivamente chiusi e i progetti Sprar, che avevano dato i risultati migliori in termini di integrazione, sopravvivono a fatica.

2 Ong criminalizzate

Era stato il governo Gentiloni con il ministro dell’Interno Minniti ad avviare il giro di vite sulle Ong. Il codice di condotta imposto per i salvataggi in mare è stato percepito come un atto d’accusa ai soccorritori, definiti «taxi del mare» da esponenti dell’attuale governo. Poi sono arrivate le inchieste, e nessuna condanna. Intanto in Libia è tornata la guerra.

3 Tagli alle misure alternative al carcere

I dati dimostrano che la recidiva crolla con il lavoro in carcere: solo il 10% di chi ha imparato un lavoro in carcere torna a delinquere una volta in libertà, contro l’85% di recidiva per chi non è coinvolto in un programma di “rieducazione”. Eppure da Orlando a Bonafede, i fondi, già esigui, sono stati assottigliati di continuo.

4 Terzo settore ancora in attesa

Molti i decreti mancanti della legge di riforma del Terzo settore, la 106/2016. Servizio civile universale: previsti 4 atti, ma sono zero quelli in elaborazione. Per il 5 per mille è previsto un solo atto, in elaborazione. Per l’impresa sociale sono previsti 12 atti, due sono in elaborazione e due adottati. Per il Codice del Terzo settore, previsti 24 atti: 4 in elaborazione e 7 adottati.

5 Il balletto dell’Ires

Il tira e molla è durato poco. Perché se nella legge di Bilancio alla fine era stato inserito il raddoppio dell’Ires, l’imposta sul reddito, per gli enti non commerciali, tutto è tornato indietro quattro settimane dopo. Con il “Dl Semplificazioni” infatti è stato bloccato e ripristinata la tassa al 12% fino all’entrata in vigore delle nuove misure agevolative contenute nel Codice del Terzo settore.

6 Il dialogo negato

Il Consiglio nazionale del Terzo settore non è mai stato convocato dal governo fino al marzo scorso, eppure la legge prevede un’interlocuzione costante tra i rappresentati delle realtà sociali e i vertici ministeriali e di governo. La lentezza nell’attivazione di queste procedure (un solo incontro in 10 mesi) ha rallentato anche altri iter legati alla riforma del comparto.

7 Comunità familiari sotto tiro

La commissione d’inchiesta parlamentare che la Lega intende avviare sul sistema delle comunità d’accoglienza per i minori fuori famiglia – circa tremila centri per un totale di oltre 21mila ragazzi – rischia di indebolire, se non criminalizzare, una realtà già fragile, spesso inadeguata soprattutto nel Centrosud, per far fronte a bisogni che sono di assistenza, ma anche educativi e di accompagnamento alla crescita.

8 I non autosufficienti dimenticati

Il Fondo per le non autosufficienze è stato istituito dalla Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 per dare copertura ai «costi di rilevanza sociale dell’assistenza socio-sanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti». Ogni anno, però, da quasi un decennio, si pone il problema, con la legge di bilancio, di rifinanziare uno strumento fondamentale per migliaia di famiglie.

9 Reddito di cittadinanza, non per i più poveri

Il reddito di cittadinanza si è accompagnato a una sovrastima – in base ai “paletti” fissati – della platea dei beneficiari, che non coinvolge tra l’altro i senza fissa dimora, cioé chi non ha nulla. Questo ha portato al possibile risparmio di un miliardo di cui ha parlato il presidente Inps Tridico; somma cui si guarda ora con “interesse”, rilanciando l’idea di una maggior «interlocuzione» con gli enti che più si occupano di povertà.

10 Famiglia, addio al bonus baby-sitter

Fonte di malumori è stato di recente l’addio al bonus baby-sitter. Si tratta di quello, non prorogato nel 2019, che consentiva alle mamme di “scambiare” il congedo parentale con un bonus fino a 600 euro per 6 mesi per pagare queste figure o l’asilo nido. Proprio la copertura dei servizi territoriali per l’infanzia da 0 a 3 anni è frutto di costanti polemiche: solo 4 Regioni raggiungono gli standard europei.

Redazione Interni

27 aprile 2019

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