La bambina, 5 anni, soffre di una grave malattia che l’ha portata da 8 mesi in stato di minima coscienza. La madre ad Avvenire: “Sono tanto felice”.
“Sono tanto felice. Finalmente siamo qui. Tafida si è accorta di tutto, ne sono sicura, quando siamo atterrati aveva gli occhi belli aperti ed era del tutto sveglia. In questo periodo ha avuto altri miglioramenti”. Shelina, la mamma di Tafida, è appena salita in macchina con il marito Mohammed e corre all’ospedale Gaslini dove intanto la loro bambina, 5 anni, è già arrivata dall’aeroporto in ambulanza e sta per essere ricoverata.
La corsa ad ostacoli della piccola Tafida Raqeeb verso la vita e le cure mediche è finita, alla fine ce l’ha fatta: alle 19.14 atterrava nel capoluogo ligure, per lei capolinea di una strenua lotta contro una condanna a morte pervicacemente voluta dai medici del Royal London Hospital, e alle 19.50 faceva il suo ingresso nel reparto rianimazione dell’ospedale genovese, una delle eccellenze a livello internazionale nella cura pediatrica delle malattie più gravi. Con lei e la madre, avvocata di 39 anni, ha volato l’équipe medica del Gaslini che ha preso in carico la bimba all’ospedale londinese: un passaggio di consegne che dai colleghi inglesi, decisi a staccarle i supporti vitali e rifiutarle ogni tipo di cura, l’ha passata nelle mani competenti e insieme compassionevoli dei medici italiani. Il papà Mohammed ha viaggiato in contemporanea su un volo di linea e a Londra è rimasto solo il fratellino di Tafida, affidato agli zii.
Sulla pista d’atterraggio ad attendere la famiglia c’erano il direttore del Gaslini Paolo Petralia, il vicepresidente dei Giuristi per la Vita Filippo Martini, il presidente della Regione Giovanni Toti, gli assessori alla Salute Sonia Viale e alla Famiglia Francesca Fassio, particolarmente commossa come madre di due figli disabili, uno salito al Cielo ad aprile. “Siamo certi che sia nelle mani di straordinari pediatri, tra i migliori in assoluto”, ha detto Toti, “e nelle mani del buon Dio. Forniremo loro tutto ciò che è in nostro potere”.
Difficile immaginare lo stato d’animo con cui martedì mattina la famiglia Raqeeb (di origini bengalesi ma tutti cittadini britannici, nati su suolo inglese) si è chiusa la porta di casa alle spalle ed è partita per un nuovo Paese. Forse con il dolore di chi lascia la propria terra non per scelta ma perché costretto, ma di sicuro anche con sollievo e finalmente con la speranza per cui ha tanto lottato. La battaglia legale condotta dai Raqeed contro l’ospedale londinese, che a soli tre mesi dall’emorragia cerebrale occorsa alla bambina a febbraio aveva già deciso che non valesse la pena prendersi cura di lei e organizzato la sua eutanasia, ha visto continui colpi di scena.
I medici del Gaslini in questi mesi hanno costantemente monitorato la situazione della piccola e si sono anche recati a visitarla a Londra, alla presenza dei colleghi inglesi, dichiarando ufficialmente che secondo la loro esperienza non solo era possibile curare Tafida, ma che era doveroso. “Noi diciamo sempre che il ‘prendersi cura’ precede anche le cure mediche e ne moltiplica gli effetti – ha spiegato Paolo Petralia –, significa che l’accudimento è in grado di potenziare gli effetti benefici delle cure mediche e questa è ormai un’evidenza scientifica”.
Insomma, nessuno ha mai gridato al miracolo o pensato che al Gaslini Tafida improvvisamente si sveglierà dallo stato di minima coscienza in cui versa da febbraio, ma che come tutti i pazienti ha diritto alla dignità e alle cure. Cure che i suoi genitori chiedevano semplicemente di poterle garantire, portandola a proprie spese in Italia, in uno dei migliori ospedali pediatrici europei, per darle tutte le possibilità cui ha diritto. Nelle aule di giustizia britanniche si è fatto di tutto per impedire a due genitori di provare a curare la propria figlia, anche accampando la pretesa di togliere alla famiglia la rappresentanza legale della bambina in quanto la fede religiosa (musulmana) impedirebbe di tutelare il suo cosiddetto “migliore interesse”: la morte.
“Con il nuovo governo abbiamo reiterato la richiesta di cittadinanza italiana per la piccola, ma ancora non abbiamo ricevuto risposta”, dichiara Filippo Martini, che dall’inizio segue i Raqeeb come loro rappresentante legale in Italia. Questo tutelerebbe Tafida, come cittadina di un altro Paese, se dovesse un giorno tornare in Inghilterra, e soprattutto aiuterebbe ora la famiglia a sostenere le cure sanitarie, per adesso pagate privatamente. Teso ma anche sollevato il dottor Petralia: “È stata la madre a rivolgersi al Gaslini, perché il figlio di una sua amica, che a Londra avevano dato per spacciato, qui è stato curato e ora sta bene. Quello di Tafida è un precedente importante per altri futuri casi”.
Lucia Bellaspiga,
15 ottobre 2019
https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/tafida-arrivata-a-genova