IN RICORDO DI CARLO CASINI – Altro sguardo giusto cuore. Carlo Casini e «il più povero dei poveri»

 

Dove vanno i bambini non nati, rifiutati, respinti, scartati? Ora Carlo Casini lo sa, li vede, li incontra, lui che della vita prenatale, degli esseri umani concepiti nel grembo in attesa di venire alla luce è stato il difensore a vita.

Fedele fino all’ultimo come di fronte a una grazia, a un dono da vivere in ringraziamento, soffio divino nella materia umana. Si è spento ieri mattina come un’offerta, consumata dalla malattia; non però derubata dalla morte, ma consegnata alla Vita.

Il sunto della sua vita è quella parola, la Vita. Come l’ha venerata, difesa, protetta. Come ne ha fatto missione, vocazione. La vita dei più deboli, esposti alla sventura; iniziando a mettere occhi e cuore, da magistrato, sui patimenti dei ristretti per decisioni di giustizia, e sul dolore delle loro famiglie, in una diaconia laica di redenzione sociale.

Laico, sì, esperto di leggi umane, decreti, gazzette e aule giudiziarie; ma laico con lo spirito del Concilio, cosciente di quella appassionata verità che «l’uomo è la prima via della Chiesa», e divenuto esperto di umanità. La svolta vocazionale maturava in cuore nel tempo in cui si parlava d’aborto e si andava incrinando l’inviolabilità della vita umana, da sempre pietra angolare della civiltà giuridica. Se ne smarriva il segno sacro, la garanzia di trascendenza della persona umana.

L’aborto penetrava dentro le leggi, negli stessi giorni funerei e insanguinati dal terrorismo, come feritoia di permissione, che poi la prassi e la formula applicativa dilatavano in scelta, e che il costume avrebbe poi tramutato in preteso diritto. E il numero dei morti oggi lo sappiamo tutti, che è stata un’ecatombe.

Carlo Casini aveva anticipato un’opera di soccorso alla maternità ‘difficile’ creando con altri a Firenze il primo Centro di aiuto alla vita. Oggi i Centri sono in Italia più di trecento, federati nel Movimento per la Vita italiano che Carlo Casini ha guidato per 35 anni. I bambini salvati sono stati circa 200mila. Iniziò con quella chiamata la sua militanza politica, nel Parlamento italiano e in quello europeo. Militanza singolare, unica si può dire, inconfondibile, per il servizio reso alla difesa della vita nascente, alle sue ragioni sociali, giuridiche, umane. Rispettato da tutti. Considerato dagli avversari come si considerano gli innamorati di un ideale: un po’ folli. Ma questo amore era un fuoco. Spiegava ragioni umane stringenti, insieme teneva in seno una brace di fede incandescente. E questa animava l’azione, unendo i princìpi professati alla vita vissuta.

Faceva da guida lo sguardo, come lui chiamava l’attenzione «al più povero fra i poveri», ripetendo le parole di una grande e santa amica, Teresa di Calcutta. Non antagonismo, ma carità. Non disperazione, ma annuncio di gioia, perché è gioia il Vangelo della Vita, come è scritto nell’enciclica di un altro suo grande e santo amico, Giovanni Paolo II. Negli scritti di Carlo Casini, nelle lezioni, negli interventi parlamentari, e ancor più negli incontri innumerevoli con i giovani si ritrova il sale e il lievito d’una profezia. Sale e lievito sono cosa piccola, a fronteggiare un sogno immenso. Gli indifferenti crollano la testa, perché chi sogna un mondo dove la civiltà dell’amore soppianta la cultura della morte rischia d’essere deriso.

Nulla, per gli stolti, è così ridicolo come il sublime. Ma viene il giorno in cui la vita mostra d’improvviso agli uomini la sua fragilità, e con essa la sua preziosità, e il tessuto relazionale che le dà bellezza d’incontro e d’intesa, e la incomparabile dignità di ogni essere umano vivente. Il giorno in cui un filamento di Rna a forma di corona, una cosa da niente che per vederla ci vuole il microscopio elettronico, ci fa muti e pensosi sulla vita e sulla morte, ci esilia e ci rintana, spoglia i cataloghi delle infinite cose inutili che ci ingombrano, fa deserte le strade, e ci riempie di morti. Nasce allora, per istinto, una voglia d’altro sguardo e d’altro cuore gli uni per gli altri, un bisogno di sentirci in comunione di pietà, partecipi d’una sorte e d’un desiderio di salvezza che vorrebbe sconfitti gli egoismi sui più deboli e poveri. Una pietà che ci affratella, o meglio ci rende tutti figli, perché essere è esser figli, come ripeteva Carlo Casini. Ed ora che lui è tornato da figlio alla casa del Padre, ad aprirgli la porta saranno proprio i bambini, per i quali ha speso la vita. Gliel’ha augurato un giorno il papa Francesco. Ora è nel vero.

Giuseppe Anzani

24 marzo 2020

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