Le fake news sono sempre esistite, ma negli ultimi anni appaiono un virus profondamente contagioso. Quanti giornali, canali televisivi e radiofonici oppure siti internet le pubblicano o le trasmettono quotidianamente. Alcuni per opportunità occulte e tenebrose, altri per superficialità o negligenza nel verificare le fonti e alla fine si forma una “catena di sant’Antonio” dove si riportano notizie prive di fondamento, giocando sulla credulità e contemporaneamente sull’ingenuità dell’ascoltatore e del lettore. E mentre sui social, dove tutti scrivono ritenendosi “tuttologhi” pur possedendo una bassa scolarità e una scarsa preparazione culturale e intellettuale, è più facile individuare la fake news, quello che dovrebbe preoccuparci sono le fake news trasmesse dagli organi di informazione che creano opinione.
Questa riflessione nasce dal “caso Segre”, e di conseguenza dal ritenere che l’ antisemitismo sta invadendo il nostro Paese; una bufala come quella evidenziata la scorsa settimana riguardante l’emergenza omofobia.
Premetto il mio massimo rispetto e riverenza alla Senatrice Segre che nella vita ha subito orrende sofferenze e quindi anche solo un insulto alla sua persona sarebbe “troppo”. Come pure condanno ogni atto di antisemitismo che è intollerabile, ma non posso tacere l’infame strumentalizzazione, anch’essa oltraggiosa, operata nei confronti di Liliana Segre. Il tutto parte da un articolo a caratteri cubitali che Pietro Colaprico pubblica su La Repubblica del 26 ottobre 2019 dal titolo: “ ‘Liliana Segre, ebrea. Ti odio’. Quegli insulti quotidiani online”. Nell’articolo leggiamo: “Di messaggi come quelli qui riportati contro Liliana Segre, superstite dell’Olocausto, testimone del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, ogni giorno ne partono duecento”. E tutti gli organi di comunicazione, come “pappagalli”, il giorno seguente riportano la notizia aprendo dibattiti di ogni genere. All’inizio anch’io sono rimasto molto colpito dalla notizia ben confezionata ma poi mi sono chiesto: 200 messaggi al giorno, immagino da quando è senatore a vita (18 gennaio 2018) significa fino ad oggi circa 132mila messaggi “impuniti” nonostante la legge 205/1993 che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista. Come mai non è stato individuato un autore di quei miserevoli messaggi e di conseguenza duramente punito? Poi, alcuni giorni dopo, è pubblicato il “Report dell’Osservatorio sull’Antisemitismo in Italia 2018”, a cura dell’Osservatorio Antisemitismo (s://osservatorioantisemi-c02.kxcdn.com/wp-content/uploads/2019/09/AM_2018_annuale_28ott2019.pdf) dove si legge a pagina 8 che il totale degli episodi di antisemitismo avvenuti in Italia nel 2018 sono stati 197 di cui 133 mediante internet oltre a 7 minacce alle persone. E, allora mi chiedo che obiettivi voleva raggiungere Colaprico, e più in generale il quotidiano La Repubblica nel presentare dati così falsificati e irreali? La finalità non la conosciamo ma certamente sia il quotidiano che il giornalista non hanno reso onore alla verità. Affermò Papa Pio XI: “A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina”, riportata da Giulio Andreotti nel testo “Il potere logora chi non ce l’ha” dove riferisce di averla ascoltata dal Vicario di Roma, il cardinal Marchetti Selvaggiani, nel 1939. Nel caso particolare riguardante la Segre, tiro a indovinare, quei paladini del “vero” volevano creare un clima di comprensibile indignazione per giustificare la Commissione anti-odio, anti-semita, anti-raziale con relativo caos politico per l’astensione dei partiti di Centrodestra. Ha scritto N. Magnani: “Il razzismo e l’antisemitismo sono una bruttissima pagina della nostra cultura purtroppo ancora attuali: ‘crearli’ ad arte e ‘fomentarli’ concedendo continui ‘allarmi’ la riteniamo però un’altrettanto, grave, responsabilità” (https://www.ilsussidiario.net/news/liliana-segre-repubblica-bara-su-insulti-200-al-giorno-falso-la-commissione/1948122/).
Ci siamo chiesti all’inizio come evitare di essere vittime di fake new che spesso distorcono e falsificano la realtà; come non essere reputati “allocchi” di mezzi di informazione e giornalisti che rinnegando ogni deontologia professionale? In un solo modo. Chiedendoci sempre di fronte a notizie che possono avere conseguenze politiche, sociali e anche religiose le finalità di quel messaggio, verificarne la veridicità da più fonti, poiché l’amante della libertà ricerca sempre la verità, approfondendo e confrontandosi per poi formarsi “il suo giudizio”, non quello degli altri o quello imposto dai mass media o da taluni opinionisti.
Un’annotazione doverosa. Essendo anch’io giornalista è corretto ricordare che accanto ad alcuni colleghi spregiudicati che ricercano lo scoop ad ogni costo, la maggioranza dei giornalisti sono persone credibili e professionalmente irreprensibili. Peccato che pochi faziosi mettano a rischio la credibilità di un’intera categoria.
Don Gian Maria Comolli