Una interessante analisi di padre Thomas Berg, vice rettore e professore di teologia morale al St Joseph’s Seminary (Dunwoodie) a Yonkers, New York, che ci fa vedere come una vecchia versione della teologia morale, il Proporzionalismo, una versione che è stata ed è perdente perchè succube della posizione del mondo, tenuta a bada dai pontificati di San Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI, sia tornata prepotentemente di moda.
Ecco l’articolo, pubblicato sul Catholic Herald, nella traduzione di Riccardo Zenobi.
Non c’è bisogno che un cattolico sia un teologo, un giornalista o addirittura un osservatore di affari ecclesiali per comprendere che c’è stata una battaglia in corso durante il pontificato di Francesco. È una lotta per l’egemonia tra due contrapposte teorie morali. Quel conflitto è stato notevolmente più pronunciato nei passati 3 anni spesso con manifestazioni pubbliche.
Dalla promulgazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia e la conseguente tempesta infuocata su cosa esattamente è implicato riguardo la Santa Comunione, il divorzio e il risposarsi; alla ricostituzione dell’istituto Giovanni Paolo II di Roma, il licenziamento senza precedenti di due importanti membri di facoltà e l’assunzione di due teologi morali noti per sfidare l’insegnamento della Chiesa su contraccezione e omosessualità; e i vescovi tedeschi, guidati dal cardinale Reinhard Marx, che si imbarcano su un “processo sinodale” apparentemente contrario ai desideri di papa Francesco, e indubbiamente indirizzati al ripensamento del celibato sacerdotale e certamente dell’insegnamento della Chiesa sulla morale sessuale. È tutto connesso.
È uno sforzo finale di un blocco di grigi e vecchi teologi morali e vescovi che la pensano allo stesso modo al fine di ottenere l’egemonia per il loro marchio di teologia morale, ossia, il proporzionalismo.
Proporzionalismo è una parola ombrello che raccoglie un insieme di diversi approcci alla teologia morale che condividono largamente certe credenze sulla natura umana e la vita morale.
Ognuno è una versione dell’approccio “il fine giustifica i mezzi” [applicato] alla risoluzione di problemi morali.
Il proporzionalismo offre la possibilità di coinvolgersi in un calcolo di valore morale il quale, presupponendo una buona intenzione o una ragione sufficientemente ponderata nell’attore morale, potrebbe potenzialmente validare ogni azione – anche quelle che le Sacre Scritture e il magistero perenne della Chiesa hanno dichiarato essere intrinsecamente malvagie.
Il proporzionalismo fiorisce in tre decadi dagli anni ’60 agli anni ’80 e domina i seminari cattolici e i dipartimenti di teologia morale su entrambi i lati dell’Atlantico, particolarmente in Germania e notabilmente negli Stati Uniti. Era il veicolo teoretico per giustificare il dissenso teologico dall’insegnamento di san Paolo VI sulla contraccezione in Humanae Vitae. E ben presto divenne chiaro che il proporzionalismo potrebbe giustificare molto di più.
Molti dei vescovi di oggi sono stati istruiti come seminaristi nel proporzionalismo. Non tutti l’hanno abbracciato, ma molti indubbiamente lo hanno fatto, e la loro comprensione della vita morale cristiana è stata profondamente segnata dalla loro esposizione ad esso.
In aggiunta al suo concetto di coscienza morale radicalmente autonoma (io – e solo io – decido cos’è bene e male), il proporzionalismo segue molti degli altri percorsi del moderno spirito dei tempi: il soggettivo vince l’oggettivo, la coscienza vince la norma, una buona intenzione vince il male intrinseco. La teoria presume che virtualmente ogni esperienza morale umana è talmente irriducibilmente complessa che nessuna norma morale potrebbe potenzialmente venir generata nel tempo per rispondere ad ogni situazione, e nessun comportamento in sé stesso potrebbe essere compreso come sempre immorale in ogni circostanza.
Papa san Giovanni Paolo II sentì l’urgenza di rispondere ai principi fondamentali del proporzionalismo, affrontandoli 26 anni fa nell’Enciclica Veritatis splendor. Nei paragrafi 54-64, ha rifiutato la nozione della coscienza come decisione autonoma, e nei paragrafi 74-83 ha rifiutato la negazione da parte del proporzionalismo degli atti intrinsecamente malvagi.
