Il gesto di carità inaudita di Raffaele Fariello, titolare di una azienda nel Cilento. «Lavoriamo “gratis” dalle 7 di mattina alle 8 di sera, domenica compresa»
«Mio marito sta finendo di distribuire le mascherine, appena può le risponderà». Raffaele Fariello è il titolare della “Materassi Fariello” piccola azienda a conduzione familiare nel Cilento e riesce a risponderci qualche minuto dopo aver adempiuto a quello che lui definisce il suo «piccolo gesto quotidiano di carità».
«Produciamo materassi dal 1950 – racconta -. Iniziò mio nonno, la mia è la terza generazione che s’impegna in questa attività. Facciamo tutto in famiglia con qualche operaio, siamo in dieci e viviamo di questo».
Qualche giorno fa, come molti altri, anche la Materassi Fariello ha dovuto interrompere le attività e Raffaele ha messo in cassa integrazione familiari e addetti. Poi, però, ha avuto un’idea inaudita e coraggiosa: «Avevamo un po’ di materiale e così ci siamo messi a produrre mascherine e a distribuirle gratuitamente. Ho segnalato l’iniziativa sui social network e in un baleno davanti alla porta dell’azienda si è formata un fila chilometrica».
Domenica compresa
Fariello racconta di aver convocato gli operai e di aver fatto loro un discorso che suona più o meno così: non c’è lavoro, abbiamo esaurito gli ordini, vi devo mettere in cassa integrazione e continuerò a pagarvi finché avrò soldi. Vi lascio liberi di fare come volete, ma io vorrei produrre mascherine, di cui c’è un gran bisogno, e regalarle a chi vuole, con un occhio di riguardo ai più bisognosi, che ne dite? Ci state? Verreste a lavorare in questi giorni?
La risposta, dice Fariello a Tempi, è stata in linea con quel sentimento di solidarietà e responsabilità che contraddistingue il suo gruppo di lavoro: «Mi hanno detto tutti sì. Lavoriamo “gratis” dalle 7 di mattina alle 8 di sera, domenica compresa».
Signor Fariello, quanto le dobbiamo?
La Fariello Materassi produce dalle 300 alle 400 mascherine al giorno. «Ma ho ricevuto richieste per 20 mila», dice un po’ sconsolato il titolare che non sa come venire incontro a tutte le domande d’aiuto. «Mi hanno contattato carabinieri e polizia, che ne hanno grande necessità. Persino un’azienda del Salernitano me ne ha chieste 250 per i dipendenti. “Signor Fariello, quanto le dobbiamo?”, mi ha domandato la proprietaria. Quando le ho detto che non volevo nulla, si è messa a piangere al telefono».
I primi giorni, davanti all’azienda si è formata una lunga fila di gente, tutti volevano le mascherine. «Certi volti, certe espressioni di gratitudine, mi hanno colpito. Gente che voleva baciarmi le mani e io “no, no, non si può!” (ride, ndr). Man mano che passavano i giorni, mi rendevo conto di quanto un piccolo gesto avesse infuso un po’ di speranza in molte persone. Speranza, non so come spiegarlo, che andava al di là del regalo materiale. Si capisce?». Raffaele e famiglia hanno adottato tutte le precauzioni indicate, guanti, distanza di sicurezza eccetera, ma a causa del grande assembramento hanno dovuto cambiare modalità di distribuzione, evitando di consegnarle come hanno fatto in questi giorni.
La gioia del lavoro gratuito
«All’inizio l’ho fatto pensando solo ai nostri fornitori. Volevo fare un regalo a loro, perché se per settant’anni abbiamo potuto fare materassi, è anche grazie a loro. Poi la cosa “mi è scappata di mano” (ride ancora, ndr). Davvero, è nato come spontaneo gesto di carità e solidarietà, nient’altro. Vede, io mi sento un uomo fortunato: ho una bella famiglia, un’azienda piccola e sana, una vita in cui ho potuto avere tutto ciò che desideravo, un lavoro che amo: a me piace fare i materassi, tutto qui».
Quando s’è imbarcato in questa “operazione di carità”, Raffaele ha pensato solo che «chi ha, deve dare. E ho scoperto una cosa strana: non c’è gioia più grande di un lavoro che sia gratuito. In un momento come questo, difficile per tutti, in cui gli squilibri aumentano e qualcuno fa il furbo (penso a chi vende mascherine a 20 o 30 euro, quando produrle ha un costo irrisorio), io ho ritenuto che solo un gesto di carità, poteva “riequilibrare lo squilibrio”, se mi passa il gioco di parole».
E adesso? «Finché potrò, andrò avanti. Comunque gli operai devo pagarli, come farò domani? Non lo so ancora. Mi piacerebbe che la nostra classe dirigente, le nostre istituzioni, mi aiutassero un po’ di più, anziché bloccarmi con adempimenti burocratici. Lo so anch’io che è un momento inedito e complicato, ma come un piccolo imprenditore come me ha avuto fantasia e un pizzico di generosità, mi piacerebbe che anche loro ne avessero. Non so se mi spiego».
Emanuele Boffi
17 marzo 2020
«Facevo materassi, mi sono messo a fare mascherine. Per regalarle»