Ricordate che in Chiesa non si va né per la simpatia dei ministri né per la cordialità dei parrocchiani. E se delle volte un buon sacerdote o un buon cristiano sono un formidabile aiuto alla propria fede, è pur vero che ciò che conta quando si ha sete è l’acqua e non la qualità del bicchiere.
In quel tempo, il Signore disse:
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli». (Luca 7,31-35)
“A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili?”. Potremmo subito liquidare il vangelo di oggi dicendo che non ci riguarda molto perché noi certamente non siamo la stessa generazione di Gesù. Ma basta proseguire la lettura e accorgersi che dopo duemila anni le cose non sono cambiate molto: “Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. Quanto è difficile provocare la libertà delle persone. Molto spesso è più facile chiudersi in un atteggiamento di indifferenza, o criticare ad oltranza ma solo con lo scopo di non prenderci mai veramente la responsabilità di ciò che ci sta davanti. “È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”. Il fatto serio della fede è ciò che cambia la nostra vita. Ma la vera domanda è: vogliamo che qualcuno ci cambi la vita? Se ciò accadesse davvero non saremmo più autorizzati a lamentarci, a vivere di vittimismi, a prendercela con qualcuno. E ho il sospetto che a noi piace moltissimo invece vivere potendo lamentarci, ricoprire il ruolo di vittima e dare la colpa a qualcuno. Allora da una parte invochiamo cambiamento, ma dall’altra troviamo mille scuse affinché questo non accada mai veramente. Quindi importa poco se ti trovi davanti all’austerità di Giovanni, o all’empatia di Gesù: nel primo caso dirai che è uno spostato troppo rigido, e nel secondo un buonista a cui piace la compagnia. A chi mi dice che non va più in Chiesa per colpa dei preti o di alcuni cristiani, devo spesso ricordare che in Chiesa non si va né per la simpatia dei ministri, ne per la cordialità dei parrocchiani. E se delle volte un buon prete o un buon cristiano sono un formidabile aiuto alla propria fede, è pur vero che ciò che conta quando si ha sete è l’acqua e non la qualità del bicchiere.
don Luigi Maria Epicoco
Aleteia| Set 18, 2019