Il 22 marzo cadono i 70 anni della morte del grande intellettuale. In tempo di crisi le sue idee sulla persona e sulla comunità tornano di grande attualità
In questo tempo di coronavirus si è aperto un acceso dibattito fra pastori, teologi e fedeli sull’alternativa tra chiese aperte o chiese chiuse, partecipazione alla Messa o digiuno eucaristico…
In una settimana sono 330 i morti per coronavirus. I numeri consegnano la drammatica realtà della città lombarda, in grande affanno per il diffondersi dell’epidemia. “Il silenzio della città è surreale”, afferma a Vatican News don Pasquale Pezzoli, parroco della chiesa di Santa Caterina.
Il vescovo di Cremona in quarantena dopo il ricovero in ospedale: «La Chiesa resta aperta».
Tra coloro che sono tornati al Padre in questo periodo, la maggioranza è costituita da persone anziane e talora molto anziane; persone che preferisco indicare come nonne e nonni, come per lo più, tra l’altro, erano. Come qualcuno ha notato, sembra quasi che molti tirino una specie di sospiro di sollievo, quando vengono a conoscenza che il virus ha contribuito alla morte di un nonno o di una nonna. Pare quasi che passi fuggevolmente questo pensiero: “beh, comunque era già vecchio ….”, quasi che questo fosse un male minore.
La sottovalutazione del pericolo, i comportamenti inadeguati, la scarsa attenzione verso i moniti degli esperti. Forti le analogie con l’attualità nei «Promessi sposi»
Ne I promessi sposi memorabile è la peste bubbonica, che iniziò a imperversare nel milanese verso la fine del 1629, introdotta dai lanzichenecchi che scesero nel lecchese. Già nel settembre del 1629 il medico Settala segnalò casi di peste alle autorità, troppo prese dalla guerra di successione al Ducato di Mantova per prendere adeguati provvedimenti contro la diffusione del morbo. All’inizio le autorità non credettero alla presenza della peste nel territorio di Milano. Così, dall’ottobre 1629 al marzo 1630 la pestilenza agì in modo sotterraneo, non conclamato, e in pochi mesi, quando esplose la pandemia, la città di Milano venne ridotta da 130.000 abitanti a 66.000 unità. Più della metà della popolazione venne sterminata.