Da parte sua, il papa emerito Benedetto XVI è stato inesorabile nella sua critica al proporzionalismo, descrivendolo come una teoria morale staccata da fondamenta metafisiche, “sordo e cieco alla parola divina sull’essere” e una teoria morale “che contraddice le basi fondamentali della visione cristiana”. È andato addirittura così avanti – in più di un’occasione – fino a suggerire che le idee proporzionaliste sono almeno in parte da incolpare per la crisi degli abusi nel clero.
Ciononostante, il proporzionalismo ha avuto un largo appeal tra i progressisti cattolici. La sua apparenza esterrna di eminente ragionevolezza, risultante primariamente dalla sua sottomissione allo spirito dei tempi della morale secolare, è stata anche aumentata dalle circostanze storiche.
Il proporzionalismo è stato una reazione teologica ad un più vecchio metodo di fare e insegnare teologia morale che aveva dominato nei seminari cattolici dal tardo XVI alla metà del XX secolo. Quel metodo – casuistica, certe volte chiamato da manuale – mentre dava alla Chiesa una morale teologica solida, aveva anche un approccio legalistico alla vita morale che toglieva alla verità morale la sua ricchezza e la vitalità centrata in Cristo.
Con buone ragioni il Vaticano II ha chiamato ad un rinnovamento nell’insegnamento della morale teologica: un insegnamento morale profondamente centrato sulle sacre scritture e una nuova enfasi nella virtù, sulle beatitudini e sul discepolato incentrato su Cristo.
E ci sono stati alcuni buoni passi presi in quella direzione. Eppure, nel complesso, molto della teologia morale cattolica corrente è collassata sotto il furioso assalto culturale degli anni ’60. E in quel milieu, le prima teorie proporzionaliste sono proliferate.
Possiamo solo essere grati che molti tra coloro della nuova generazione di studenti tra l’inizio e la metà degli anni ’90 iniziarono a prendere le distanze dal proporzionalismo che continuava ad essere insegnato nei loro corsi di teologia morale. Se la teoria continua ad esercitare un’influenza ancora oggi, lo fa principalmente attraverso una vecchia generazione di preti e vescovi che cocciutamente la sostengono, mentre rigetta l’insegnamento di Veritatis Splendor.
Non sorprende dunque che attraverso le decadi una certa narrazione è sorta sul proporzionalismo, difendendo i suoi aderenti con una caricatura dei loro oppositori. Gli aderenti sono ragionevoli e bilanciati; gli oppositori sono rigidi ed estremi. I proponenti usano un “discernimento” morale in modo da comprendere la specifiche situazioni dell’individuo; gli oppositori no. I proponenti sono pastoralmente realisti e sensibili; gli oppositori non tanto.
Papa Francesco, da parte sua, ha mostrato simpatia per quella narrazione. Uno può solo assumere che ciò sia dovuto al suo essere stato esposto al proporzionalismo per molta parte della sua vita. Quando papa Francesco parla di preti che trasformano il confessionale in una “camera di tortura”, o che farisaicamente “indottrinano il Vangelo”, trasformando il suo messaggio di vita in “pietre morte che vengono gettate sugli altri”, può semplicemente riferirsi al vecchio approccio manualistico alla vita morale. Ma serve anche a rinforzare la narrazione proporzionalista.
L’ultima versione della narrazione afferma che una cabala di cattolici americani conservatori sta minacciando Francesco con lo scisma o almeno stanno provando a minare il suo pontificato. Se i seguaci del proporzionalismo hanno scelto di armare la nozione di scisma, forse è perché sono disperati.
Ciononostante, il “processo sinodale” della Chiesa tedesca, insieme al Sinodo amazzonico a Roma, mostra un insieme di vescovi progressisti, teologi e giornalisti con una fresca opportunità per continuare a premere sul Papa per una chiara affermazione del rifacimento della teologia morale cattolica ispirata al proporzionalismo – al di là del tacito sostegno qualcuno ipotizza che sia già accordata.
Fra Thomas Berg è vicerettore e professore di teologia morale al seminario San Giuseppe (Dunwoodie) a Yonkers, New York. È autore di ‘Hurting in the Church: A Way Forward for Wounded Catholics’ (Our Sunday Visitor, 2017)
24 ottobre 2019