«La libertà» affermava Don Chisciotte della Mancia rivolgendosi al suo scudiero Sancho Panza: «è il bene più grande che i cieli abbiano donato agli uomini». Poi continuava: «i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non la possono eguagliare; e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita». Questo pensiero di Don Chisciotte evidenzia la grandezza e la nobiltà che la libertà riveste per l’uomo.
Il vocabolo libertà è presente nei nostri discorsi ed investe tutti i settori societari, come pure dovrebbe accompagnare la nostra quotidianità dove il termine risuona con insistenza, spesso però, stravolgendone il contenuto poiché molti ritengono che si esprima nel compiere «quello che si vuole» essendo fortemente influenzati dal pensiero negativo di J. P. Sartre che sosteneva: «Per la realtà umana essere vuol dire scegliersi: niente viene dal di fuori, né tanto meno dal di dentro che essa possa ricevere o accettare. La realtà umana non può ricevere i suoi fini né dal di fuori né da pretesa natura interna. Essa li sceglie e basta; e con questa conferisce loro un’esistenza trascendente» (L’essere e il nulla, Il Saggiatore 1975, pg. 535). Per Sartre, dunque, la libertà si concretizza nell’atto che l’uomo compie, privo di qualsiasi retroterra metafisico ed esaltava di conseguenza una libertà individuale da stimare come valore unico e assoluto, svincolata dalla legge naturale e dalle normative etico-morale ritenute oppressive e repressive.
Ma la decantazione della libertà individuale, separata dal fondamento metafisico, o si autodistrugge o si trasforma in strumento di lotta in cui prevale la legge del più forte. Lo possiamo notare prevalentemente negli adolescenti e nei giovani ma anche in molti adulti che spesso fanno propria questa posizione. Di conseguenza, la libertà individuale si tramuta in valore assoluto che significa: autonomia dai principi, dalle prescrizioni, dalle norme che regolano la convivenza societaria. La confusione che circonda il vocabolo fa ritenere a molti che l’egoismo, l’individualismo, la maleducazione e l’arroganza siano sinonimi di libertà. Questo abuso, oltre che ridurre la libertà, si traduce nel conformismo «appiattito verso il basso». Ad esempio, sempre osservando gli adolescenti e i giovani e non solo, immediatamente notiamo un abbigliamento omologato composto di jeans più o meno attillati e scoloriti, scarpe da ginnastica d’inverno e ciabatte infradito nella stagione calda; non mancano, poi, orecchini multipli, pirsing e un taglio di cappelli all’unisono. Il tutto, accompagnato da un linguaggio zeppo di volgarità. Anche l’amore, o meglio il sesso libero, si trasforma nella loro visione, in espressione di libertà.
Noi invece siamo convinti che la libertà è imprescindibilmente accompagnata dalla verità e dalla responsabilità.
L’amante della libertà ricerca la verità approfondendo e confrontandosi per poi formarsi il suo giudizio, non quello degli altri o quello imposto dai mass media, da taluni opinionisti, dal “politicamente corretto”, dalle ideologie o da velate forme di dittatura. In altre parole: non compra nulla a scatola chiusa. Il cristiani, inoltre, ha un riferimento in più: la «nuova libertà» insegnata dal Signore Gesù racchiusa nei suoi insegnamenti: «Se rimarrete fedeli alla mia parola, sarete veramente miei discepoli; conoscere la verità, e la verità vi farà liberi» (Gv. 8,31). Commenta il biblista B. Maggioni: «Il verbo al futuro (“sarete liberi”) mostra che la libertà è un punto di arrivo, e segna lo stacco tra il prima (una vita di schiavitù) e il dopo (una vita nella verità e nella libertà). La libertà di Gesù non è già nell’uomo, ma va accolta e costruita, e segna la differenza fra l’uomo vecchio e l’uomo nuovo. E la libertà evangelica si radica nella parola di Gesù, cioè nella sua rivelazione» (Il racconto di Giovanni, Cittadella Editrice 2006, pg.173). Dunque, l’uomo è libero, nella misura che si avvicina alla verità, la riconosce e la fa propria un fondamento della libertà è la conoscenza della verità.
La libertà, inoltre, esige la responsabilità, riconoscendo che la rivendicazione dei propri diritti deve procedere parallelamente con il riconoscimento di quelli degli altri. Nessuno è un bene «solo per se stesso»; ognuno è indissolubilmente unito agli altri, dipendendone in molteplici modi; e la nostra realizzazione avviene unicamente con la loro collaborazione. Siamo nati nudi, bisognosi dell’altro, dipendenti in modo assoluto da chi appagava e appaga i nostri bisogni. E’ sufficiente rammentare le molte persone che operano ogni giorno per noi e i tanti ai quali dobbiamo riferirci in ogni circostanza. Reputare la responsabilità nemica della libertà è un autentico paradosso perché da soli, non potremmo garantirci nessun diritto. Il nocciolo del problema è dunque il bene etico che orienta la libertà nei confronti della dimensione umana e sociale globale. Riferiamoci alle tematiche riguardanti la vita, il rispetto di questa precede il diritto alla libertà poichè per essere liberi è indispensabile essere vivi.
Nel contesto cristiano la libertà assume un significato ancora più ampio, consentendo la totale adesione alla volontà di Dio che invita l’uomo alla salvezza e alla costruzione di un mondo migliore e più fraterno. Di conseguenza non dobbiamo temere di fissare lo sguardo sul Signore Gesù per comprendere sempre meglio l’autentico significato di questa caratteristica della nostra esistenza. Unicamente Cristo ci può distogliere dal lasciarci incatenare dai mille lacci che la società sta apponendo alle nostre caviglie per privarci della pace del cuore, l’unica che ci consente di scrutare il domani con speranza e con ottimismo. Ammoniva il filosofo greco Tucidide: «La felicità dipende dall’essere liberi ma la libertà dipende dall’essere coraggiosi».
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