Scoprire la grandezza del fondatore del Sacro Romano Impero significa scoprire anche le sue doti di uomo di lettere, “analfabeta” in gioventù ma dotto in vecchiaia, e soprattutto di eccezionale organizzatore di cultura. Con lui si ebbe la celebre “rinascita carolina”, terreno rigoglioso dal quale germogliò il futuro splendore della cultura europea medievale e moderna.
È difficile trovare un personaggio cui la cultura occidentale debba tanto come all’Imperatore Carlo Magno. Altro che “barbaro”!
Dal ripristino della lingua latina alla riforma liturgica, dall’organizzazione del sistema scolastico alla riforma degli studi ecclesiastici, dalla diffusione della musica sacra alla riforma grammaticale, il suo regno segnò una vera e propria “rinascita carolingia”, fondamento e avvisaglia della cultura medievale e, quindi, moderna.
Uomo di cultura
Carlo Magno fu sicuramente un uomo di cultura, nel senso che si interessava a tutto ciò che riguardasse il sapere umano, usava ascoltare dispute dottrinali speso prendendovi parte, prediligeva la compagnia di uomini dotti, era abituato a farsi leggere opere teologiche, filosofiche, scientifiche e letterarie. Egli trascorse i suoi ultimi giorni discutendo con studiosi greci e siriaci sulla traduzione latina dei Vangeli.
Di lui scrisse il suo segretario e biografo Alcuino di York:
«Era dotato di eloquio facile ed esuberante ed era capace di esprimere con la più grande chiarezza tutto ciò che voleva. Non contento di conoscere soltanto la propria lingua materna, si dedicò anche allo studio delle lingue straniere, tra le quali apprese così bene la latina, che abitualmente si esprimeva con totale padronanza in questa lingua, mentre la greca era in grado di capirla più che di parlarla (…) Coltivò le arti liberali con grande passione, e poiché nutriva una profonda venerazione per coloro che le insegnavano, tributava loro grandi onori. Per lo studio della grammatica, ascoltò le lezione del diacono Pietro da Pisa, che allora era vecchio; per le altri discipline ebbe come maestro Alcuino, anche lui diacono, l’uomo più dotto in qualsiasi campo; sotto la sua guida spese moltissimo tempo e fatica nello studio della retorica, delle dialettica e particolarmente dell’astronomia (…) Tentò anche di scrivere, e a questo scopo aveva l’abitudine di spargere sotto i guanciali del suo letto tavolette e foglietti di pergamena, per abituare la mano a tracciare le lettere, quando aveva un po’ di tempo libero; ma quest’applicazione, iniziata troppo tardi, ebbe poco successo (…) Curò e perfezionò con grande zelo la disciplina delle letture e del canto. Era infatti molto preparato in ambedue le arti, sebbene egli stesso non leggesse pubblicamente né cantasse mai se non sommessamente e insieme con gli altri».
La Schola Palatina
Il cuore della Rinascita carolingia fu, senz’altro, la Schola Palatina radunata da Carlo Magno, una specie di accademia destinata all’educazione dei principi e dei giovani aristocratici. Fu anche un attivo centro di studi di alto livello, di cui fecero parte alcuni dei maggiori intellettuali europei dell’epoca. Il più famoso era Alcuino di York, che operò un’ampia revisione dei libri liturgici e diresse di fatto la politica culturale fino alla morte, avvenuta nell’804. Pietro da Pisa fu un acclamato grammatico, in grado di arrestare la vistosa decadenza della lingua latina di cui si era dimenticata perfino l’ortografia. Teodulfo, poeta ispano-visigotico, fu autore di sermoni, poesie religiose e morali, nonché di trattati di teologia dogmatica. Il suo inno Gloria laus et honor è stato inserito nella liturgia della Domenica delle Palme.
Il longobardo Paolo Warnefrido, detto Paolo Diacono, scrisse una stupenda Historia Langobardarum, un capolavoro e anche un caldo omaggio al suo popolo. Possiamo menzionare anche il vescovo Paolino d’Aquilea, autore di opere teologiche e testi poetici molto raffinati in lingua latina. L’interesse di Carlo Magno spaziava anche le altre lingue presenti nei suoi domini. Egli compilò, per esempio, la prima grammatica della lingua germanica e diresse una raccolta di poesia germanica antica. Egli interveniva speso e volentieri nei dibattiti teologici e filosofici dell’epoca, e giunse perfino a produrre diversi testi di rara densità intellettuale. È noto, per esempio, un suo saggio sui doni dello Spirito Santo, scritto nel 794. Dopo aver analizzato la teologia patristica in merito, Carlo Magno si sofferma su ciascuno dei setti doni, commentandoli prima singolarmente e poi nelle loro reciproche relazioni.
