EDITORIALE: Natale: festa della meraviglia e dello stupore

By 23 Dicembre 2019Attualità

Tra le varie figure che appaiono nel presepio, soprattutto in passato, era presente una singolare che si differenziava dalle altre. La tradizione l’ha chiamata la statuina del pastore Gelindo o Genesio.

In che cosa si distingueva dalle altre? Mentre tutti i pastori portavano alla capanna delle cose (il canestro di pani, un agnellino, una botticella di vino…), lui mostrava unicamente il suo stupore e la sua meraviglia. Fissava la stella sorpreso, le sue labbra erano socchiuse, le braccia alzate e il suo volto sereno. Aveva compreso totalmente e pienamente il significato del Natale. Era meravigliato e stupito essendo accaduto un evento superiore ad ogni attesa umana: Dio si manifestava ad ogni persona e al mondo come uomo mostrando il suo amore, la sua benevolenza, la sua amabilità, la sua misericordia ad ogni essere umano, quindi a me, a te, a tutti.  Il fulcro del Natale è questo: accogliere Dio nella nostra vita.

Ma per valorizzare la nascita del Figlio di Dio è indispensabile la fede!

Cosa significa credere? Essere certi che Dio ha immensamente amato gli uomini da donarci il suo Figlio per salvarci, per ridonare alla nostra esistenza a volte scialba e insignificante un contenuto pieno e duraturo.

Per molti la nascita di Gesù è inconcepibile, è inammissibile, è assurda perciò fanno festa il 25 dicembre dimenticando il “festeggiato”. Ma, o riconosci questo stupendo dono di Dio, oppure rimani schiavo delle tue banali opinioni, dei tuoi pensieri spesso qualunquisti e dei tuoi miseri ragionamenti.

Credere, dunque, significa entrare nel mondo di Dio mediante la meraviglia e lo stupore, riconoscendo un evento che sconvolge la logica umana.

Di nuovo è Natale, la festa dello stupore e della meraviglia, e di conseguenza della speranza perché Dio si è inserito nella nostra storia, nella nostra società, nella nostra vita, quindi siamo certi che il bene sconfiggerà il male, la pace trionferà sull’odio, i valori sui “nuovi diritti” appoggiati sulla sabbia e quindi destinati a sfracellarsi. E’ solo questione di tempo…

Occorre, però, fare esperienza di questo stupore e di questa meraviglia, fermandoci a pregare davanti al presepio, perchè come ricordava san Giovanni Crisostomo ai cristiani del suo tempo: “Che giova a te, se Cristo nasce mille o diecimila volte a Betlemme, ma non nasce nemmeno una volta nel tu cuore?”

La stessa domanda è rivolta anche a noi in questo Natale 2019; non possiamo eluderla perché dalla risposta che daremo dipende: il significato e la serenità della nostra esistenza e il futuro della nostra società che stiamo costruendo su terreni ambigui e pericolosi per noi e per le future generazioni.

E allora, il mio augurio di Natale, lo attingo da un pensiero dell’allora cardinale J. Ratzinger.  “ll tentativo, portato all’estremo, di plasmare le cose umane facendo completamente a meno di Dio ci conduce sempre di più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo. Dovremmo allora capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita ‘veluti si Deus daretur’, come se Dio ci fosse. Questo è il consiglio che già Pascal dava agli amici non credenti; è il consiglio che vorremmo dare anche oggi ai nostri amici che non credono. Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno“. (Subiaco, 1 aprile 2005).

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