Riproponiamo la sintesi commentata del contributo che la filosofa e sessuologa francese ha portato anche in Italia, grazie alla traduzione della sua opera Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), del nostro Giovanni Marcotullio.
Un viaggio nel viaggio. La contraccezione è una proposta vecchia, il futuro è dei metodi naturali, internet alla portata di mano dei giovani invita all’uso e abuso di siti pornografici che trasformano il loro modo di vivere la sessualità, stereotipi di genere al tempo dell’uguaglianza: questi e molti altri sono gli argomenti concernenti la sfera sessuale su cui l’ospite ci ha aiutati a riflettere nelle quattro tappe del tour – Roma, Arezzo, Cremona, Milano – attraverso un viaggio all’interno del suo libro, “Una gioventù sessualmente liberata”.
Ma procediamo per tappe: oggi il libro è disponibile in italiano grazie all’intuito di Giovanni Marcotullio, che lo ha proposto alla casa editrice Sonzogno, per la quale lo ha poi tradotto, e in virtù del quale la neonata associazione Monte di Venere-Onlus ha potuto, e fortemente voluto, portare la Hargot nella penisola. L’attenzione attorno all’evento è cresciuta da subito in modo esponenziale, anche grazie all’interessamento di stampa, radio e tv: molto è stato scritto nei riguardi della sessuologa all’uscita del libro, come su Prospettiva Persona e Timone, poi una volta in Italia, Thérèse Hargot è stata intervistata da Tempi, Famiglia Cristiana, La Croce Quotidiano; è stata invitata alla trasmissione radiofonica su Radio Radicale con Massimiliano Coccia ed alla trasmissione televisiva di Tv2000 Soul, con Monica Mondo.
L’otto marzo, festa della donna, data scelta non a caso per aprire la tournée, l’università di Tor Vergata era pronta ad accogliere l’arrivo dell’autrice, che a causa di uno sciopero non è potuta arrivare in tempo; abbiamo avuto comunque la possibilità di ascoltare Costanza Miriano, la cui visione si abbina bene col pensiero dell’autrice parigina. Il pomeriggio tout de suite alla Feltrinelli di Largo Argentina, ecco comparire Thérèse Hargot in persona. Sono venuta da Rimini per festeggiare la festa della donna in modo nuovo:
sono stanca di sentirmi dire che questo giorno simboleggia la libertà della donna di fare quel che vuole e di sorbire gli spettacoli degli spogliarellisti
prende la parola una ragazza davanti agli astanti, rivolgendosi all’esperta, la quale ribatte:
tutto è causato dal fatto che noi donne ci adeguiamo al modello maschile e anche la sfera sessuale ne subisce l’influenza.
Da lì in poi il viaggio è stato un grandissimo successo, tant’è che in quei giorni è stata avviata la seconda ristampa. Tutti coloro che si sono recati alle conferenze hanno riconosciuto che, oltre alle doti evidenti della sessuologa, come presenza scenica e professionalità, complice allo scopo di far passare il suo messaggio è stato il fatto che non si professi credente, a sostegno dunque di chi ritiene che le argomentazioni sviscerate dall’autrice nel suo libro siano valide antropologicamente.
Il mondo cattolico, in effetti, promuove un sano modo di esperire la sessualità, questo perché si tiene in profonda considerazione l’umanità costituente l’uomo stesso: la visione integra della sessualità, dunque, è quella giusta per tutti, anche per i laici. Tant’è vero che essendo tutto questo scritto nella nostra natura, la prima forma di evangelizzazione si esplica attaccandosi alla realtà dei fatti per trasmettere la prima risposta alle domande di senso della vita. Durante l’intervista concessa a Famiglia Cristiana, è stato chiesto alla sessuologa se abbia mai riflettuto sul fatto che le sue posizioni da laica coincidono con quelle del magistero cattolico, ella ha risposto in questo modo:
Diciamo che almeno fino a questo momento tutto quello che io difendo è “cattocompatibile”, in Francia mi chiamano “Thérèse, la cattocompatibile”. Le mie riflessioni partono dall’osservazione della realtà e dall’esperienza umana. Io mi interrogo su questa esperienza e ne tiro fuori tutte queste cose. Questo processo è sincero dentro di me, alcuni parlano della mia fede ma il mio rapporto con Dio è molto complicato e non c’entra nulla. Non si tratta di una strategia di comunicazione altrimenti se ne accorgerebbero subito. Detto questo, io amo molto la Chiesa cattolica perché rappresenta la religione dell’incarnazione. Dal momento che lavoro sul corpo è la religione più interessante per me, quest’intreccio di fede e ragione lo trovo condivisibile e pieno di sapienza umana.
Io parlo dell’uomo e dell’umano ed è normale che mi ritrovi con quello che dice la Chiesa la quale, come diceva Paolo VI, è esperta in umanità. Inoltre, noto che il mio lavoro porta molti cattolici a comprendere i dogmi della loro religione. Su questo dobbiamo essere onesti: la maggior parte dei cattolici non comprende questi dogmi ai quali spesso obbedisce o non obbedisce affatto però in ogni
caso senza capirne fino in fondo il significato. È vero, in teoria, che la Chiesa è esperta in umanità, nel senso che ha tutto il bagaglio per esserlo, ma in realtà i cattolici molte volte non sono affatto eredi di quest’esperienza di umanità.
Sessualità normata
Si sono persi i ruoli, tutto è confuso, la sessualità è stata disumanizzata; il vaso è stato disintegrato, e ontologicamente abbiamo tutti gli stessi mezzi per intenderlo, anche i giovani a cui non è stato possibile apprezzarne l’interezza: un giorno ci diranno che abbiamo lasciato loro un’eredità penosa. Non è il caso di meravigliarsi, quindi, di fenomeni paradossali come pratiche impensabili, lo stealthing (sfilarsi il preservativo durante l’amplesso, NdR) è un esempio lampante. Le nuove generazioni hanno diritto di sapere la verità, possiamo aiutarli non rendendoci complici di questo sfacelo e lavorare rivoluzionando l’attuale posizione degradata conferita alla sessualità nella vita personale:
lo scopo non è più il trascendere se stessi per desiderio d’infinito al fine di vitalizzare l’incarnazione dell’amore reciproco attraverso una “unione mistica”, quanto soddisfare solipsistici desideri autoreferenziali: ci si accartoccia su se stessi piuttosto che compiersi attraverso l’altro come da progetto originale.
Il sessantotto con lo slogan “vietato vietare” ci ha catapultati agli antipodi con il risultato che si è passati da proibizioni a norme, per una sessualità che non assume mai il proprio vero significato ed è quindi svuotata e svuotante. Un atteggiamento verso la sessualità fermo all’adolescenza: il vaso è stato rotto in mille pezzi, è difficile dal singolo frammento capire che forma avesse il vaso all’inizio e tanto più è impossibile raccogliere acqua. Una modifica culturale che parte dunque da lontano: tutte le vie su cui si snoda il modo di vivere la sessualità moderna hanno avuto origine dalla rivoluzione sessuale degli anni settanta, la quale mirava, per lo meno idealmente, a creare un modo di vivere la sessualità libero da pregiudizi e tabù, purtroppo i risultati non sono stati quelli sperati. Per dirlo con le parole dell’autrice:
La sessualità di un adolescente “normale” consiste ormai nel moltiplicare e diversificare le esperienze sessuali. Al contrario, la verginità è denigrata e gli ingenui vengono disprezzati dai coetanei. Ma nel passaggio da un estremo all’altro si è solo rovesciata la prospettiva. La maniera di apprendere la sessualità, in sé resta identica: normativa. Semplicemente perché la norma rassicura. Noi soffochiamo, laddove i nostri avi si dicevano ingabbiati dai divieti. Sposarsi vergini e giovani non è solamente atipico, ma è soprattutto risibile perché completamente desueto. Mentre convivere e sposarsi sul tardi (o non sposarsi affatto) fa tendenza… e in fin dei conti è di un conformismo desolante. Sì, sì desolante, perché l’individuo crede di vivere una sessualità affettiva svincolata dalle proibizioni, dalle regole e dalle istituzioni ma in realtà si conforma in ogni punto, e a sua insaputa, ai “bisogna”, “si deve” ed “è normale” della sua epoca, ai nuovi
comandamenti. Si direbbe che l’evoluzione della società occidentale autoproclamatasi sessualmente libera sia rimasta bloccata all’adolescenza. Ha rimesso in questione i princìpi morali della cultura giudaicocristiana, si è opposta ai divieti, li ha trasgrediti con fierezza per affermarsi e svincolarsi da ogni autorità, ma è rimasta in un rapporto totalmente immaturo con la sessualità. “Fare bene” significa fare quello che mi hanno designato come tale, e poco importa chi sia stato a farlo. La maturità sarebbe al contrario questa capacità di scegliere e vivere liberamente quello che io penso essere bene per me.
Pornografia
L’avvento di internet ha permesso al liberalismo sessuale di varcare i limiti in modo impensabile e il facile accesso alla pornografia condiziona il modo di vivere la sessualità fuori dal mondo telematico, inducendo una visione preconfezionata delle aspettative nella vita reale.
L’autrice mostra con semplicità efficacie come la pornografia sia un’industria che ha mire espansionistiche a livello di mercato: l’obiettivo è creare dipendenza, e più saranno giovani i fruitori, più saranno invischiati e schiavi a lungo termine. Il porno fornisce immagini prefabbricate, lontane da quelle che potrebbero nascere dalla propria immaginazione: avviene uno “stupro dell’immaginario” con risvolti molto gravi.
I siti gratuiti portano incassi enormi: maggiore è il numero di clic, più alta sarà l’offerta delle pubblicità disposte a campeggiare in ouverture e faranno
grande fortuna i “prodotti derivati”.
La Hargot ha confessato di apprezzare l’autore francese Fabrice Hadjadj, il cui libro “Mistica della carne” porta sempre con sé, riportiamo alcune citazioni per coglierne la profonda essenza, totalmente concorde con la filosofia della nostra autrice:
La pulsione sessuale […] è un prodotto tardivo dell’industria moderna. […] il consumista vive nel secolo orizzontale della produzione in serie e della consegna a domicilio. Ha bisogno ogni volta di qualcosa di nuovo e di rapido, che non faccia resistenza: fast-food e slim-fast, prêt-à-porter e pronto per essere goduto, qualcosa di compresso da copiare rapidamente sul disco rigido. Il sex-shop non è più deprecabile di un sintomo: il principio è lo shopping in quanto tale, eretto a relazione fondamentale con le cose. Il mio sesso non è più quella mascolinità che mi strappa a me stesso verso una donna per l’estasi completa dei nostri semi, ma quest’organo eccitabile, questo joystick di cui bisogna soddisfare prontamente le voglie. Quest’ordine di fare l’amore non appena ne abbiate la voglia cela il più grande disprezzo per la cosa. Si riduce a un clistere. Si tratta di liberarsi della costipazione per passare ad attività più serie. Tutto questo grazie ad una istantanea pressione sul mouse.
Abbiamo creduto a una liberazione. Abbiamo ottenuto solo il liberalismo. La cassaforte puritana ha ceduto al distributore automatico.
Si viene istruiti che ciò che conta è essere performanti, nasce un desiderio di uso del corpo altrui per sfogare le proprie pulsioni con il risultato che non si rispetta se stessi e l’altro. Ma non solo: la frequentazione di immagini pornografiche in età adolescenziale o addirittura preadolescenziale se non addirittura nell’infanzia, imprime una visione disomogenea e frammentata della persona, a scapito del valore soggettivo dell’individuo. I messaggi sessuali mirano a decostruire la persona umana. La pornografia è una deriva, la fonte è altrove: ponendo il piacere come finalità assoluta della sessualità, dividendo il potere unitivo da quello procreativo, come è spiegato puntualmente nella Humanæ Vitæ di Paolo VI, veicolato dalla mentalità contraccettiva, l’atto sessuale diventa “masturbazione assistita”.
Affrancata dalla morale tradizionale, la sessualità è sottomessa a un’altra morale, quella del godimento proposta dalla cultura pornografica.
Allora, se ci chiediamo “quid est veritas” o come trovare il bandolo della matassa, Thérèse Hargot e la dottoressa Mariolina Ceriotti Migliarese, che si sono incontrate in occasione dell’ultima tappa del tour, a Cesano Boscone-Milano, ci dicono questo: la prima si esprime dicendo che «credere che più si sperimenta più ci si saprà fare è una falsa credenza, perché ogni persona è unica, ciascuna relazione differente […], la meccanica del sesso è invalidata dalla meccanica del cuore!», e la seconda sulla stessa scia ci esorta personalmente:
l’uomo che volesse prendersi tempo per conoscere un po’ meglio la psicologia femminile e le modalità del desiderio e del piacere nella donna, potrebbe scoprire che la migliore sessualità di coppia si impara insieme, progressivamente, senza fretta, mano a mano che si acquisisce fiducia reciproca e si imparano a conoscere ritmi, tempi e modalità del piacere proprio e di quello dell’altro.
Metodi naturali, contraccezione, aborto
La via diretta per conoscere il corpo della donna e per ottenere la migliore sessualità di coppia è l’applicazione dei metodi naturali di regolazione della fertilità, grazie ai quali il rispetto delle libere scelte di entrambi si modula tra i partner in base ad una strategia consensuale.
Thérèse Hargot mette in luce come il concetto di “consenso” sia stato anch’esso influenzato dalla cultura pornografica, la quale suggerisce che è possibile staccare il corpo dalla mente e vivere la sessualità svincolata dagli affetti, come attori. Non è possibile lasciare ai giovani la responsabilità di scegliere come agire in situazioni in cui convogliano molti condizionamenti. Qui è in gioco un trasferimento di ruolo: i genitori delegano al figlio la responsabilità di proteggersi, abdicando nei fatti al loro ruolo di guide. Tendenzialmente, i nostri corpi ci sono estranei, ma per poter essere in grado di accondiscendere ad un atto sessuale, bisogna conoscere come funziona il proprio corpo sessuato: scaturisce così un senso di meraviglia che induce a rispettarsi di più e ad essere più coscienti, quindi prudenti. Angela Maria Cosentino, famosa bioeticista, la pensa in questo modo:
ad adolescenti e giovani la conoscenza della fertilità viene proposta per diversi motivi psicopedagogici e sanitari, non come tecnica, ma come opportunità per scoprire e accogliere valori di cui sono portatori. Molte risposte alle domande di senso (chi è l’uomo e qual è il senso della sua vita) che i giovani percepiscono, sono scritte nella struttura biologica della corporeità. Conoscere i meccanismi non significa sperimentarla.
Ad ogni modo, è dato che le giovani sessualmente attive che ad un certo punto ricorrono ai metodi naturali, spesso proprio in virtù di questa conoscenza di sé che si acquista, cambiano strada. Ad Arezzo durante la serata dedicata al nostro libro, Thérèse Hargot ha incontrato Flora Gualdani, ostetrica fondatrice dell’opera Casa Betlemme, che ha soccorso migliaia di donne e ragazze madri, che sostiene che per quanto riguarda la gestione della fertilità il futuro è dei metodi naturali:
dopo la de-medicalizzazione del parto e poi della gravidanza la prossima tappa sarà nella gestione della fertilità.
Thérèse Hargot condivide questo pensiero e promuove i metodi naturali come terapeutici per il rapporto di coppia: sono alternative moderne, affidabili, che aiutano la relazione a crescere nell’amore, visto che è richiesta una certa responsabilità e autoregolazione, oltre a permettere lauta libertà di sperimentare.
La pillola era la svolta per le nostre nonne, ma noi sappiamo che fa male, va ad incidere in un meccanismo molto fine, assumiamo un farmaco senza essere malate e ci sterilizziamo volontariamente. Come può darci rispetto l’uomo che non sente il peso di tutto questo, al quale ci offriamo sempre disponibili? Oltretutto la pillola appiattisce la libido della donna, la sessualità femminile è malmenata dalla contraccezione ormonale.
E prosegue:
Vivere la sessualità sottoposti alla minaccia del bambino è indice di una forma di egoismo che la nostra società individualista ci svende come libertà: la pillola è simbolicamente la garanzia del benessere. Oltretutto anni e anni di contraccezione, non hanno di fatto diminuito il ricorso all’aborto, che è diventato il servizio clienti della contraccezione: fallisce la contraccezione ordinaria, voilà l’alternativa.
Fabrice Hadjadj nel suo libro sottolinea che un’altra conseguenza della paura del bambino sarà l’aridità degli incontri:
…è fatale che si finisca strangolati da mille problemi tecnici: “ho preso la pillola?… Stai attento! Stai attento!! No, non riesco! Non riesco! Questo fatto dell’incintamento m’ha ghiacciato il sangue nelle vene!… Il diaframma? Sì, lo uso, ma tu non avevi detto che oggi… e poi quel coso di gomma nella pancia non mi piace… mi fa impressione… mi pare di avere un chewing gum… ti sei spoetizzato? Be’, mi dispiace!»
E ancora al riguardo di questo modo di vivere la sessualità:
l’edonismo presuppone un calcolo permanente per esaminare i piaceri sicuri ma altresì i dispiaceri possibili.
Conclusioni
Da sessuologa, anzi prima di tutto da filosofa, da moglie e da madre, Thérèse Hargot ci ha salutati all’ultimo incontro, a Milano, raccontandoci che i bambini sono una ricchezza, le madri stanno crescendo delle persone per il futuro della nostra società, non è cosa da poco, non è tempo perso, anche se questo è quello che il mondo vuole inculcarci. Dobbiamo cambiare quello che pensiamo su quello che vivono le donne, possiamo valorizzare questo ruolo, a vantaggio anche dell’impresa, si sviluppano competenze, mentre si cucina, si cambiano pannolini, si pensa a scrivere un libro. Stiamo assistendo allo sgretolamento del sistema ideologico del ’68, ma è urgente un nuovo modello, nuove strategie, cambiamenti di società, è questo il suo appello, per arrivare a vivere il profondo desiderio che abita i nostri cuori, non soltanto di essere liberi per essere liberi, ma liberi per amare ed essere amati, che è l’unica cosa che conta nella vita.
di Maria Dolores
Articolo tratto da Prospettiva Persona n°100-