Riforma scolastica
Consapevole che, all’epoca, la cultura del popolo dipendeva direttamente da quella del clero, Carlo Magno attuò una profonda riforma degli studi ecclesiastici, stabilendo l’obbligo di leggere e scrivere il latino. Questi studi dovevano fondarsi su tre pilastri: le Sacre Scritture, i Padri della Chiesa e i filosofi classici. In questo modo, egli collegò lo studio della teologia a quello della filosofia, un passo innovativo che pose le fondamenta per lo sviluppo della teologia medievale, e particolarmente della Scolastica.
Ecco qualche stralcio di una sua lettera a Baugulfo, abate di Fulda, nella quale egli lo esorta a impegnarsi nell’istruzione dei suoi monaci e a coltivare nel suo monastero gli studi letterari:
«Sia noto alla vostra Devozione a Dio gradita che noi, insieme con i nostri vassalli, abbiamo ritenuto utile che i vescovadi e i monasteri affidati per grazia di Cristo al nostro governo si impegnino – e che nell’ordine di vita secondo la Regola e nella pratica della santa vita religiosa – nell’insegnamento letterario, rivolto a coloro che, per dono di Dio, sono in grado di apprendere».
Al fine di diffondere questa cultura fra il popolo, Carlo Magno ordinò che fosse aperta una scuola pubblica presso ogni parrocchia ed ogni monastero del Regno, prescrivendo inoltre che vi fossero accolti gratuitamente tutti i giovani, senza distinzione.
Un Capitolare del 789 ammonisce severamente i direttori di queste scuole di «non fare distinzione fra i figli di servi e i figli di uomini liberi».
Paolo Diacono scrisse i libri di testi per queste scuole, successivamente distribuiti in forma gratuita. Possiamo dire che questa fu la nascita della scuola moderna. Nella riforma carolingia troviamo infatti l’origine delle sette arti liberali: il trivium (grammatica, retorica e logica) e il quadrivium (geometria, aritmetica, astronomia e musica).
Un Capitolare dell’805, mentre condanna le pratiche superstiziose, stabilisce la fondazione di diverse scuole di medicina.
Riforma grammaticale
Carlo si impegnò a fondo anche nella scrittura amanuense nei monasteri, vale a dire la copia dei testi antichi da parte dei monaci. Molta della sapienza classica è arrivata ai giorni nostri per via delle copie carolingie. I manoscritti disponibili all’epoca erano scarsi e, per lo più, pieni di errori dovuti sia all’incuria dei copisti che alla mancanza di regole grammaticali. Per rimediare questa situazione, unificando la lingua scritta, Carlo Magno attuò la prima riforma grammaticale di respiro europeo. Dobbiamo a lui la codificazione della grafia latina, l’invenzione della cosiddetta “minuscola carolina”, ancora presente nei nostri moderni caratteri di stampa come Times New Roman, nonché l’invenzione dei moderni segni di interpunzione, come la separazione fra le parole e il punto interrogativo. Questa è la scrittura che usiamo ancora oggi.
La riforma liturgica
Con l’Admonitio generalis, del 789, Carlo Magno attuò in Europa la riforma delle norme religiose, l’unificazione della liturgia, con l’applicazione del canone romano e del canto gregoriano, nonché l’introduzione nei monasteri della regola benedettina. Le cerimonie religiose furono codificate in un Graduale, mettendo fine a un certo disordine che, purtroppo, si era insinuato in molti ambienti. Una vistosa eccezione alla riforma carolingia fu il rito ambrosiano, conservato nella diocesi di Milano con piena approvazione del Sommo Pontefice.
Carlo convocò non meno di 40 concili, per lo più misti, vale a dire con l’intervento sia di ecclesiastici che di laici, spesso prendendovi parte personalmente. L’Imperatore dimostrò molto interesse anche per la musica fondando diverse scuole musicali, tra cui quelle di Metz, Soissons e St. Gall. È fatto poco conosciuto, ma è stato Carlo Magno a diffondere l’uso dell’organo in Europa.
Il primo organo giunse in Occidente come dono dell’Imperatore bizantino Costantino Copronimo a Pipino il Breve, padre di Carlo Magno. La corte dei franchi fu, dunque, il centro nativo e propulsivo della tecnica organaria. Grande apprezzatore di questo strumento, Carlo Magno fece venire ad Aquisgrana il prete Giorgio di Venezia, che affermava di saper costruire organi, impartendo al suo tesoriere Tancolfo che gli fosse messo a disposizione tutto quanto era necessario per costruire lo strumento. L’organo di Aquisgrana fu il prototipo dell’organo occidentale.
In conclusione possiamo dire che nel regno di Carlo Magno, durato ben 40 anni, si completò il passaggio della cultura classica a quella medievale, e venne a luce una nuova civiltà, quella europea.
Questo testo di Augusto de Izcue è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento.