Nell’articolo di oggi avevo scritto che mi sembrava una decisione senza precedenti nella storia della Chiesa, perché attuata nel cuore della cristianità, quella di chiudere le chiese della diocesi di Roma, il cui vescovo è proprio il Papa, a causa della pandemia del coronavirus.
Gli eventi sono stati rapidi e convulsi. Prima il comunicato della CEI che spiegava come per senso di responsabilità verso il bene comune sarebbe stato possibile la chiusura delle chiese. Poche ore dopo arriva il decreto del vicario della diocesi di Roma, cardinale Angelo De Donatis, che stabilisce che “Sino a venerdì 3 aprile 2020 l’accesso alle chiese parrocchiali e non parrocchiali della Diocesi di Roma, aperte al pubblico (cf. cann. 1214 ss C.I.C.), e più in generale agli edifici di culto di qualunque genere aperti al pubblico, viene interdetto a tutti i fedeli.” (enfasi mia).
Seguono smarrimento e sconforto nei pastori e nei fedeli.
Stamattina il Papa nella sua omelia della messa mattutina da Casa Santa Marta smentisce clamorosamente il decreto di qualche ora prima del suo vicario De Donatis. Il papa infatti dice: “E vorrei anche pregare oggi per i pastori che devono accompagnare il popolo di Dio in questa crisi: che il Signore gli dia la forza e anche la capacità di scegliere i migliori mezzi per aiutare. Le misure drastiche non sempre sono buone, per questo preghiamo: perché lo Spirito Santo dia ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino da solo il santo popolo fedele di Dio.”
L’Elemosiniere del Papa, Card. Konrad Krajewski, presente alla messa del Papa, immediatamento dopo, esce e va ad aprire ai fedeli la chiesa romana di Santa Maria Immacolata all’Esquilino, di cui è titolare, dicendo: “Nel pieno rispetto delle norme di sicurezza è mio diritto assicurare ai poveri una chiesa aperta. Stamattina alle 8, sono venuto qui e ho spalancato il portone. Così i poveri potranno adorare il Santissimo Sacramento che è la consolazione per tutti in questo momento di grave difficoltà”.
Gli eventi oggettivi hanno fatto sembrare che vi fosse stata una sconfessione del vicario di Roma (e del card. Bassetti, presidente CEI) da parte del Papa. Ovvio che una decisione così grave come quella della chiusura delle chiese di Roma non potesse essere presa dal vicario della diocesi di Roma senza l’assenso di Papa Francesco, che di quella diocesi è il vescovo. Allo stesso modo, anche la decisione della CEI di una potenziale chiusura delle chiese non è pensabile che sia stata presa senza un preventivo assenso del Papa. Erano deduzioni logiche che tutti hanno fatto, ma che non potevano essere esplicitate prima di una prova.
Per quanto riguarda la diocesi di Roma, la prova è arrivata proprio dal vicario De Donatis, che in una lettera inviata ai fedeli di Roma ha spiegato il gesto con queste parole:
“Con una decisione senza precedenti, consultato il nostro Vescovo Papa Francesco, abbiamo pubblicato ieri, 12 marzo, il decreto che fissa la chiusura per tre settimane delle nostre chiese. Non ci ha spinto una paura irrazionale o, peggio, un pragmatismo privo di speranza evangelica. Ma l’obbedienza alla volontà di Dio. Questa volontà ci si è manifestata attraverso la realtà del momento storico che stiamo vivendo. È obbedienza alla vita, che è forse il modo più esigente con cui il Signore ci chiede di obbedirgli. Il contagio da coronavirus si sta diffondendo in maniera esponenziale.(…) Un’ulteriore confronto con Papa Francesco, questa mattina, ci ha spinto però a prendere in considerazione un’altra esigenza: che dalla chiusura delle nostre chiese altri “piccoli”, questa volta di un tipo diverso, non trovino motivo di disorientamento e di confusione. Il rischio per le persone è di sentirsi ancora di più isolate. Di qui il nuovo decreto che vi viene inviato con questa lettera e che contiene l’indicazione di lasciare aperte le sole chiese parrocchiali e quelle che sono sedi di missioni con cura d’anime ed equiparate.”
Dunque, il vicario della diocesi di Roma Card. De Donatis, di comune accordo con il Papa, sarebbe meglio dire obbedendo al suo volere, ha emesso il decreto di chiusura delle chiese di Roma. Successivamente, dopo la presa di coscienza del “disorientamento e confusione” che la decisione aveva provocato, sempre sotto indicazione del Papa, ha emesso a poche ore di distanza un nuovo decreto che faceva marcia indietro rispetto alla decisione della sera prima. Le chiese di Roma ora sono nuovamente aperte.
Di Sabino Paciolla
13 marzo 2020