La discussione sull’aborto a San Marino si allarga attraverso una riflessione a tutto campo sulle problematiche inerenti. Un professore approfondisce la questione della educazione sessuale nella scuola e ne evidenzia i limiti e le contraddizioni.
Il dibattito che si sta sviluppando circa l’introduzione dell’aborto a San Marino è, com’era prevedibile, un dialogo tra sordi. I fronti che si oppongono non usano la stessa lingua e sembrano attribuire alle parole vita, scienza, diritto, significati completamente diversi. La realtà tuttavia permane solidamente al di là delle categorie che utilizziamo per descriverla. Ritenere che un essere umano divenga titolare di diritti esattamente dopo dodici settimane dal concepimento è un atto ferocemente arbitrario. Al fondo vi è la medesima logica che ha mosso le più disumane concezioni totalitarie, ovvero la possibilità che qualcuno abbia diritto di vita e di morte su qualcun altro. E dunque non sembra necessario spendere altre parole al riguardo, talmente è chiaro ciò di cui stiamo parlando.
Vorrei invece portare l’attenzione su di un aspetto della proposta di legge non ancora adeguatamente ponderato nelle sue pericolose conseguenze: l’educazione sessuale imposta a tutti gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado, verosimilmente a partire dalla scuola dell’infanzia.
Vale la pena allora delineare qualche tratto di come venga strutturata negli altri paesi questa “educazione”.
Il riferimento fondamentale è costituito dagli “Standard per l’educazione sessuale in Europa” dell’OMS e dalle relative “Guide alla realizzazione”.
La sessualità è presentata all’interno di una concezione antropologica radicalmente opposta rispetto ai modelli che millenni di cultura hanno fatto sedimentare nell’inconscio di tutti noi. In particolare viene ignorata intenzionalmente la dimensione sacrale che ogni società ha riconosciuto alla sessualità, considerando il legame inscindibile che c’è sia con la trasmissione della vita, sia con la propria identità più profonda.
L’impostazione è fintamente scientifica e imparziale, volutamente amorale. O meglio l’unica morale riconosciuta è una sorta di negoziazione etica degli atti che i partecipanti all’attività sessuale devono concordare preliminarmente affinché tutto avvenga in un contesto di consenso e consapevolezza delle possibili conseguenze.
Viene definita una singolare forma di “cittadinanza intima che riguarda le preferenze sessuali, gli orientamenti sessuali, le diverse forme di mascolinità e femminilità, le varie forme di relazione e i vari modi di vivere insieme di figli e genitori”. Si cercano di stravolgere cioè tutti i comportamenti radicati nella nostra natura umana, presenti indipendentemente dalla religione o dalla cultura a cui apparteniamo.
Si indottrinano i ragazzi circa l’esistenza di diritti sessuali che devono poter essere esercitati anche contro le indicazioni provenienti dalla famiglia o dalla società.
È chiaro quindi che non si intende solo fornire informazioni riguardo alla prevenzione delle gravidanze indesiderate o delle malattie sessualmente trasmissibili, temi per altro già abbondantemente affrontati nelle attività della scuola sammarinese.
Ancora, si sostiene la necessità di iniziare precocemente l’educazione sessuale dato che “lo sviluppo del comportamento sessuale, delle emozioni e cognizioni relative alla sessualità, inizia nel grembo materno e continua per tutto l’arco della vita”, sempre che il feto non venga poi abortito.
Cito ancora: “Gli argomenti sono proposti idealmente prima che il bambino raggiunga lo stadio evolutivo corrispondente in maniera, da prepararlo ai cambiamenti imminenti”. Infatti bambini di cinque anni sono costretti ad affrontare questioni assolutamente inadatte alla loro età (come la masturbazione), ai ragazzini delle medie sono mostrate tutte le tecniche contraccettive come se l’attività sessuale fosse di lì a poco qualcosa di assolutamente normale e abituale per tutti.
Si potrebbe continuare con ulteriori dettagli; in rete si possono consultare sia i documenti sopracitati sia le esperienze svolte nelle scuole che aderiscono a tali indicazioni.
Dovunque, in Italia e nel mondo queste iniziative creano malcontento e sollevazione da parte di genitori che vivono questa “educazione” come un’ingerenza inaccettabile in un ambito sul quale la famiglia deve mantenere il primato, come recita l’art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Con l’aggravante che spesso la scuola delega la realizzazione dei progetti ad “esperti” i quali non conoscono il vissuto dei singoli ragazzi, talvolta non hanno alcuna sensibilità educativa e potrebbero rivelarsi seriamente pericolosi per il loro sviluppo psicofisico.
Non mancano esempi di come alcuni giovani, a causa di tali esperienze, siano caduti in forme pesanti di patologia sessuale.
Allego questa testimonianza attendibile, presente su internet:
Ho ventitré anni. Quando avevo circa dieci anni, ero ancora alle elementari, ho assistito a scuola a un corso di cosiddetta educazione sessuale. Sono entrati in classe alcuni “esperti” e ci hanno intrattenuto sul tema, indugiando su dettagli a noi completamente sconosciuti ed elargendo consigli ovviamente non richiesti.
Parecchie mie compagne sono rimaste scosse da ciò che è stato detto, certe – ricordo – hanno pianto. Altri hanno reagito in maniera diversa, hanno vissuto gli incontri un po’ come un gioco. Ai toni leggeri e forzatamente scherzosi degli “esperti”, infatti, molti di noi hanno risposto con altrettanta leggerezza, cercando di vincere la vergogna attraverso il gioco. Ricordo che c’era chi faceva a gara nel dire parole sconce e volgari, delle quali chiedeva il significato agli “esperti”. Questi alla fine, imbarazzati pure loro, non sapevano più come gestire la situazione che si era creata. Noi maschi in gran parte ci siamo sentiti solleticati all’idea della trasgressione. Fatto sta che ci siamo trovati nel pomeriggio nella palestra della scuola a simulare atti sessuali con dei manichini.
Da quella volta per alcuni di noi, me compreso, il sesso ha cominciato a diventare un’ossessione, ci siamo messi a frequentare siti a luci rosse e ad acquistare riviste e materiali pornografici. Stavo male, ero cambiato, e mio padre e mia madre se ne sono accorti. Io stesso mi rendevo conto di non essere più io, di essere diventato dipendente e di avere perso il controllo delle mie azioni. Non mi riconoscevo più. Così, ho accettato l’aiuto dei miei genitori. È stata dura uscire dal gorgo, bonificarsi.
C’è voluto del tempo, soprattutto ci sono voluti tutta la determinazione e l’amore della mia famiglia. Alla fine ce l’ho fatta, ne sono completamente uscito e ora posso parlare di quel periodo con sollevato distacco, ricordarlo come una brutta storia a lieto fine. Sono felicemente sposato e mia moglie mi sta dando il nostro primo figlio. Ma per alcuni miei compagni è stato diverso. Non hanno avuto la mia stessa fortuna, cioè una famiglia attenta e pronta a intervenire per aiutarmi con la tempestività necessaria, prima che certi comportamenti si cronicizzassero. Loro sono tuttora calati in quell’inferno e non so se mai ne usciranno.
Claudio Mancini
27 agosto 2019
https://www.culturacattolica.it/attualità/in-rilievo/ultime-news/2019/08/27/oltre-all-aborto-la-sciagura-dell-educazione-sessuale